Chi sono gli Hikikomori?

Un hikikomori è una persona che ha scelto di isolarsi dalla vita sociale, spesso in modo estremo

Chi sono gli Hikikomori?
Chi sono gli Hikikomori? Un hikikomori (termine giapponese che significa “ritirarsi” o “chiudersi”) è una persona che ha scelto di isolarsi dalla vita sociale, spesso in modo estremo. Questa scelta può essere influenzata da diversi fattori personali e sociali, tra cui la pressione per il successo personale presente nella società giapponese.

Il termine “hikikomori” può riferirsi sia al fenomeno sociale che alle persone che ne fanno parte. Questo fenomeno, originario del Giappone negli anni ’80, si è diffuso anche negli Stati Uniti e in Europa a partire dagli anni 2000.

Cosa significa “Hikikomori”

L’hikikomori è un fenomeno che si può definire come una forma di auto-esclusione sociale volontaria. Si tratta di una forma di ribellione della gioventù giapponese contro la cultura tradizionale e l’intero apparato sociale, manifestata da adolescenti che vivono rinchiusi in casa o nella propria stanza senza alcun contatto con l’esterno, né con i familiari o gli amici.

Il governo giapponese utilizza il termine hikikomori per indicare coloro che si rifiutano di uscire dalle proprie abitazioni e vi si isolano per più di 6 mesi. Ha quindi stilato una lista di criteri diagnostici utili a individuare i soggetti che possono rientrare in questa definizione.

Il termine è stato coniato dallo psichiatra Tamaki Saitō, che si è reso conto della sintomatologia simile di un numero sempre crescente di adolescenti che mostravano letargia, mancanza di comunicazione e totale isolamento.

Oltre all’isolamento sociale, gli hikikomori soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi, tra cui automisofobia (paura di essere sporchi) e manie di persecuzione.

Lo stile di vita dei “reclusi volontari” è spesso caratterizzato da un ritmo sonno-veglia invertito, con le ore notturne solitamente dedicate a componenti tipiche della cultura pop giapponese, come la passione per il mondo dei fumetti e, soprattutto, la sostituzione dei rapporti sociali diretti con quelli mediati via Internet. Quest’ultimo aspetto si configura spesso come una contraddizione: la persona rifiuta i rapporti personali fisici, mentre con la mediazione della rete può passare gran parte del suo tempo intrattenendo relazioni sociali di vario tipo, dalle chat fino ai videogiochi online.

Tuttavia, solo il 10% dei reclusi naviga su Internet, mentre il resto impiega il tempo leggendo, passeggiando nella propria stanza o semplicemente oziando, nell’impossibilità di cercare lavoro o frequentare la scuola. In ogni caso, la mancanza di contatto sociale e la prolungata solitudine hanno effetti profondi sui reclusi volontari, che gradualmente perdono le competenze sociali, i riferimenti comportamentali e le abilità comunicative necessarie per interagire con il mondo esterno.

Solitamente l’hikikomori raramente lascia la propria stanza, nemmeno per fare la doccia, chiedendo che il cibo gli venga lasciato di fronte alla porta e consumando i pasti all’interno della sua camera. Alcuni reclusi meno inclini all’agorafobia sono comunque in grado di uscire di casa una volta al giorno o alla settimana per andare in un konbini (un store aperto 24 ore al giorno, dove possono trovare colazioni da asporto, pasti precotti o preconfezionati).

Il ritiro dalla società avviene gradualmente: i giovani, in alcuni casi, non riescono a immaginarsi adulti o hanno l’impressione di non crescere, possono apparire infelici, perdere le amicizie, la sicurezza e la fiducia in se stessi, con un aumento dell’aggressività spesso rivolta ai genitori (circa il 40-50% degli hikikomori tratta i propri genitori con violenza).

Spesso, non è possibile attribuire l’insorgenza dell’hikikomori a un trauma specifico: semplicemente, alcuni giovani giapponesi perdono l’energia che ci si aspetta abbiano i giovani appartenenti alla loro fascia d’età.

La percentuale di suicidi tra gli hikikomori rimane comunque bassa, poiché, nonostante il desiderio di porre fine alla loro esistenza sia alto, subentra nei soggetti una forma di autocompiacimento e narcisismo che salva loro la vita.

Il fenomeno degli hikikomori può variare da individuo a individuo, ma in casi estremi alcune persone possono rimanere isolate per anni, se non decenni interi. Solitamente, l’inizio dell’isolamento avviene con il rifiuto di frequentare la scuola, e questi casi vengono definiti “futōkō” in giapponese, mentre un termine più vecchio utilizzato per descrivere questa situazione è “tōkōkyohi“.

