Il “collaboratore di giustizia” o “pentito” è una persona che, trovandosi in una posizione privilegiata di conoscenza di attività criminali, decide di cooperare con le autorità giudiziarie
Cos’è un collaboratore di giustizia? In Italia, un collaboratore di giustizia è una persona che, avendo conoscenza di informazioni riguardanti attività criminali, decide di cooperare con le autorità giudiziarie italiane.
Comunemente, viene chiamato “pentito“, poiché spesso ha preso parte o ha avuto un coinvolgimento diretto con gli autori dei crimini di cui è a conoscenza. Anche se il concetto di collaboratore di giustizia esiste da tempo, è stato ufficialmente istituito per legge negli anni ’80 e ’90. Le tappe principali della nascita di questa figura chiave nei processi penali in Italia risalgono a quel periodo e continuano a essere rilevanti per molti processi in corso.
Cos’è un collaboratore di giustizia?
Il termine “collaboratore di giustizia” o “pentito” indica un individuo che, trovandosi in una posizione privilegiata di conoscenza di attività criminali, decide di cooperare con le autorità giudiziarie.
In diversi sistemi legali, questa tendenza comportamentale viene valorizzata o incentivata attraverso misure che permettono agli inquirenti di contrastare e debellare organizzazioni criminali. In cambio della collaborazione, i pentiti possono ottenere riduzioni di pena e protezione statale.
In Gran Bretagna, il comportamento di collaborazione è definito “turn Queen’s or King’s evidence” e i testimoni sono protetti dal UK Protected Persons Service, parte della National Crime Agency. Negli Stati Uniti, esiste un programma federale di protezione testimoni chiamato Witness Security Program, istituito nel 1970, e il Federal Bureau of Investigation è responsabile della tutela dei partecipanti.
In Italia, il fenomeno è noto come “pentitismo” e i benefici previsti dalla legge sono stati introdotti per la prima volta nel 1980. Nel 1991 è stata istituita la figura del collaboratore di giustizia.
Storia
La storia del pentitismo in Italia ha radici profonde, con sviluppi significativi nel corso del tempo.
Un momento chiave è rappresentato dalla legge del 6 febbraio 1980, nota come legge Cossiga, che ebbe un impatto rilevante nella lotta al terrorismo. Questa legge, sebbene critica per alcuni privilegi concessi ai criminali di alto profilo in cambio di informazioni cruciali, ha contribuito ad avviare una nuova fase nella giustizia penale italiana.
Magistrati come Giovanni Falcone, Ferdinando Imposimato e Antonino Scopelliti furono tra i primi a comprendere l’importanza dei collaboratori di giustizia nel contrastare la criminalità organizzata. Le loro riflessioni hanno portato a numerosi provvedimenti volti a incoraggiare l’utilizzo dei pentiti per le indagini e per il processo penale.
Negli anni ’90, sono state introdotte le prime normative a tutela dei collaboratori di giustizia e dei testimoni. Il magistrato palermitano, simbolo dell’Antimafia, ha svolto un ruolo fondamentale nell’emanazione del decreto-legge del 15 gennaio 1991, n. 8, successivamente modificato dalla legge 15 marzo 1991, n. 82. Questo provvedimento è considerato una delle prime leggi volte a regolare il fenomeno del pentitismo nell’ambito della lotta alla mafia in Italia.
La disciplina normativa
La legislazione italiana ha affrontato la questione dei pentiti e dei testimoni di giustizia attraverso diverse leggi nel corso degli anni.
La legge n. 15 del 6 febbraio 1980 fu la prima a introdurre sconti di pena, ma era limitata ai casi di individui giudicati terroristi. Tra coloro che ne beneficiarono vi furono Patrizio Peci, Antonio Savasta, Roberto Sandalo e Michele Viscardi.
Successivamente, la legge n. 82 del 15 marzo 1991 istituì la figura del “collaboratore di giustizia“, grazie all’influenza dei magistrati italiani Antonino Scopelliti e Giovanni Falcone.
La legge n. 45 del 13 febbraio 2001 modificò la normativa del 1991, introducendo la figura del “testimone di giustizia“. Le modifiche sostanziali riguardarono diverse disposizioni, tra cui il tempo massimo di 6 mesi per la collaborazione e la valutazione delle dichiarazioni come importanti e inedite prima di accedere ai benefici di legge.
Questa legge è stata oggetto di critiche da parte di alcuni esponenti della magistratura italiana. Armando Spataro ha sottolineato che il requisito della novità delle dichiarazioni potrebbe sminuire la pluralità di contributi utili alle indagini e al processo, mentre il periodo di sei mesi potrebbe essere considerato breve per ricordare fatti criminosi talvolta avvenuti molti anni prima.
Per quali reati è prevista la collaborazione di giustizia
La collaborazione con la giustizia è prevista principalmente per reati gravi che comportano l’arresto come pena.
Questi includono:
- Reati non colposi con pena di ergastolo o almeno 5 anni di carcere fino a un massimo di 20 anni.
