Nei prossimi anni l’Italia perderà oltre 100.000 alunni all’anno

Si passerà da 7,4 milioni di studenti (ultimo dato disponibile 2021) a poco più di 6 milioni nell’anno scolastico 2033/34, con quote di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno

Nei prossimi anni l’Italia perderà oltre 100.000 alunni all’anno
Nei prossimi anni l’Italia perderà oltre 100.000 alunni all’anno. La denatalità italiana sta stravolgendo il mondo della scuola. Nei prossimi 10 anni, entro il 2034, ci saranno 1,4 milioni circa di bambini e ragazzi tra i 3 e i 18 anni in meno. Un calo di oltre 100 mila alunni l’anno.

L’anno scolastico a settembre 2022 è ripartito con 147.200 alunni in meno. Allargando l’orizzonte temporale, negli ultimi 10 anni il numero degli studenti è diminuito (tra statali e paritarie) del 10% (-858 mila). Nel Sud del 15% (-500mila). La scuola dell’infanzia ha perso nel decennio quasi mezzo milione di iscritti (-27,5%).

Secondo le previsioni della “Relazione tecnica alla Legge di Bilancio” nei prossimi 10 anni, entro il 2034, ci saranno circa 1,4 milioni in meno di bambini e ragazzi tra i 3 e i 18 anni. Un calo di oltre 100 mila alunni l’anno. Ad essere cancellati saranno circa 600 istituti, mentre il numero degli attuali dirigenti scolastici sarà dimezzato nei prossimi 8 anni. Anche per gli organici scolastici ci si attende una drastica riduzione di almeno 60 mila dipendenti.

Se nel breve periodo avere meno alunni significherà avere meno classi e anche meno affollate (così da ridimensionare il fenomeno delle cosiddette “classi pollaio”), ma nel medio periodo comporterà un ripensamento degli organici degli insegnanti, del sistema di reclutamento, e dell’intera organizzazione scolastica.

Una scuola con un numero ridotto di studenti può essere l’occasione per ripensare la didattica, migliorare gli spazi scolastici e favorire degli interventi specifici per l’abbandono scolastico. Tutto ciò, però, dovrebbe essere accompagnato con politiche sulla natalità. Gli squilibri demografici sono arrivati a livello tale che siamo il primo paese in Europa che ha visto scendere i nuovi nati sotto il numero degli attuali 80enni.

Nel 2023, in Italia, ci saranno 8,1 milioni di bambini e ragazzi tra 3 e 18 anni. Nel 2034, saranno 6,7 milioni. Nel 2021, per la prima volta nella storia d’Italia, le nascite sono scese sotto quota 400mila. Se l’Italia non riuscirà ad invertire questa tendenza negativa, le nascite continueranno a ridursi anno dopo anno, rendendo inefficace qualsiasi azione di contenimento del crollo della popolazione scolastica e lavorativa.

I dati
  • Si passerà da 7,4 milioni di studenti (ultimo dato disponibile 2021) a poco più di 6 milioni nell’anno scolastico 2033/34, con quote di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno.
  • L’organico docente passerà dalle attuali 684.314 cattedre a 558.095 nel 2033/34, con riduzioni di 10-12mila posti ogni anno.
  • Tale effetto dell’andamento demografico si sentirà maggiormente alle superiori, dove si passerà rispettivamente da 2.659.068 a 2.168.614 studenti e da 246.710 a 201.205 cattedre.
  • Alla scuola secondaria di primo grado si passerà da 1.584.999 a 1.292.653 alunni e da 147.219 a 120.065 prof.
  • Alla scuola primaria i 2.314.000 ragazzi di oggi dovrebbero diventare secondo le stime, tra 12 anni, 1.887.193 e i loro maestri da 210.156 a 171.394.
  • Alla scuola dell’infanzia, quella statale scenderà di oltre 156mila bambini e poco meno di 15mila maestre, ma con i fondi del Pnrr che intende investire oltre 2 miliardi su nidi e scuola infanzia le cose potrebbero andare diversamente.
Le linee programmatiche del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara

Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, audito sulle linee programmatiche del suo dicastero dalle commissioni riunite di Camera e Senato, ha detto:
Mi impegnerò insieme ai colleghi di governo perché anche in presenza della crescente denatalità, la dotazione organica dei docenti possa rimanere invariata nei prossimi anni. In questo orizzonte temporale, le risorse che si libereranno dovranno consentire di recuperare spazi di efficienza e flessibilità per la riduzione della dispersione scolastica, l’istruzione degli adulti, interventi su situazioni di disagio“.