Una delle ragioni per cui questo fenomeno è così diffuso in Giappone è che le scuole spesso non fanno abbastanza per convincere gli studenti a tornare in classe.

Diffusione del fenomeno
In Giappone

Il fenomeno è iniziato a diffondersi in Giappone dalla metà degli anni ’80, ma ha subito un forte aumento verso la fine degli anni ’90. Secondo alcune fonti, alla fine degli anni 2000, gli hikikomori giapponesi erano circa un milione (circa l’1% della popolazione). Altre stime più prudenti parlavano di un numero compreso tra 100.000 e 320.000 individui. Nel 2008, l’Università di Okinawa ha parlato di 410.000 soggetti colpiti, ma secondo i dati di Saitō, la prevalenza di hikikomori sarebbe di 2 milioni di soggetti.

L’affidabilità dei dati sull’incidenza del fenomeno è compromessa da diversi fattori, come la reticenza delle famiglie a denunciare i casi o, al contrario, da una scarsa conoscenza dello stesso.

Secondo i dati del governo di luglio 2010, il numero degli hikikomori si aggirerebbe sulle 700.000 unità, con un’età media di 31 anni. Un’altra stima, di settembre dello stesso anno, identifica il loro numero in 236.000 soggetti.

Uno studio epidemiologico del 2012 ha stimato che l’1,2% delle persone della fascia di età compresa tra i 20 e i 50 anni abbia vissuto almeno un periodo di ritiro sociale e di isolamento di sei mesi.

Nel 2016, il governo ha riferito di 541.000 soggetti coinvolti, con un’età compresa tra i 15 e i 39 anni. Altri 613.000 appartenevano invece alla fascia di età tra i 40 e i 64 anni. Questi ultimi, che hanno raggiunto i 40 anni e sono rimasti isolati per circa 20 anni, sono generalmente indicati come la “prima generazione hikikomori” e c’è preoccupazione per il loro reinserimento nella società quando, superata la soglia dei 60 anni e rimasti senza genitori, perderanno l’unica fonte di sostentamento a loro disposizione.

In genere, gli hikikomori sono giovani maschi primogeniti di ceto sociale medio-alto, con un’età compresa tra i 19 e i 30 anni (con un forte aumento tra gli under 19 negli anni 2000) e il 23% di essi manifesta il disagio già al primo anno delle scuole medie inferiori.

Solo il 10% dei soggetti interessati è di sesso femminile e, di solito, il periodo di isolamento è limitato. Tuttavia, è possibile che molti casi di hikikomori tra le ragazze non siano riconosciuti come tali, poiché il ritiro in casa delle donne è considerato una consuetudine all’interno della società giapponese.

Nel resto del mondo

L’Hikikomori non è un fenomeno esclusivamente giapponese in quanto si riscontra anche nel mondo occidentale e nel resto dell’Asia, seppure in percentuale minore rispetto al Giappone. A Parigi, tra il 2011 e il 2012, sono stati segnalati 30 casi di persone tra i 16 e i 30 anni, in particolare coloro che hanno una scarsa vita sociale o che hanno avuto difficoltà a completare gli studi. A partire dagli anni 2010, i ricercatori francesi collaborano con esperti giapponesi per identificare le cause del fenomeno e per comprendere se è limitato solo al Giappone o se è presente anche in società culturalmente differenti. In Francia, sebbene il fenomeno non sia ufficialmente riconosciuto dalle autorità, gli esperti stimano che ci siano decine di migliaia di hikikomori.

In Italia, si stima che uno su 250 individui presenti comportamenti a rischio di reclusione sociale, anche se altre stime indicano che il rapporto potrebbe essere di uno su 200. Nel 2013, la Società Italiana di Psichiatria ha stimato che circa 3 milioni di italiani tra i 15 e i 40 anni soffrissero di questo disturbo. Tuttavia, spesso il disturbo è associato o confuso con la cultura nerd e geek, o più comunemente con una dipendenza da Internet (che coinvolge circa 240.000 adolescenti italiani che trascorrono più di tre ore al giorno online o a giocare), limitando il fenomeno a una conseguenza del progresso sociale e non a una chiara scelta volontaria del soggetto. Stime più recenti, riferite al 2018, parlano di circa 100.000 casi di hikikomori in Italia.

