Il “trasformismo” in politica si riferisce a una pratica in cui membri dell’opposizione vengono cooptati nella maggioranza, sostituendo l’alternanza tradizionale tra maggioranza e opposizione. Questa prassi è emersa in Italia dopo il 1880 e ha portato a cambiamenti di alleanze basati su interessi specifici, ma nella politica moderna ha assunto una connotazione negativa, indicando azioni volte a mantenere il potere politico attraverso compromessi e clientelismi, piuttosto che a rappresentare gli interessi degli elettori
Cos’è il “Trasformismo” in politica? Il termine “trasformismo” in politica si riferisce a una pratica parlamentare in cui la tradizionale alternanza tra maggioranza e opposizione viene sostituita dalla cooptazione di membri dell’opposizione all’interno della maggioranza. Questa prassi è emersa in Italia dopo il 1880, durante il Regno d’Italia, e divenne comune sia tra i gruppi di Destra che di Sinistra. I parlamentari, invece di seguire un programma politico a lungo termine, cambiavano alleanze a seconda delle convergenze su questioni specifiche.
Nel contesto dell’Italia ottocentesca, i partiti organizzati non esistevano, e le elezioni erano basate su candidature personali. Questo favoriva l’individualismo dei deputati, che non erano vincolati a un partito politico specifico. Quando un parlamentare cambiava schieramento, spesso era il risultato di trattative in cui il deputato scambiava il suo voto con il soddisfacimento di interessi privati. In questo periodo, le maggioranze parlamentari erano formate da singole personalità politiche che, manovrando le alleanze tra i gruppi parlamentari, assicuravano una certa stabilità politica.
Nella politica moderna, il termine “trasformismo” ha assunto una connotazione negativa. Indica azioni mirate a mantenere o rafforzare il potere politico, spesso evitando il confronto parlamentare diretto e ricorrendo a compromessi, clientelismi e sotterfugi politici. Questo approccio può portare a una mancanza di scelta tra schieramenti politici con interessi diversi, allontanando il sistema politico dall’interesse collettivo, poiché le decisioni vengono guidate da logiche interne piuttosto che dalle esigenze degli elettori. Inoltre, il trasformismo è visto come un segno di scarsa moralità da parte dei parlamentari agli occhi dei cittadini.
Nel Regno d’Italia
Nel contesto del Regno d’Italia, il termine “trasformismo” emerse intorno al 1882, durante il quarto governo di Agostino Depretis. Depretis, che proveniva dalla Sinistra liberale, sperava di attrarre gli esponenti più progressisti della Destra nella sua area politica. Questo processo portò alla formazione di un nuovo schieramento centrista, moderatamente riformatore, che limitava l’influenza dell’Estrema sinistra. Depretis espresse il suo approccio dicendo: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?»
Il fenomeno del trasformismo non nacque dal nulla; aveva radici in una tradizione politica italiana preesistente. Un esempio di questa tradizione è l’alleanza del “Connubio Rattazzi-Cavour” che si formò nel 1852. Questo accordo unì l’ala più progressista della maggioranza cavouriana con la parte più moderata della Sinistra. Il Connubio, organizzato da Cavour, mirava a creare una maggioranza più ampia per attuare riforme sostanziali nel paese. Anche nelle camere subalpina e italiana, vi furono manovre simili, sebbene queste differissero dal trasformismo praticato da Depretis.
A differenza del trasformismo, che era caratterizzato dall’inclusione di singoli parlamentari dell’opposizione nella maggioranza, il Connubio non portò mai a una completa assimilazione dell’opposizione. Era piuttosto un’alleanza trasversale che favorì la coesione tra diversi gruppi e élite del paese. Entrambi i fenomeni, però, contribuirono a spostare l’asse politico verso una posizione centrale e moderata, riducendo l’impatto delle ali estreme nella scena politica.
Il termine “trasformismo” in politica si riferisce a una pratica parlamentare in cui la tradizionale alternanza tra maggioranza e opposizione viene sostituita dalla cooptazione di membri dell’opposizione all’interno della maggioranza. Questa prassi è emersa in Italia dopo il 1880, durante il Regno d’Italia, e divenne comune sia tra i gruppi di Destra che di Sinistra. I parlamentari, invece di seguire un programma politico a lungo termine, cambiavano alleanze a seconda delle convergenze su questioni specifiche.