La scuola che ho in mente non vuole essere paternalistica ma deve essere una scuola di qualità che sappia adattarsi ai mutamenti della società. Una scuola che accompagno con costanza i giovani e li aiuti davvero, ciascuno a valorizzare i propri unici e personali talenti come risorsa personale e come ricchezza di tutti. Serve una scuola che si adatti agli studenti, non sono gli studenti che devono adattarsi alla scuola“.

L’orizzonte è quello di contribuire, attraverso una grande alleanza tra scuola, famiglia, studenti, il mondo del lavoro e quello delle istituzioni territoriali a sanare le diseguaglianze relative alle condizioni di partenza di ciascuno. Dando così piena attuazione al dettato e allo spirito della Costituzione“.

In sostanza bisogna consentire alla scuola di funzionare da ascensore sociale, restituendo alla scuola una fondamentale vocazione originaria quella che la rende un luogo di socialità, serena, di rispetto reciproco, di responsabilità individuale e sociale“.

Una spinta notevole a tutto ciò viene dal Pnrr dove si prevedono interventi per aiutare docenti, studenti e famiglie a identificare e intraprendere con coraggio un profondo cambiamento ordinamentale, organizzativo e didattico che possa aiutare la scuola a trasformarsi in un luogo sempre più dinamico e coinvolgente al passo con i tempi“.

Una scuola orientata al futuro che riesca a contrastare la crisi educativa in Italia, le cui evidenze, già emerse da diversi anni si sono ulteriormente aggravate dopo la pandemia dando avvio ad un percorso virtuoso che dovrà favorire il superamento e i diversi gap esistenti di natura sociale e territoriale“.

Dimensionamento scolastico

Entro il 31 dicembre l’Italia deve “adeguare la rete scolastica all’andamento anagrafico della popolazione studentesca“. Quindi la riforma inserita nella manovra “si pone l’obiettivo di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità“.

Il testo approvato dal governo prevede che il “Dimensionamento scolastico” vada attuato entro il 30 novembre di ogni anno. L’attuale cifra minima di studenti per assegnare a un istituto l’autonomia giuridica sarà innalzato da 600 a circa 900 studenti. Questo significa che si realizzeranno gli accorpamenti degli istituti (a discrezione degli Enti Locali).

Il governo Meloni vuole chiudere 700 scuole entro due anni. Questa è la stima dei sindacati del comparto sul “Dimensionamento Scolastico” presente nella Legge di Bilancio. Nell’ultima versione della bozza viene spiegato che “le Regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto“. Questo significa che gli enti locali dovranno comunicare entro quella data l’entità della rete degli istituti. Tenendo, però, conto dei nuovi limiti per l’autonomia giuridica. Innalzati da 600 a circa 900 studenti.

Secondo Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil, “l’accorpamento degli istituti si configura come un vero e proprio taglio che ancora una volta andrà a colpire le regioni e i territori più deboli. Si tratta di una scelta politica precisa, in continuità con quanto già realizzato in passato, un accanimento dettato da visione economicistica della scuola. Di fronte a questa situazione non possiamo che preannunciare una forte mobilitazione della categoria“.

Secondo i sindacati il dimensionamento comporterebbe una perdita di almeno 700 istituti. Suddivisi principalmente in regioni come Sardegna, Calabria e Basilicata. Ma anche in realtà come Abruzzo, Molise e Campania dove il “dimensionamento spontaneo” è piuttosto lento.

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha, però, spiegato che il dimensionamento avverrà “nel modo più indolore possibile“. Perché la riduzione è graduale e avrà un orizzonte temporale di 10 anni in totale. E, soprattutto, perché si interviene “solo sulle strutture giuridiche. Cioè sulle dirigenze scolastiche. Non sulle strutture fisiche“. Questo significa che i plessi attuali “sono 40.466 e rimarranno 40.466“. Saranno quindi le scuole intese come istituti giuridici a subire una riduzione di 700 unità in due anni. E attraverso il dimensionamento arriverà anche una riduzione delle “reggenze“, ovvero dei dirigenti scolastici a capo di più di un istituto in attesa della nomina di quello effettivo.

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