Cos’è l’antifascismo?

L’antifascismo è un movimento che, dal termine della prima guerra mondiale, si pone in contrapposizione con il fascismo

Cos'è l'antifascismo?
Cos’è l’antifascismo? L’antifascismo è un movimento che, dal termine della prima guerra mondiale, si pone in contrapposizione con il fascismo e le sue diverse manifestazioni e declinazioni, sia da un punto di vista politico che da quello della lotta armata.

Oltre che dei regimi comunisti e stati socialisti, è stato, ed è, parte integrante della struttura ideologica di molte democrazie liberali e socialdemocrazie.

Spesso il termine viene esteso alla lotta contro tutti i regimi di estrema destra o reazionari (in quanto sono considerati “fascismi” tutti i regimi illiberali e non democratici), tranne che questi siano di altra matrice (in questo caso si può parlare di “anticomunismo” o “antisovietismo”).

L’origine dell’antifascismo

Il fascismo assunse una connotazione reazionaria caratterizzata dalla saldatura degli interessi dei ceti agrari e industriali, e di molti apparati statali, i quali temevano che agli scioperi e alla forte avanzata del partito socialista durante il “Biennio rosso” (1919-1920) sarebbe seguita anche in Italia una rivoluzione comunista sul modello della rivoluzione bolscevica.

L’antifascismo fu la reazione (morale e politica) alla dottrina e alla prassi del fascismo al potere. Con il termine “antifascismo” vengono, infatti, identificati i movimenti popolari spontanei sorti in Italia a partire dagli anni successivi al termine della prima guerra mondiale, in opposizione all’allora nascente fascismo, e tesi a impedire l’affermarsi sulla scena politica prima dei Fasci Italiani di Combattimento (1919) e poi del Partito Nazionale Fascista (1921), fondati da Benito Mussolini.

L’antifascismo sorse soprattutto a opera di alcune formazioni e partiti dell’Italia prefascista, che ancora disponevano della tribuna parlamentare e di una certa libertà di stampa (alcuni gruppi liberali, il Partito socialista, quello comunista, i Democratici-liberali, un gruppo rilevante del partito popolare italiano).

Dopo il delitto Matteotti (1924), le leggi dittatoriali del 1925 e la sconfitta dell’Aventino, il fulcro della resistenza al fascismo passò all’estero, dove tra il 1926 e i primi del 1927 si trasferirono gli stati maggiori dei partiti politici.

Sorse, così, in terra straniera (con la Francia come centro) un’organizzazione politica italiana nella quale è possibile distinguere una corrente di estrema sinistra (Partito comunista italiano) e la Concentrazione antifascista, sorta nel 1927 dall’unione di tutti gli antifascisti.

In Italia, l’antifascismo restò retaggio dei gruppi operai che conservavano legami con il clandestino Partito comunista, di non pochi aderenti al Partito popolare, e di un folto numero di intellettuali, che ebbero il più cospicuo rappresentante in B. Croce.

Tra le due guerre, i concetti di “antifascismo” e “antifascisti” furono utilizzati da Benito Mussolini e dal regime fascista, che nella concezione totalitaria dello Stato riuniva i variegati oppositori del fascismo in un’unica categoria, per la cui vigilanza e repressione fu istituita l’OVRA (“Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo”).

Dopo la fine della guerra il termine è stato (e viene ancora) utilizzato da tutti quei partiti e movimenti che si pongono l’obiettivo di contrastare movimenti e associazioni fasciste, neofasciste e di estrema destra.

Antifascismo e ideologia politica

L’antifascismo non aderisce in sé a una particolare ideologia politica.

Infatti, le principali forze politiche e sociali antifasciste di questo periodo sono state:
  • Le forze di matrice liberale dei governi, partiti, movimenti, singole persone di ispirazione liberale che furono esautorati dal fascismo;
  • Le frange del movimento operaio di ideali socialisti, anarchici e/o comunisti, ma anche quelli legati al Partito Popolare Italiano e al Partito Repubblicano Italiano;
  • Le democrazie parlamentari opposte alle potenze dell’Asse (Regno Unito, Francia e Stati Uniti, dopo un’iniziale accondiscendenza verso il fascismo passarono all’azione militare che portò alla distruzione dei regimi fascisti in Germania, Italia e negli altri paesi europei direttamente intervenuti nella seconda guerra mondiale);
  • L’Unione Sovietica che, dopo un iniziale patto di non aggressione con la Germania nazista, reagì all’attacco tedesco di concerto con le potenze occidentali e i vari movimenti antifascisti;
  • I movimenti conservatori, democristiani e socialdemocratici.
Antifascismo in Italia

L’antifascismo in Italia è l’insieme dei movimenti che si contrapposero al regime e alle attività promosse o attuate dal governo fascista di Benito Mussolini tra il 23 marzo 1919 e il 28 aprile 1945, durante il ventennio fascista.

L’antifascismo in Italia fu un fenomeno eterogeneo che coinvolse trasversalmente tutti i ceti e diversi orientamenti politici, anche non in modo organizzato, dagli operai fino al personale della pubblica amministrazione, compresi addirittura accademici e ufficiali dell’esercito.

