Nel sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre si rinnova il cosiddetto “miracolo di San Gennaro”
Cos’è il “miracolo di San Gennaro”? 3 volte l’anno, in date ufficiali e solenni (nel sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre), si rinnova il cosiddetto “miracolo di San Gennaro“. Il sangue del Santo viene esposto di fronte a migliaia di cittadini e fedeli, e ogni volta si spera che avvenga il prodigio della liquefazione (cioè, che il sangue si sciolga).
Il culto di San Gennaro è radicato nella cultura partenopea. I napoletani hanno un rapporto paritario con San Gennaro, e lo manifestano con un costante dialogo, in un rapporto tra pari, confidenziale. Il “San Gennaro, pensaci tu!” è un’invocazione che si ripete di fronte a preoccupazioni personali, paure collettive, eventi naturali e disastri.
Come funziona?
In prima fila le “parenti” (le donne del popolo) attendono il momento in cui dovranno intonare canti e invocazioni al santo per far sì che il sangue torni al suo stato naturale, in attesa che il cardinale esponga l’ampolla e il compare di fazzoletto lo sventoli per annunciare il miracolo.
Le “parenti” sono donne napoletane (per lo più anziane) che nell’immaginario popolare discendono dal Santo e da Eusebia (la nutrice che ne avrebbe raccolto il sangue dopo la decapitazione). Sono dette “parenti” perché legate al Santo da una tale confidenza da chiamarlo “faccia ‘ngialluta” (dal colore del metallo prezioso con cui è fatto il busto) e, se necessario, rimproverarlo affettuosamente quando il prodigio tarda a compiersi. Le “parenti” ripetono rituali arcaici che affondano le radici nelle origini greche di Napoli (quando le donne piangevano i giovani morti, nella speranza della risurrezione). Quindi, San Gennaro, per loro, è come un figlio.
Il rito prevede l’estrazione di una ampolla che contiene il sangue da una nicchia della reale cappella del Tesoro di San Gennaro, nel Duomo di Napoli, e l’esibizione dell’ampolla ai fedeli.
L’ampolla ha la forma di una grossa lente di ingrandimento, con il manico in argento e un compartimento formato da 2 vetri al posto della lente. Tra i 2 vetri sono sistemati 2 piccoli contenitori, anch’essi di vetro. Il più piccolo è vuoto a parte per alcune macchie scure, mentre il secondo, più grande e tondeggiante, è per metà pieno di una sostanza che quando l’ampolla viene estratta appare solida e di un rosso molto scuro.
Dopo averla estratta, l’arcivescovo di Napoli inizia a scuoterla facendo una serie di movimenti bruschi tramandati dalla tradizione (ad esempio, la rovescia più volte, facendo ampi gesti che i fedeli possono scorgere anche dal fondo della chiesa). Dopo poco, la sostanza contenuta nel contenitore più grande inizia a mostrare le proprietà di un liquido (la famosa “liquefazione”, considerata un segno di buon auspicio). L’ampolla viene mostrata ai fedeli e il Cardinale ringrazia Dio per aver permesso l’avvenimento miracoloso.
Lo scioglimento del sangue viene, però, definito un “fatto prodigioso” e non un miracolo che impegna la fede di tutti i cattolici. La venerazione popolare dello scioglimento è consentita, ma non è riconosciuta.
Chi è San Gennaro?
San Gennaro è il santo patrono principale di Napoli. Secondo la tradizione, nacque nel III secolo dopo Cristo e divenne Vescovo di Benevento in un’epoca in cui le persecuzioni dei cristiani erano ancora frequenti.
Fu arrestato a causa della sua attività di evangelizzazione, ma eseguire la sua condanna a morte non fu semplice. Prima fu portato nell’anfiteatro di Pozzuoli per essere sbranato vivo, ma dopo una benedizione gli animali feroci si inchinarono miracolosamente al suo cospetto, rifiutandosi di toccarlo. I giudici allora lo condannarono alla decapitazione e questo secondo metodo di esecuzione funzionò. Il sangue di San Gennaro contenuto nell’ampolla sarebbe stato, poi, raccolto da alcune donne devote poco dopo la sua decapitazione.
Cosa dice la scienza?
In un articolo su Nature, alcuni studiosi del CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze) diretti da Luigi Garlaschelli hanno mostrato di avere ottenuto una sostanza dal colore del sangue utilizzando “molisite” (un minerale presente sul Vesuvio), sale da cucina e carbonato di calcio.
L’origine del “prodigio di San Gennaro“, secondo loro sarebbe, quindi, dovuta alle proprietà “tissotropiche” della sostanza ricreata (cioè la sua capacità di liquefarsi dallo stato solido se agitata).
L’abate Vincenzo De Gregorio, che da 12 anni maneggia le ampolle durante le cerimonie, ha detto: “Il comportamento del sangue di San Gennaro però è imprevedibile. […] A volte si liquefa subito all’uscita dalla cassaforte o addirittura dentro. Davanti a papa Ratzinger ritengo di avere mosso a sufficienza le ampolle, ma il sangue non si è sciolto. Ed era il papa“.
Inoltre, secondo una spettrometria all’interno delle ampolle c’è sangue, ma il fisico francese Michel Mitov, nel libro “Matière Sensible“, ha ipotizzato che le ampolle contengano “spermaceti” (un grasso ceroso estratto dalla testa dei capodogli, e soluzione d’argilla). Materiali “sensibili” a manipolazioni e temperatura.
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