Nel contesto dell’Italia ottocentesca, i partiti organizzati non esistevano, e le elezioni erano basate su candidature personali. Questo favoriva l’individualismo dei deputati, che non erano vincolati a un partito politico specifico. Quando un parlamentare cambiava schieramento, spesso era il risultato di trattative in cui il deputato scambiava il suo voto con il soddisfacimento di interessi privati. In questo periodo, le maggioranze parlamentari erano formate da singole personalità politiche che, manovrando le alleanze tra i gruppi parlamentari, assicuravano una certa stabilità politica.
Nella politica moderna, il termine “trasformismo” ha assunto una connotazione negativa. Indica azioni mirate a mantenere o rafforzare il potere politico, spesso evitando il confronto parlamentare diretto e ricorrendo a compromessi, clientelismi e sotterfugi politici. Questo approccio può portare a una mancanza di scelta tra schieramenti politici con interessi diversi, allontanando il sistema politico dall’interesse collettivo, poiché le decisioni vengono guidate da logiche interne piuttosto che dalle esigenze degli elettori. Inoltre, il trasformismo è visto come un segno di scarsa moralità da parte dei parlamentari agli occhi dei cittadini.
Storia del “Trasformismo”
Nel contesto del Regno d’Italia, il termine “trasformismo” emerse intorno al 1882, durante il quarto governo di Agostino Depretis. Depretis, che proveniva dalla Sinistra liberale, sperava di attrarre gli esponenti più progressisti della Destra nella sua area politica. Questo processo portò alla formazione di un nuovo schieramento centrista, moderatamente riformatore, che limitava l’influenza dell’Estrema sinistra. Depretis espresse il suo approccio dicendo: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?»
Il fenomeno del trasformismo non nacque dal nulla; aveva radici in una tradizione politica italiana preesistente. Un esempio di questa tradizione è l’alleanza del “Connubio Rattazzi-Cavour” che si formò nel 1852. Questo accordo unì l’ala più progressista della maggioranza cavouriana con la parte più moderata della Sinistra. Il Connubio, organizzato da Cavour, mirava a creare una maggioranza più ampia per attuare riforme sostanziali nel paese. Anche nelle camere subalpina e italiana, vi furono manovre simili, sebbene queste differissero dal trasformismo praticato da Depretis.
A differenza del trasformismo, che era caratterizzato dall’inclusione di singoli parlamentari dell’opposizione nella maggioranza, il Connubio non portò mai a una completa assimilazione dell’opposizione. Era piuttosto un’alleanza trasversale che favorì la coesione tra diversi gruppi e élite del paese. Entrambi i fenomeni, però, contribuirono a spostare l’asse politico verso una posizione centrale e moderata, riducendo l’impatto delle ali estreme nella scena politica.
Il trasformismo moderno in Italia
Nel contesto della politica italiana, il concetto di “trasformismo” si è evoluto significativamente, specialmente durante la Prima e la Seconda Repubblica.
Durante la Prima Repubblica, il trasformismo si manifestò con cambiamenti politici e alleanze che si adattavano alle circostanze. Ad esempio, sul finire di questo periodo, si osservò un indebolimento delle differenze tra il Partito Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, in risposta a eventi come lo scandalo di Mani Pulite e la caduta del muro di Berlino. Il PCI, il primo a trasformarsi, si sciolse il 3 febbraio 1991, dando vita al Partito Democratico della Sinistra, che abbandonò l’ideologia comunista per abbracciare il socialismo democratico. Anche esponenti di altri partiti, come Giorgio La Malfa e Mariotto Segni, formarono la coalizione Alleanza Democratica. Questo periodo vide un’indebolimento della dialettica politica, con alleanze e coalizioni sempre più fragili e soggette a cambiamenti frequenti, a causa delle manovre di singoli individui o gruppi.
Con l’inizio della Seconda Repubblica, il trasformismo divenne una caratteristica ancora più marcata e di larga scala. Secondo lo storico britannico Perry Anderson, lo scandalo di Tangentopoli dimostrò che la classe politica italiana non era riuscita a rinnovarsi e a combattere la corruzione. Ernesto Galli della Loggia, nel 1993, descrisse la transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica come una “rivoluzione passiva”, caratterizzata dalla mescolanza tra vecchie e nuove forze politiche, garantendo così una continuità del sistema politico.
