Quando parlare male di una persona è reato di diffamazione e quando invece è classificabile come una semplice ingiuria
Quando le offese diventano diffamazione? Chi parla male di qualcuno commette reato solo se lo fa davanti ad almeno due persone e sempre che la vittima, in quel momento, sia assente. Sono questi i presupposti del reato di diffamazione per il quale si può sporgere querela entro tre mesi da quando si è venuti a conoscenza del fatto.
Eccezionalmente, però, il reato scatta anche quando una persona parla male di un’altra dinanzi a un solo soggetto, senza cioè altri spettatori. A chiarire tali circostanze è stata la Cassazione (sent. n. 48489/2023).
Quando le offese non sono reato?
Offendere qualcuno in sua presenza non è reato. Tale comportamento è classificabile come ingiuria.
È ingiuria, ad esempio, quando qualcuno, rivolgendosi ad un altro, gli dice una parolaccia, gli attribuisce appellativi dispregiativi o anche fa gestacci che denotano disprezzo.
È ingiuria anche offendere qualcuno in una chat quando questi è connesso in quello stesso momento e può leggere il messaggio. È quindi necessario che vi sia contestualità tra l’invio dell’offesa e la ricezione della stessa.
L’ingiuria non è un reato (lo era prima del 2015, data in cui è stata depenalizzata), ma un semplice illecito civile.
L’ingiuria è punita con:
- il risarcimento del danno, che viene quantificato dal giudice sulla base del tipo di offesa e delle conseguenze per la vittima;
- una sanzione da versare allo Stato, all’esito della causa di risarcimento, che va da 100 a 8.000 euro ma che può arrivare da 200 a 12.000 euro quando l’offesa consiste nell’attribuire alla vittima un fatto specifico (ingiuria aggravata).
Per punire l’ingiuria non è possibile sporgere querela e quindi presentarsi alla polizia o dai carabinieri. È necessario contattare un avvocato che avvii una causa civile, nel corso della quale la vittima deve dimostrare:
- il fatto, ossia le offese;
- il danno subito (ad esempio il pregiudizio all’onore personale o professionale).
Non è neanche reato parlare male di qualcuno alle sue spalle con un’altra persona. Si pensi a un soggetto che, nel confidarsi con un amico, dica delle parole offensive nei confronti di un altro soggetto. Questo comportamento non costituisce né un illecito civile (non rientrando nell’ingiuria), né un illecito penale (non rientrando nella diffamazione).
Eccezioni alla regola
Esistono però alcune eccezioni alla regola secondo cui la diffamazione si configura solo quando vi sono almeno due persone.
La diffamazione sussiste anche quando:
- la vittima delle offese è presente al momento in cui vengono pronunciate, ma non può intervenire per difendersi;
- le offese vengono pronunciate in una chat di gruppo a cui la vittima è partecipe ma non presente al momento dell’invio del messaggio offensivo;
- le offese vengono pronunciate in una conversazione privata, ma il soggetto che le pronuncia sa che l’altra persona le diffonderà a terzi.
Quando le confidenze diventano diffamazione?
Non sussiste diffamazione nel caso di comunicazione confidenziale da parte di un individuo ad un altro se questi successivamente diffonde il messaggio spontaneamente, senza che il primo potesse rappresentarsi in partenza tale evenienza.
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