I re Magi partirono per un lungo viaggio dalle lontane terre d’Oriente, inseguendo la stella cometa, per portare i propri doni a Gesù bambino
Chi erano i re Magi? I Magi sono quei “misteriosi” personaggi che il 6 gennaio portano i doni a Gesù Bambino. Ne parla il Vangelo di Matteo, ma questo episodio è stata arricchito nel corso dei secoli da una lunga e fantasiosa tradizione.
Di essi si narra unicamente nei primi 12 versetti del secondo capitolo del Vangelo di Matteo. Quello che si sa sulla loro identità è racchiuso in 3 parole: “Giunsero da oriente“. Non si fa menzione del numero, se erano re, e dei loro nomi.
Papa Francesco, nell’omelia dei 6 gennaio 2016, disse: “I Magi rappresentano gli uomini di ogni parte della terra che vengono accolti nella casa di Dio. Davanti a Gesù non esiste più divisione alcuna di razza, di lingua e di cultura: in quel Bambino, tutta l’umanità trova la sua unità“.
Chi erano i magi?
Dei magi, quasi 500 anni prima che l’apostolo Matteo scrivesse il suo Vangelo, ne parla lo storico greco Erodoto, che li descrive come una delle 6 tribù dei Medi, un antico popolo iranico stanziato in gran parte dell’odierno Iran centrale e occidentale, a sud del mar Caspio.
Costituivano la casta sacerdotale ed erano sacerdoti della religione mazdea (credevano nel Dio unico “Ahura Mazda”), il cui culto fu riformato nel VI secolo a.C. da Zarathustra. Coltivavano anche l’astronomia ed erano dediti all’interpretazione dei sogni, come attestano fonti storiche riguardanti l’imperatore persiano Serse.
In quanto astronomi è plausibile che si siano messi in viaggio seguendo una “stella“. Tra l’altro, nel loro credo si parla di un Messia o “Soccorritore“, nato da una vergine e annunziato da una stella, destinato a salvare il mondo.
A tal proposito lo storico Franco Cardini scrive: “Matteo, povero pubblicano, dei magi mazdei non doveva sapere un bel niente o quasi: com’è che con tanta sostanziale esattezza ha mostrato reminiscenze che noi conosciamo soltanto dall’Avesta (i libri sacri appartenenti alla religione mazdea che compongono il testo della rivelazione), giuntoci peraltro attraverso redazioni tardive e non anteriori comunque al III secolo d.C.?“.
Il destino dei magi non si sarebbe, poi, interrotto con il ritorno al loro Paese (“per un’altra strada”, come scrive Matteo), ma sarebbe proseguito anche dopo la loro morte, avvenuta, secondo una leggenda, a Gerusalemme, dove dopo la risurrezione di Gesù essi sarebbero tornati per testimoniare la fede. Le loro spoglie sarebbero poi state ritrovate da sant’Elena, trasportate a Costantinopoli e in seguito donate a Eustorgio, vescovo di Milano dal 343 al 355 circa, il quale le fece traslare nella sua città.
In loro onore edificò una basilica (Sant’Eustorgio). Lì le reliquie rimasero fino al 1164, quando Federico Barbarossa se le portò a Colonia, nel cui duomo sono tuttora custodite.
Negli anni ’80 del secolo scorso le reliquie di Colonia sono state sottoposte a esami scientifici. Ne è risultato che i tessuti sono di 3 stoffe distinte, 2 di damasco e 1 di taffettà di seta, tutte di provenienza orientale e databili tra il II e il IV secolo.
I Vangeli apocrifi
Alcune conoscenze errate sui magi arrivano dai Vangeli apocrifi. Sono gruppo di testi a carattere religioso che si riferiscono alla figura di Gesù Cristo che nel tempo sono stati esclusi dal canone della Bibbia cristiana.
Sono vangeli che la Chiesa ha sempre tenuto a debita distanza perché sono elaborazioni derivanti per lo più da “eresie” (soprattutto quella “monofisita”, che tende ad attribuire a Gesù la sola natura divina, e quella “nestoriana”, che professa la totale separazione tra le due nature, umana e divina, del Cristo). I Vangeli apocrifi, però, erano molto diffusi tra l’VIII e il XII secolo dell’era cristiana.