Casi di hikikomori sono stati individuati in Spagna, dove l’isolamento prolungato spesso si presenta come conseguenza di disturbi come psicosi e ansia patologica. In America Latina si tratta di un fenomeno nuovo, con oltre 50 casi accertati in Argentina nel 2008, dove è stato individuato il caso di un uomo che per 20 anni si era rifiutato di abbandonare la propria abitazione, nella città di Viedma.

In Asia il fenomeno è diffuso soprattutto in Bangladesh, India, Iran, Taiwan, Thailandia, Cina e Corea del Sud. Secondo uno studio del 2012 nella sola Hong Kong il numero di reclusi sociali ammonterebbe a circa 18.500, il triplo rispetto a una precedente stima riferita al 2005. Durante la stessa indagine sono stati presi in carico e studiati 192 soggetti, dei quali alcuni in isolamento totale da almeno sei anni.

In Corea i criteri diagnostici differiscono leggermente, essendo necessari tre mesi di isolamento sociale (invece dei canonici sei) per essere definiti hikikomori. Tali soggetti vengono definiti wittori (“solitari“), e, a differenza degli hikikomori, mantengono il dialogo con i propri genitori. Inoltre, se il disturbo dovesse insorgere, esso è di breve durata, in quanto, a differenza dei loro coetanei giapponesi, i coreani devono prestare servizio militare obbligatorio all’età di 18 anni. Nel 2008 il numero di reclusi sociali sudcoreani si aggirava sulle 300.000 unità, ma da allora il governo non ha più fornito stime ufficiali sul loro numero.

Possibili cause

I sintomi dell’hikikomori sono simili al ritiro sociale osservato negli individui nello spettro autistico (ASD). Questo ha portato alcuni psichiatri a suggerire che gli hikikomori possano essere influenzati dai disturbi che colpiscono l’integrazione sociale, i quali tuttavia si manifestano in una forma diversa dalla loro controparte occidentale a causa delle particolari pressioni sociali e culturali presenti in Giappone.

Uno studio del 2007 ha rilevato una connessione tra lo stato di hikikomori e la presenza di disturbi psicologici secondari, con 5 dei 37 casi analizzati caratterizzati da un grave disturbo pervasivo dello sviluppo e dodici presentanti disturbi come depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo della personalità o lieve disabilità intellettiva. Gli altri dieci casi erano invece riconducibili al comportamento dell’hikikomori, senza evidenza di alcun disturbo mentale.

Competitività sociale

In Giappone, i ragazzi devono affrontare una forte pressione per eccellere negli studi e nella carriera professionale fin dalla scuola media. La cultura giapponese, fortemente omologante, vuole che ogni giovane segua un preciso percorso verso un’università d’élite o un’azienda di prestigio. Se non lo fa, lui e i suoi genitori rischiano di essere considerati dei falliti. Questa mentalità tradizionale, influenzata dai valori confuciani, ha un ruolo importante nella produttività del paese e nelle possibilità di affermazione nel mondo del lavoro dei giovani nipponici.

Tuttavia, questo sistema educativo può mettere a dura prova gli adolescenti giapponesi, che sentono il peso delle aspettative imposte dalla società. Molti giovani non riescono a soddisfare queste aspettative e si sentono falliti. L’isolamento sociale, come quello degli hikikomori, può essere una forma di resistenza a questo conformismo, un modo per dire no alle aspettative della società.

Gli hikikomori spesso sono persone intelligenti e creative, che cercano un modo per affermare la propria identità in un sistema che sembra non dar loro molte opportunità. Inoltre, l’eccessiva pressione competitiva nel sistema scolastico può essere vista come uno sforzo inutile, soprattutto in un’epoca in cui molti giovani giapponesi non hanno garanzie nel mercato del lavoro.

In questo contesto, molti giovani giapponesi incominciano a sospettare che il sistema tradizionale non funzioni più. La mancanza di un obiettivo di vita chiaro può rendere alcuni di loro suscettibili al ritiro sociale, come gli hikikomori.

L’insorgenza di hikikomori può essere attribuita a diversi fattori, tra cui i rapporti sociali tra gli adolescenti durante il periodo scolastico, che spesso possono essere fonte di molestie e bullismo (ijime), portando ad agorafobia, ansia, fobia sociale e scolastica. La vittima di bullismo è spesso un individuo che ha difficoltà ad adattarsi ai coetanei, ma potrebbe anche sentirsi inadeguato, decidendo di isolarsi sia dalle attività scolastiche che dalla società in generale, dove la cooperazione e l’adesione sono fondamentali. L’isolamento sembra essere l’unico modo per esprimere il proprio dissenso o disagio nei confronti della società e delle sue norme.

