Uno studio europeo pubblicato su Science ha mostrato l’impatto che alcune miscele chimiche (che penetrano nel corpo attraverso acqua, cibo e aria) possono avere sullo sviluppo di disabilità intellettive prenatali
L’esposizione a miscele chimiche durante la gravidanza può alterare lo sviluppo del linguaggio nei bambini. Secondo uno studio europeo pubblicato su Science, determinate miscele di sostanze chimiche (cui siamo continuamente esposti) possono interferire con il “sistema endocrino” (di mamma e feto) durante la gravidanza e incrementare il rischio di “deficit neurologico” nei nascituri (in particolare riguardo ai ritardi del linguaggio).
Lo studio, chiamato “EDC-MixRisk“, e finanziato dall’Unione Europea, ha coinvolto 15 istituti di ricerca e atenei: 7 svedesi (tra i quali il Karolinska Institutet e l’Università di Stoccolma), il francese Cnrs-Muséum d’histoire naturelle, l’Istituto finlandese per la salute e il benessere, l’Università di Lipsia (Germania), l’Università capodistriana di Atene (Grecia), l’Università di Edimburgo (Regno Unito) e, per l’Italia, 3 centri milanesi: Human Technopole (Ht), Istituto europeo di oncologia (Ieo) e Università degli studi. Al team europeo si è unita anche la statunitense Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York.
“Una pietra miliare per la tutela della salute pubblica“, hanno detto gli scienziati nel definire gli esiti dello studio europeo, che mette in relazione l’esposizione ad un mix di sostanze chimiche ambientali al rischio di deficit neurologico nei bambini, in particolare nel ritardo nel linguaggio. La ricerca, hanno aggiunto, ha implicazioni enormi e pone le basi per una revisione radicale delle politiche nazionali e internazionali delle valutazioni del rischio chimico, finora basate solo sull’esame di singole sostanze e non di loro miscele.
Lo studio
La ricerca si è svolta in 3 fasi:
- Monitoraggio di circa 2.300 donne in gravidanza (registrate all’interno dello studio svedese chiamato SELMA);
- Prove sperimentali svolte in laboratorio su modelli in vitro;
- Raffronto epidemiologico a posteriori.
Prima fase: monitoraggio
Nella prima fase sono state misurate le concentrazioni di “bisfenoli“, “ftalati” e “PFAS” presenti nel sangue e nelle urine delle donne monitorate alla decima settimana di gravidanza. Queste sostanze fanno parte dei cosiddetti “interferenti endocrini” (composti chimici in grado di alterare funzioni ormonali, con ricadute sulla salute).
I bambini nati dalle madri coinvolte nello studio sono stati seguiti fino ai 30 mesi di vita. Sono state misurate le loro abilità cognitive (attraverso il numero di parole pronunciate) e identificate le miscele chimiche a cui le madri erano state esposte durante la gestazione e che risultavano associate a un ritardo nello sviluppo del linguaggio.
Seconda fase: prove sperimentali
La seconda fase si è svolta in laboratorio, sintetizzando chimicamente le stesse combinazioni per riprodurre le dosi riscontrate nelle donne.
Giuseppe Testa, Principal Investigator di EDC-MixRisk della modellistica sperimentale umana, professore di biologia molecolare all’Università degli Studi di Milano, group leader presso l’Istituto Europeo di Oncologia (nei cui laboratori si è svolto lo studio) e direttore del Centro di Neurogenomica dello Human Technopole (dove questa linea di ricerca proseguirà), ha detto: “Abbiamo messo queste miscele a contatto con ‘organoidi cerebrali’: sono modelli cellulari in vitro molto sofisticati che riproducono aspetti fondamentali dello sviluppo del cervello umano e lo fanno in maniera dinamica, cioè con tempistiche simili a quelle con cui il cervello si sviluppa in vivo. Quando i neuroni venivano a contatto con queste sostanze, si producevano alterazioni in tutta una serie di regolazioni ormonali che vanno a incidere sui geni responsabili di disabilità intellettiva e autismo“.
Terza fase: raffronto epidemiologico
Una volta stabilite, in base ai dati raccolti, nuove soglie di rischio delle miscele in questione, nella terza fase è stato calcolato come fino al 54% delle gestanti svedesi fosse stato esposto alle soglie ritenute di guardia.
Giuseppe Testa ha detto: “Ovviamente questo non si è tradotto nel fatto che il 54% dei bambini avesse un ritardo di sviluppo del linguaggio: l’esposizione al mix di sostanze è una concausa, poi entra in gioco una predisposizione genetica di resistenza o di vulnerabilità al danno indotto da parte di queste miscele“.
Per la prima volta i ricercatori hanno condotto gli stessi esperimenti anche con le singole sostanze e hanno visto che la miscela agisce in modo diverso. “Quello che proponiamo, sulla base di questi dati è che debba essere modificata l’impostazione: fino a oggi si sono stabiliti i limiti soglia di ciascuna sostanza presa in considerazione singolarmente, è ora di regolamentare anche per le miscele“. Infatti, anche se ciascuna di queste sostanze presa da sola è sotto la soglia di rischio, il fatto di essere esposti ogni giorno a decine, centinaia di “interferenti endocrini” rappresenta un rischio molto maggiore.
In questo caso, la combinazione studiata dai ricercatori è costituita da sostanze molto comuni (si trovano nei derivati della plastica, nei contenitori di bevande, nei materiali di copertura di edifici, nelle vernici edilizie e altro): “È sicuramente un tipo di esposizione così pervasiva e continua nel tempo tale da rendere impossibile alle singole persone di scegliere di non esporsi. Proprio per questo la gestione della regolamentazione non può ricadere sulle spalle dei consumatori (che pure possono far sentire la loro voce), ma deve essere valutata nell’ambito dei processi di autorizzazione alla produzione e commercializzazione di una vasta gamma di prodotti, a cominciare dai derivati plastici, fino ai cosmetici e ai pesticidi“.
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