Cos’è un genocidio?

Il genocidio è costituito da atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso

Cos'è un genocidio?
Cos’è un genocidio? Il genocidio, secondo l’ONU, è costituito da atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.

Dopo la seconda guerra mondiale, il concetto di genocidio è stato utilizzato in diversi contesti:

  • Accezione giuridica: Si riferisce a una definizione precisa utilizzata nel contesto legale per facilitare indagini e processi.
  • Accezione sociopolitica: Viene usato per identificare specificamente i genocidi avvenuti nel XX secolo.
  • Accezione storiografica: Ha un significato più generale e comprende fenomeni di sterminio che si sono verificati nella storia universale, in società molto diverse tra loro.

Il genocidio è considerato un crimine internazionale, soggetto alla giurisdizione internazionale e all’istituzione di tribunali sovranazionali, come il Tribunale Penale Internazionale.

Origine ed etimologia di genocidio

Il termine “genocidio” è stato creato da Raphael Lemkin, un giurista polacco di origine ebraica. Era uno studioso esperto del genocidio armeno e nel 1944 lo introdusse per la prima volta nel suo libro “Axis Rule in Occupied Europe“, che parlava dell’Europa sotto il controllo delle forze dell’Asse. Lemkin sentì la necessità di inventare una nuova parola per descrivere l’Olocausto e i casi in cui gruppi nazionali, razziali, religiosi e culturali venivano perseguitati e distrutti. Voleva anche trovare strumenti legali internazionali che proteggessero questi gruppi.

La parola “genocidio” deriva dal greco “ghénos“, che significa “razza” o “stirpe“, e dal latino “caedo“, che significa “uccidere“. Col tempo, questa parola è diventata di uso comune ed è stata accettata nel diritto internazionale come un crimine specifico, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale.

La prima volta che il termine fu usato in un contesto legale fu durante il processo di Norimberga, che ebbe inizio nell’autunno del 1945, un anno dopo il lavoro di Lemkin. Anche se il termine non era esplicitamente menzionato nella carta di Londra, che era l’accordo tra le nazioni Alleate per istituire il Tribunale Militare Internazionale per giudicare i crimini dell’Asse durante la guerra, comparve nell’atto di accusa presentato agli imputati il 18 ottobre. Non era indicato come un crimine specifico, ma come un termine descrittivo, anche se faceva riferimento ai crimini di guerra e non ai crimini contro l’umanità.

Ricordando le parole di Lemkin, il primo ministro britannico Winston Churchill, in una trasmissione radiofonica del 24 agosto 1941, in cui parlava dell’accordo con il presidente statunitense Roosevelt noto come Carta Atlantica, definì le azioni del regime nazista come un “crimine senza nome“. Diceva che mentre gli eserciti di Hitler avanzavano, intere regioni venivano sterminate e decine di migliaia di persone venivano uccise senza pietà dalle truppe di polizia tedesche. Churchill diceva che non c’era mai stata una tale violenza organizzata e spietata dalla conquista mongola dell’Europa nel sedicesimo secolo. Aggiungeva che quella situazione era solo l’inizio e che carestia e malattie avrebbero seguito i passi sanguinosi dei carri armati di Hitler. In tutto questo, Churchill sottolineava che si trovavano di fronte a un crimine che non aveva ancora un nome.

Definizione ufficiale di genocidio delle Nazioni Unite

Il 11 dicembre 1946, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, attraverso la risoluzione 96 (I), ha definito il genocidio come un’azione che nega il diritto all’esistenza di interi gruppi umani, poiché l’uccisione di persone rappresenta una negazione del loro diritto alla vita. La risoluzione ha chiarito che molti casi di questo tipo di crimini sono avvenuti quando gruppi di persone, basati su differenze di razza, religione, politica o altre caratteristiche, sono stati distrutti, completamente o in parte.

Il 9 dicembre 1948, con la risoluzione 260 A (III), è stata adottata la Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, che è stata redatta con il contributo di Raphael Lemkin, basandosi anche sull’esperienza del processo di Norimberga. L’articolo II di questa Convenzione definisce in modo chiaro il genocidio nell’ambito del diritto internazionale.

Secondo la Convenzione, il genocidio comprende ogniuno dei seguenti atti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

  • (a) uccisione di membri del gruppo;
  • (b) causare danni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
  • (c) sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita mirate a causarne la distruzione fisica, totale o parziale;
  • (d) adottare misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo;
  • (e) forzare il trasferimento di bambini da un gruppo ad un altro.
Uso del termine genocidio nel diritto internazionale

La definizione di genocidio presente nella Convenzione è stata adottata come base per l’istituzione del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY) il 25 maggio 1993 dalle Nazioni Unite, tramite la risoluzione 827 del Consiglio di sicurezza. Questo è stato il primo tribunale speciale per crimini di guerra istituito dopo la seconda guerra mondiale. La corte è stata creata in risposta agli eventi che hanno avuto luogo durante le guerre jugoslave, iniziate nel 1991, e nei conflitti in Kosovo e in Macedonia fino al 2001. Il compito del tribunale era di giudicare non solo reati legati a gravi violazioni della convenzione di Ginevra del 1949, ma anche crimini contro l’umanità, violazioni delle consuetudini e delle leggi di guerra, inclusi i casi di genocidio.