Cardini, però, ricorda che la maggior parte delle conoscenze tradizionali sui magi deriva da 2 fonti: la “translatio” delle loro supposte reliquie da Milano a Colonia (voluta da Federico Barbarossa nel 1164), e il testo del domenicano Giacomo da Varazze, vescovo di Genova alla fine del 200 e autore della “Legenda Aurea” (un testo composto tra il 1260 e il 1298, anno della morte dell’autore).
Perché i magi era re?
I termine “Magio“, singolare di “Magi“, è un titolo che serve a indicare il ruolo del sapiente. Gli esperti ritengono che comunemente erano chiamati Magi gli scienziati, custodi del sapere astronomico. Nel Vangelo di Matteo, infatti, sono descritti come sapienti capaci di leggere i segni del cielo.
Alla trasformazione dei magi in “re” ha contribuito l’interpretazione di alcuni passi dell’Antico Testamento, soprattutto “Isaia 60,1-6” e “Salmi 72,10“.
Nel primo passo si dice: “Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” e si fa riferimento anche a doni come oro e incenso. Nel secondo si elencano i re di Tarsis, di Sceba e di Seba, nell’atto di pagare tributi e offrire doni. E si conclude dicendo che “tutti i re gli si prostreranno dinanzi, tutte le nazioni lo serviranno“.
Anche il bue e l’asinello, assenti dai Vangeli riconosciuti, sono arrivati nel presepe grazie a “Isaia 1,3“: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende“.
Perché i magi erano 3?
Il numero 3 (simbolico nella Scrittura) può essersi affermato in riferimento al fatto che i Magi rappresentassero tutto il mondo che rende omaggio al Salvatore. Infatti, 3 era il numero dei continenti allora conosciuti. La presenza di un magio di colore farebbe, quindi, riferimento alle popolazioni africane.
Il numero, inoltre, potrebbe essere una deduzione dal numero dei doni: oro, incenso e mirra. L’oro per la regalità di Cristo, l’incenso per la divinità e la mirra con riferimento alla morte di Gesù.
I nomi dei magi
Baldassarre sembrerebbe avere un’origine babilonese-caldea, Gaspare iranica, e Melchiorre una provenienza fenicia.
Gaspare deriverebbe dal greco “Galgalath“, che significa “signore di Saba”, regno leggendario, a sud della penisola arabica, in Yemen. “Melchiorre” sarebbe la versione italianizzata del nome “Melech“, che nei tempi antichi della cultura semitica indicava il titolo di “Re“. Melech, quindi, poteva essere originario di una famiglia che parlava Arabo, Ebraico, o il Cananeo-Fenicio. Baldassarre, da “Balthazar“, nome del mitico re di Babilonia.
In questo campo, però, è complicato addentrarsi in ricostruzioni storiche perché le tradizioni sono diverse da epoca a epoca e da popolo a popolo. Ad esempio, In Siria i nomi con cui sono identificati i re Magi sono Larvandad, Hormisdas e Gushnasaph.
Secondo alcuni studiosi, invece, ogni nome indicherebbe una sorta di augurio per Gesù bambino. Questa interpretazione deriverebbe dal significato che i nomi avrebbero nella antica lingua persiana. Gaspare vorrebbe dire “venerabile maestro“, Melchiorre, “Il mio re è luce“, e Baldassarre deriverebbe da una sorta di invocazione: “Bel, proteggi il re“.
La stella
Nel Vangelo di Matteo si parla genericamente di una “stella“.
Quand’è che, invece, si inizia a parlare di una “cometa“? Gli studiosi ritengono che la fonte in questo caso vada ricercata nell’affresco di Giotto “L’adorazione dei magi“, dipinto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, sulla spinta emotiva del passaggio della cometa di Halley, da lui vista nel 1301.
Cos’era la stella dei magi? Gli studi più recenti, attestati anche da Benedetto XVI nel suo libro sull’infanzia di Gesù, portano a ritenere che si sia trattato di fenomeni celesti realmente avvenuti tra il 7 e il 4 a.C. (epoca dell’effettiva nascita di Gesù), come l’allineamento di alcuni pianeti (Giove e Saturno) nella costellazione dei Pesci, con un conseguente effetto ottico di straordinaria brillantezza.
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