Antifascismo e militari

l Fascismo e i suoi capi politici non sempre erano ben visti dagli esponenti del Regio Esercito, il quale rispondeva direttamente al Re e al quale aveva giurato fedeltà. L’esercito regio ebbe poi un ruolo durante la Resistenza, dove alcuni reparti operarono come forze cobelligeranti agli alleati contro il nazifascismo.

Antifascismo ed ebrei

Il contributo all’antifascismo da parte degli ebrei fu rilevante. Durante la resistenza ebrei italiani combatterono nelle brigate partigiane, soprattutto garibaldine.

Antifascismo anarchico

I movimenti anarchici, pur non numerosi, ebbero risonanza in diversi attentati a Mussolini, in particolare quello di Gino Lucetti nel settembre 1926, quello di Michele Schirru nel 1931 e di Angelo Pellegrino Sbardellotto nel 1932.

Antifascismo repubblicano

Il Partito Repubblicano era ostile alla Monarchia e fautore della Repubblica. Come altri partiti antifascisti tentò di riorganizzarsi all’estero, ma faticò a trovare una propria linea comune di lotta al Fascismo. Infatti fin dal 1927 si era spaccato tra quanti, come Fernando Schiavetti, sostenevano la necessità di un’alleanza con i socialisti, e altri, come Giovanni Conti, che promuovevano un’alleanza di tipo interclassista di impronta mazziniana, fermamente contraria all’idea della lotta di classe.

Antifascismo cattolico

Il fascismo si è presentato sin dalla sua nascita come movimento nettamente anticattolico, sia ideologicamente che nelle violenze attuate dai gruppi fascisti, per cui fin dall’inizio si configurò anche un antifascismo di tipo cattolico. Dopo la salita al potere, Mussolini cambiò radicalmente posizione e cercò un dialogo con la Chiesa.

La ratifica dei Patti Lateranensi nel 1929 portò formalmente ad una distensione con il cattolicesimo, che però non eliminò i contrasti. Infatti, nel 1931, il gruppo dell’Azione Cattolica, presentandosi come “sociale“, fu accusato di costituire un gruppo di natura politico-sindacale, contravvenendo il divieto dell’associazionismo politico non fascista, per cui venne vietato insieme a tutte le altre organizzazioni cattoliche. A questo fatto, il papa Pio XI rispose duramente con l’enciclica “Non Abbiamo Bisogno“, in cui condannò nettamente il fascismo, definendolo “una vera e propria statolatria pagana“.

Antifascismo liberale

Capofila dell’antifascismo liberale fu Benedetto Croce, già autore del “Manifesto degli intellettuali antifascisti” nel 1925. Nel 1938 pubblicò “La storia come pensiero e come azione“, inno al dovere morale degli intellettuali nei confronti della libertà.

Antifascismo socialista

Nel settembre 1921 il socialista Giuseppe Di Vagno fu la prima vittima di omicidio da parte di gruppi fascisti. Nel 1925 Pietro Nenni mise in guardia i socialisti dal non sottovalutare la pericolosità del fascismo e sostenne la necessità di riunire i partiti socialisti per fare fronte comune contro il nascente regime, ma trovò l’opposizione da parte della dirigenza del partito: pertanto, Nenni rassegnò le dimissioni dalla dirigenza PSI nel dicembre 1925 e dalla direzione dell’ “Avanti!” nel gennaio 1926.

Il PSU di Filippo Turati fu il primo partito sciolto d’imperio dal regime, il 14 novembre 1925, a causa del fallito attentato a Mussolini da parte del suo iscritto Tito Zaniboni, avvenuto il 4 novembre precedente. Zaniboni era stato a sua volta motivato dal delitto di Giacomo Matteotti, segretario del PSU, ad opera di squadristi nell’ottobre 1924.

Antifascismo comunista

Nel gennaio 1921 nacque a Livorno il Partito Comunista d’Italia, in occasione del I Congresso del Partito Comunista d’Italia. Nel periodo 1920-1921 nacquero altri due gruppi di ispirazione comunista: Formazioni di difesa proletaria (nel 1920) e Arditi del Popolo (nel 1921).

L’opposizione comunista rappresentava una spina nel fianco del regime, perché sostenuta dall’Unione Sovietica e particolarmente tenace. Dopo un anno e mezzo dall’istituzione del Tribunale speciale, il regime aveva incriminato la maggior parte della dirigenza del partito comunista, perfino retroattivamente per fatti compiuti prima dell’entrata in funzione dell’organo.

Antifascismo azionista

Durante la guerra partigiana, il Partito d’Azione fu attivo nell’organizzazione di formazioni partigiane, quali le brigate Giustizia e Libertà. Numericamente, le formazioni GL (dette “gielline” o “gielliste”) erano seconde soltanto a quelle “garibaldine“, riconducibili al Partito Comunista. I partigiani giellini si riconoscevano per i fazzoletti di colore verde. Tra costoro si possono ricordare Ferruccio Parri, Antonio Giuriolo e Riccardo Lombardi.

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