Non si può punire chi commette un reato se costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta. La legge non fa distinzioni di sesso
E’ possibile la legittima difesa contro una donna? In caso di scontro verbale con una donna, se quest’ultima dovesse passare alle vie di fatto, è consentito all’uomo difendersi usando anch’egli le mani, oppure si configurerebbe il cosiddetto “eccesso colposo di legittima difesa“?
Norma del Codice penale sulla legittima difesa
Secondo l’articolo 52 del Codice penale, non si può punire chi commette un reato se costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, a patto che la difesa sia proporzionata all’offesa.
- La prima condizione richiesta dalla legge per la legittima difesa è il pericolo attuale (cioè, la minaccia alla propria integrità fisica deve essere in corso e non già consumata). Quindi, se una persona dovesse tirare un pugno ad un’altra, ma senza avere alcuna intenzione di procedere oltre, non ci può essere legittima difesa perché l’azione illegale si è già consumata ed è cessata. L’eventuale reazione sarebbe punibile, ma potendo ricorrere l’attenuante della provocazione.
- La seconda condizione richiesta dalla legge per la legittima difesa è la proporzione (cioè, la reazione non deve essere più pericolosa della minaccia subita), altrimenti scatterebbe l’eccesso colposo di legittima difesa e la conseguente incriminazione penale per il reato di “percosse” (se non lascia segni sulla vittima) o “lesioni” (se implica delle conseguenze fisiche).
Legittima difesa contro una donna
La legge non fa alcuna distinzione di sesso, quindi il giudizio di proporzione tra minaccia e difesa, che la legge richiede per escludere la sussistenza del reato, si può presentare anche nell’ipotesi in cui l’aggressore sia di sesso femminile. Se la donna dovesse costituire un serio pericolo per l’uomo, a questi sarebbe consentito difendersi.
Se una donna si limita a tirare uno schiaffo a un uomo, senza la volontà di procedere nella condotta violenta, non è possibile difendersi visto che non c’è più alcun pericolo. Quindi, la reazione costituirebbe un reato, punibile a titolo di “dolo“, ma con l’eventuale applicazione dell’attenuante della provocazione. Si può riconoscere l’attenuante della provocazione anche quando, esauritasi l’offesa, permanga nell’autore del reato lo stato d’ira da questa determinato.
Se, invece, la donna prosegue nelle condotte violente, manifestando la volontà di ledere l’integrità fisica dell’uomo, a questi è dato difendersi. La difesa, però, deve essere proporzionata.
Quindi, l’uomo deve saper dosare la propria forza, adeguandola alle esigenze concrete. Ad esempio, potrebbe limitarsi a bloccare l’azione aggressiva della donna (stringendo i polsi della donna e impedendogli il movimento delle braccia). Non può, invece, tirare un pugno così forte da stenderla, se la donna si è limitata a tirare uno schiaffo che non ha avuto alcuna conseguenza. Se, invece, la donna dispone di un “arma propria” (come un pugnale) o “arma impropria” (come un coltello da cucina o un bastone di scopa) potrebbe influire sul giudizio di proporzione, a vantaggio dell’uomo che tenta di difendersi.
Come si stabilisce il diritto dell’uomo ad esercitare la legittima difesa contro una donna?
Per poter stabilire se la condotta è legittima (o meno) bisogna verificare:
- Se l’uomo, al momento della reazione, si trovava davvero in stato di pericolo attuale (se l’azione aggressiva è ancora in atto o dimostra di voler proseguire);
- Se l’uomo, con la propria reazione, ha voluto mettersi in salvo da un aggravamento del danno o se il suo scopo era quello di punire la donna (o rispondere alla violenza subita);
- Se l’uomo, con la propria reazione, ha esercitato una forza fisica similare a quella subita e non superiore.
Se il giudice ritiene che l’uomo non si trovava in condizioni di pericolo, lo condannerà per il reato commesso (lesioni o percosse), seppur con l’eventuale attenuante della provocazione. Se, invece, il giudice ritiene che l’uomo si trovava in condizioni di pericolo, ma ha esagerato nella reazione, lo condannerà per eccesso di legittima difesa.
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