- Reati contro lo Stato con una pena detentiva compresa tra 5 e 10 anni.
- Reati come devastazione e saccheggio.
- Delitti contro la pubblica incolumità, come strage, incendio boschivo, con pena detentiva tra 3 e 10 anni.
- Crimini come riduzione in schiavitù, prostituzione, prostituzione minorile, pedopornografia, turismo sessuale con minori.
- Violenza sessuale e atti sessuali su minori.
- Furto, rapina, estorsione, ricettazione aggravata.
- Reati legati alla produzione, circolazione, commercio, detenzione e cessione illegale di armi.
- Reati collegati al traffico e all’uso di stupefacenti.
- Terrorismo e sovversione dell’ordine costituzionale.
- Promozione, creazione, organizzazione o direzione di società segrete.
- Reati associati a organizzazioni mafiose.
- Maltrattamenti e atti persecutori contro familiari o conviventi.
- Reati relativi alla promozione, fondazione, direzione o organizzazione di associazioni criminali in generale.
Perché si diventa collaboratori di giustizia?
Le persone possono diventare collaboratori di giustizia in contesti di crimini gravi, spesso legati a organizzazioni criminali, come quelle di stampo mafioso. Questi delitti spesso coinvolgono reti organizzate su vasta scala, sia a livello nazionale che internazionale, e possono comportare rischi significativi per coloro che decidono di collaborare con le autorità.
Uno dei principali incentivi per diventare collaboratore di giustizia è la possibilità di ottenere sconti di pena, specialmente in casi di condanne lunghe e severe. Tuttavia, questo non è sempre il motivo principale.
La legge prevede una serie di misure volte a proteggere il collaboratore di giustizia e la sua famiglia. Queste misure includono non solo il trasferimento in luoghi considerati sicuri e il cambio di identità, ma anche interventi economici, come il supporto per l’alloggio, l’assegno di mantenimento e il contributo alle spese sanitarie e legali. L’obiettivo è garantire una vita dignitosa al collaboratore e ai suoi familiari, consentendo loro di rimanere vicini ai propri affetti e facilitando il loro reinserimento sociale e lavorativo.
Differenza con il testimone di giustizia
Collaboratore di giustizia: si riferisce a una persona coinvolta in reati di cui ammette il proprio coinvolgimento, dichiarando di essersi pentita e avviando una collaborazione con le autorità, che può includere la rivelazione di altri coinvolti nei reati.
Testimone di giustizia: non è coinvolto nei reati di cui è a conoscenza e denuncia tali fatti alle autorità per motivi diversi dal ricevere sconti di pena. Tra questi motivi possono esserci la volontà di fare giustizia, proteggere se stessi o altri individui, o contribuire al perseguimento della verità. Alcuni esempi di testimoni di giustizia sono Serafina Battaglia, Rita Atria, Piera Aiello, Lea Garofalo e Ignazio Cutrò.
Revoca della protezione ai collaboratori di giustizia
La legge prevede la possibilità di revocare le misure di protezione ai collaboratori di giustizia in determinate circostanze. Una delle situazioni più comuni che porta a questa revoca è la commissione di ulteriori reati da parte del collaboratore dopo aver aderito al programma.
In generale, la revoca delle garanzie o la loro modifica è considerata legittima, indipendentemente dall’accertamento delle responsabilità penali, ogni volta che il collaboratore non adempie agli obblighi stabiliti dall’articolo 12, comma 2 della legge n. 82 del 1991. Quando un individuo accetta di collaborare con la giustizia, assume un impegno che equivale a un contratto pubblico, vincolante per entrambe le parti riguardo ai diritti e ai doveri reciproci.
Collaboratori di giustizia famosi
Camorra
Carmine Schiavone
Francesco Schiavone
Giovanni Pandico
Carmine Alfieri
Pasquale Galasso
Umberto Ammaturo
Luigi Giuliano
Pasquale Barra
Pasquale D’Amico
Antonio Iovine
Cosa nostra
Antonino Calderone
Leonardo Vitale
Tommaso Buscetta
Salvatore Contorno
Francesco Marino Mannoia
Gaetano Grado
Salvatore Cancemi
Gaspare Mutolo
Santino Di Matteo
Gioacchino La Barbera
Leonardo Messina
Francesco Di Carlo
Giuseppe Marchese
Calogero Ganci
Francesco Onorato
Giovanni Brusca
Enzo Salvatore Brusca
Angelo Siino
Gaspare Spatuzza
Salvatore Grigoli
Nino Giuffrè
Giovan Battista Ferrante
‘Ndrangheta
Antonio Zagari
Saverio Morabito
Francesco Fonti
Giacomo Ubaldo Lauro
Filippo Barreca
Nino Lo Giudice
Luigi Bonaventura
Criminalità pugliese
Salvatore Annacondia
Riccardo Modeo
Gianfranco Modeo
Banda della Magliana
Maurizio Abbatino
Antonio Mancini
Claudio Sicilia
Vittorio Carnovale
Mala del Brenta
Felice Maniero
Criminalità milanese
Angelo Epaminonda
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