Inoltre, la timidezza dei soggetti può giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’hikikomori. Questo stato può portare a situazioni in cui il ragazzo colpito dal disturbo si sente imbarazzato o ferito nell’orgoglio per situazioni che in uno stato d’animo normale sarebbero facilmente sopportabili. Nei casi più gravi, questa situazione può evolvere in manifestazioni di sintomi paranoici, che possono alla lunga aumentare le possibilità di isolamento sociale.

La famiglia giapponese

La maggior parte dei genitori aspetta molto tempo prima di chiedere aiuto per il figlio hikikomori, sperando che il disturbo possa essere superato da solo. Ciò è in parte dovuto al fatto che si crea una sorta di tabù in cui il figlio si vergogna di aver deluso i genitori, mentre questi ultimi si vergognano di avere un figlio rimasto indietro rispetto agli altri.

A volte i genitori esitano a cercare una soluzione per il disturbo del figlio o, semplicemente, a essere visti entrare in una clinica specializzata. La relativa capacità economica della classe media consente inoltre ai genitori di mantenere in casa un figlio adulto indefinitamente. Nelle famiglie a basso reddito non esistono hikikomori, poiché i giovani sono costretti a lavorare fuori casa se non completano la scuola, e per questa ragione l’isolamento, se mai ha inizio, termina precocemente.

Assenza del padre

L’assenza della figura maschile è un fenomeno comune all’interno della famiglia giapponese, dove il padre di solito sceglie di non assumersi la responsabilità della crescita dei figli, contrariamente a quanto accade all’interno della famiglia occidentale contemporanea.

Di solito il padre, impegnato tutto il giorno sul posto di lavoro, finisce per eliminare tutte le attività extra-lavorative, limitando anche le amicizie a quelle coltivate in ambito lavorativo.

Contrapposta a tale assenza fisica vi è un’eccessiva presenza della figura patriarcale che il padre giapponese rappresenta: in qualità di “uomo di casa” egli esercita sul figlio una sorta di “violenza simbolica“, evidenziando i suoi successi e la dedizione al lavoro, mostrandosi calmo e forte, limitando le emozioni e le parole, dalle quali il resto della famiglia dipende psicologicamente, tagliando tutti i rapporti intimi con quest’ultima, nella speranza che il figlio assimili tali valori.

Può accadere tuttavia che i figli, proprio come i padri, si rintanino in un luogo privo di emozioni, sviluppando i sintomi di ritiro sociale con la differenza sostanziale che quest’ultimo è per essi una forma di ribellione al sistema sociale e al modello paterno.

Dipendenza dalla madre

Secondo alcuni esperti, la mancanza di una figura paterna può causare disagio nell’individuo, ma anche il contesto familiare e sociale può contribuire allo sviluppo di una dipendenza e di una simbiosi eccessiva tra madre e figlio. Questo può portare ad una dipendenza emotiva estrema, che impedisce alla prole di svilupparsi psicologicamente in modo autonomo.

Questo fenomeno sembra verificarsi maggiormente tra i ragazzi adolescenti con madri troppo ansiose e opprimenti, soprattutto in situazioni in cui il sostentamento e l’educazione dei figli ricade esclusivamente sulle spalle della madre, che nel 95% dei casi acconsente all’isolamento del figlio. Il rischio che l’individuo rimanga prigioniero di questa simbiosi è aumentato dal fatto che il padre raramente interviene come terzo elemento a separare la coppia madre-figlio.

Il comportamento tipico di una madre di un hikikomori consiste nel sostenere il figlio senza interferire con il suo isolamento, senza disturbare o indagare sul motivo del suo malessere, aspettando che la situazione si risolva da sola. Con il passare del tempo, l’isolamento diventa sempre più totale, passando dalla dipendenza ad una forte aggressività, che può sfociare in casi di violenza verso la madre.

In Giappone, non è raro che i bambini fino a 10 anni dormano ancora nel letto dei genitori. In questo modo, il bambino acquisisce la consapevolezza della bontà e della dedizione della madre, sviluppando un senso di obbligo e di devozione che influenzerà tutte le relazioni sociali fino all’età adulta.

La madre giapponese contemporanea ha sviluppato un forte sentimento di iperprotettività verso il figlio, non solo a causa dell’assenza del marito, ma anche per proteggerlo dalle aspettative che la società e la famiglia hanno riposto in lui.