Nonostante il trasformismo sia spesso criticato, specialmente da partiti comunisti e populisti, non è vietato dalla Costituzione Italiana. Quest’ultima stabilisce che ogni membro del parlamento rappresenta la nazione e agisce senza vincolo di mandato, come indicato dall’Articolo 67: «Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.» Tuttavia, il trasformismo che avviene in cambio di denaro è considerato corruzione e quindi illegale.
Tra i politici italiani contemporanei, Clemente Mastella è un esempio notevole di trasformismo. Attivo dalla fine degli anni Settanta, Mastella ha cambiato partito più volte, sostenendo sia coalizioni di centro-destra che di centro-sinistra, pur mantenendo una posizione ideologica centriste. Vittorio Sgarbi è un altro politico noto per il suo trasformismo, avendo partecipato a più di dieci movimenti diversi e cambiato repentinamente le sue opinioni ideologiche, definendosi «il più grande trasformista d’Italia».
Analisi ed effetti del trasformismo
Il fenomeno del trasformismo in politica, storicamente, ha avuto un impatto significativo sulla natura stessa del dibattito politico e sulla funzionalità delle istituzioni.
Durante il governo di Agostino Depretis, che iniziò nel 1882, il trasformismo divenne evidente. Depretis, proveniente dalla Sinistra liberale, promosse un’apertura verso esponenti più moderati della Destra, creando un nuovo schieramento centrista. Questo approccio comportò la cooptazione di membri dell’opposizione nella maggioranza governativa, indebolendo le ideologie e le posizioni politiche di base, e spostando l’azione governativa verso posizioni centriste e moderate. L’effetto fu una riduzione dell’intensità dello scontro politico, con scambi di favori e clientelismi tra i vari gruppi del Grande Centro. In questo contesto, il capo del governo, Depretis stesso, fungeva da mediatore e armonizzatore, a scapito di una vita politica più chiara e trasparente.
Benedetto Croce, storico e filosofo, offrì una visione diversa del trasformismo. Egli considerava il trasformismo come una parte naturale dell’evoluzione del parlamentarismo moderno. Secondo Croce, il passaggio di membri della Destra verso la Sinistra rappresentava un segnale positivo di maturazione del processo parlamentare. Non riteneva moralmente deplorevole il tentativo di avvicinare esponenti di parti opposte, ma piuttosto una manifestazione di pragmatismo politico. Questo approccio, secondo Croce, permetteva di trovare convergenze su questioni specifiche che non si adattavano perfettamente alle ideologie di Destra o Sinistra.
Antonio Gramsci, invece, inserì il trasformismo in una teoria più ampia, quella della “rivoluzione passiva”. Gramsci considerava che il trasformismo fosse un mezzo attraverso il quale i cambiamenti politici, sociali e culturali avvenivano senza il coinvolgimento delle grandi masse popolari. Per lui, il trasformismo impediva la formazione di un’opposizione organica, specialmente da parte delle classi meno abbienti, e contribuiva a mantenere il sistema politico stabile e controllato.
Nel periodo successivo, il trasformismo continuò con i governi di Giovanni Giolitti, mantenendo una connotazione negativa legata a fenomeni di corruzione, degrado morale e scarso coinvolgimento dell’opinione pubblica. Questo contribuì alla progressiva eliminazione del modello bipartitico a favore di una politica più omogenea e centralizzata.
Negli anni Ottanta, il trasformismo si trasformò in consociativismo, un sistema politico caratterizzato dalla cooperazione tra diversi gruppi. Anche con il ritorno a un modello bipolare e tendenzialmente bipartitico nella Seconda Repubblica, le pratiche trasformistiche non sono scomparse. Queste pratiche sono state facilitate dall’assenza di contrapposizioni ideologiche chiare, rendendo i cambiamenti di partito meno evidenti e più accettabili. Inoltre, il trasformismo è stato favorito dalle Costituzioni moderne, che conferiscono ai parlamentari una grande libertà, senza obblighi giuridici verso il proprio elettorato, ma solo obblighi morali. Questo consente ai politici di avere una piena indipendenza di opinioni e condotta, senza rappresentare altro che sé stessi dal punto di vista legale.
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