L’anno successivo, con la risoluzione 955, è stato creato il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR), con il compito di giudicare gli eventi che hanno portato al genocidio in Ruanda. Nel 1997 è stato istituito anche uno speciale tribunale chiamato United Nations Assistance to the Khmer Rouge Trials (UNAKRT), incaricato di giudicare quanto accaduto in Cambogia tra il 1976 e il 1979, durante il regime degli khmer rossi di Pol Pot.

Dopo l’esperienza dei tribunali speciali, nel 1998, con l’adozione dello Statuto di Roma, è stata istituita la Corte penale internazionale (ICC), un tribunale permanente per i crimini internazionali con sede all’Aia, nei Paesi Bassi, operativo dal 2002 e indipendente dalle Nazioni Unite. Lo statuto conferisce alla corte il potere di perseguire i crimini di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione. L’articolo 6 dello Statuto è specificamente dedicato al “Crimine di genocidio” e riprende testualmente la definizione della Convenzione del 1948.

Da allora, è stata sostenuta da giuristi e altre autorità nel campo del diritto internazionale generale la convinzione che il divieto di genocidio, inizialmente un impegno contrattuale, sia diventato un principio giuridico vincolante per tutti gli Stati che fanno parte della comunità internazionale.

Il genocidio negli ordinamenti nazionali

Le nazioni che fanno parte dell’ONU hanno per lo più accettato la definizione di genocidio contenuta nella Convenzione.

Un esempio è l’Italia, che ha aderito tramite la Legge 11 marzo 1952, n.153. Nel 1967, con una legge costituzionale, è stata stabilita la possibilità di estradizione degli stranieri accusati di genocidio. Lo stesso anno è stata promulgata una legge che stabilisce le pene e le competenze per i casi di genocidio nell’ordinamento italiano.

La Francia ha incluso il reato di genocidio nel suo codice penale nel 1994, seguendo principalmente la definizione dell’ONU. Tuttavia, l’ha esteso non solo agli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale, ma anche ai danni di “un gruppo determinato sulla base di qualsiasi altro criterio arbitrario”.

Genocidi riconosciuti

A livello internazionale, il crimine di genocidio è stato riconosciuto in casi storici come la guerra in Bosnia ed Erzegovina durante le guerre jugoslave, il genocidio del Ruanda e il genocidio cambogiano. Va aggiunto anche l’Olocausto, che è stato incluso nei capi d’imputazione del processo di Norimberga e ha portato alla creazione della Convenzione sul genocidio. Il genocidio armeno è considerato il primo caso moderno di persecuzione sistematica e pianificata di un popolo, e ha avuto un ruolo significativo nella definizione del crimine di genocidio. La comunità internazionale ha avviato un’analisi sulle responsabilità storiche riguardanti il genocidio armeno, con dichiarazioni specifiche adottate da diverse assemblee politiche degli Stati.

Alcuni dei genocidi più noti nella storia
  • Olocausto (1941-1945): Il genocidio degli ebrei perpetrato dal regime nazista tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale. Circa sei milioni di ebrei persero la vita.
  • Genocidio armeno (1915-1923): L’uccisione di massa degli armeni perpetrata dall’Impero Ottomano. Si stima che circa 1,5 milioni di armeni persero la vita.
  • Genocidio cambogiano (1975-1979): Durante il regime dei Khmer Rossi, guidati da Pol Pot, si stima che tra 1,5 e 2 milioni di cambogiani persero la vita.
  • Genocidio ruandese (1994): In un periodo di circa 100 giorni, gruppi etnici Hutu uccisero brutalmente circa 800.000 membri dell’etnia Tutsi, così come Hutu moderati.
  • Genocidio bosniaco (1992-1995): Durante la guerra in Bosnia, si verificarono massacri e pulizia etnica da parte delle forze serbo-bosniache contro la popolazione bosniaca. Si stima che migliaia di persone persero la vita.
  • Genocidio degli yazidi (2014): Daesh (ISIS) perpetrò violenze sistematiche contro gli yazidi nell’Iraq settentrionale. Si stima che migliaia di yazidi persero la vita e molte donne furono rapite e schiavizzate.
  • Genocidio in Darfur (2003-in corso): Nel conflitto in Darfur, regione del Sudan, gruppi armati governativi e milizie Janjaweed sono accusati di perpetrare violenze contro popolazioni locali non arabe.

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