Personalità autentica e “di facciata”

Nella cultura giapponese, la contrapposizione tra i veri sentimenti di una persona e quelli espressi pubblicamente è di grande importanza. Anche se i sentimenti autentici possono essere in contrasto con le aspettative della società o della famiglia, i giapponesi devono rispettare le norme sociali per mantenere l’armonia del gruppo.

Questo doppio registro psichico può portare alla repressione dei sentimenti e alla mancata espressione di opinioni personali, con conseguente riduzione della visibilità delle emozioni e rare scontri pubblici.

Questa situazione può causare difficoltà a conformarsi alle regole sociali per gli hikikomori, che lottano per conciliare i propri “hon’ne” con il “tatemae“. Questa riluttanza, classificata come disturbo di comunicazione dagli psicoterapeuti, può contribuire all’isolamento sociale.

Trattamento

Data la rilevanza sociale del fenomeno, in Giappone si è cercato di fornire assistenza al problema degli hikikomori attraverso 2 principali tipi di approccio, ciascuno dei quali con il proprio stile e la propria filosofia di intervento:

  • Approccio medico-psichiatrico: consiste nel gestire la condizione come un disturbo mentale o comportamentale con il ricovero ospedaliero, sedute di psicoterapia e assunzione di psicofarmaci;
  • Approccio basato sulla risocializzazione: che considera il fenomeno come un problema di socializzazione piuttosto che come una malattia mentale. L’hikikomori viene quindi ospitato in una comunità alloggio in cui sono presenti altri hikikomori, con la possibilità di interagire lontano dalla casa di origine.

Nel secondo approccio rientrano specifiche organizzazioni no profit che si propongono di aiutare coloro che trovano difficoltà a comunicare e a integrarsi nella società, migliorando la loro capacità di interagire in modo da renderli indipendenti dalla famiglia, attraverso l’assegnazione di piccoli incarichi o lavori.

In genere sono i genitori a contattare tali organizzazioni e a far partecipare il figlio alle attività del programma, pagando una quota. Queste associazioni si propongono come un’estensione della famiglia e in questo senso prevedono anche la figura della cosiddetta “sorella in prestito“, che nei casi di particolare chiusura del giovane cerca di stabilire un contatto con lui e di convincerlo a uscire dalla sua stanza e a prendere parte al programma.

Tuttavia questo metodo lascia perplessi parecchi esperti a causa della scarsa formazione specifica dei volontari. Tali tipi di centri di recupero, chiamati free space o free school, hanno la caratteristica di essere strutturati come una normale scuola, con programmi didattici identici. La differenza consiste nella mancanza di distinzione dei ruoli gerarchici: i ragazzi in cura non indossano divise, non vengono usati onorifici e nessuna informazione sul loro passato viene divulgata, contribuendo alla diffusione di un clima sereno all’interno del centro.

Inoltre, per aiutare i ragazzi affetti da questo disturbo, è stata ipotizzata la possibilità di avvicinarsi a essi attraverso la costruzione di un rapporto di fiducia, ricostruendo le relazioni sociali tramite l’empatia e l’accettazione positiva incondizionata.

La durata del percorso di riabilitazione per gli hikikomori può variare da persona a persona, tuttavia uno studio condotto nel 2014 su 270 individui colpiti dal disturbo ha evidenziato che in media ci vogliono circa dodici anni per un loro graduale riadattamento al mondo esterno.

Un altro studio condotto nel 2003 ha rivelato che dopo un breve periodo, molti soggetti (circa il 23% su un campione di ottanta reclusi sociali) interrompono le loro sedute di riabilitazione per diversi anni. Tuttavia, anche coloro che riescono a superare il disturbo potrebbero incontrare difficoltà nel reinserirsi nella società e nel mondo del lavoro, poiché le aziende giapponesi sono molto esigenti nei confronti dei candidati con lunghi periodi di inattività lavorativa nel loro curriculum.

Una terapia alternativa potrebbe essere la telepsichiatria, una branca della telemedicina che si avvale di internet, webcam e computer per permettere ai medici di curare i pazienti a distanza. Questo tipo di cura, inizialmente diffuso in paesi con bassa densità demografica, si è sviluppato grazie al progresso tecnologico, e potrebbe essere adatto ai pazienti hikikomori, poiché consente al medico di interagire con loro attraverso il loro sistema di mediazione con il mondo esterno. Questa terapia potrebbe aiutare gli hikikomori a superare l’auto-isolamento e consentire al medico di erogare le prime cure del trattamento del disturbo.

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