Cosa fare in caso di emergenza nucleare?

L’Italia ha aggiornato il piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari

Cosa fare in caso di emergenza nucleare?
Cosa fare in caso di emergenza nucleare. Il Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari è il documento, aggiornato di recente dal governo italiano e dalla Protezione civile, che “individua e disciplina le misure necessarie a fronteggiare le conseguenze di incidenti in impianti nucleari di potenza ubicati oltre frontiera, ossia impianti prossimi al confine nazionale, in Europa e in paesi extraeuropei“. Il piano è previsto da un decreto legislativo del 2020. Stando alle normative Ue è obbligatorio che venga aggiornato regolarmente.

Il piano si sviluppa in 3 fasi, diversificate in base all’evoluzione dello scenario incidentale considerato. E’, quindi, tarato su vari tipi di incidente con differenze tra un impianto posto entro 200 km dai confini nazionali e uno oltre quella distanza (oppure per un incidente in territorio extraeuropeo).

Le 3 fasi
  • La prima fase inizia con il verificarsi dell’evento, e si conclude quando il rilascio di sostanze radioattive può considerarsi terminato. Si caratterizza dal passaggio sul territorio di una nube radioattiva (in questo caso sono necessarie azioni tempestive di contrasto).
  • La seconda fase è, invece, caratterizzata dalla deposizione al suolo delle sostanze radioattive e dal loro passaggio alle matrici ambientali e alimentari.
  • La terza fase, infine, è detta di transizione e prevede che siano avviate le azioni di rimedio e di bonifica dei territori contaminati, e la gestione dei materiali contaminati durante l’emergenza.
Le misure previste nelle 3 fasi

Le misure previste in nelle 3 fasi si dividono in “protettive dirette” (come il “riparo al chiuso”, il divieto di utilizzare impianti di ventilazione e la iodioprofilassi) da attuare nelle prima fase e in “protettive indirette” (comprendono limitazioni alla produzione, commercializzazione e consumo di alimenti di origine vegetale e animale, misure a protezione del patrimonio agricolo e zootecnico, blocco della circolazione stradale e monitoraggio della radioattivita nell’ambientale e delle derrate alimentari) da attuare durante la seconda fase.

Il piano fornisce anche indicazioni per la “iodioprofilassi” (“una efficace misura di intervento per la protezione della tiroide, inibendo o riducendo l’assorbimento di iodio radioattivo, nei gruppi sensibili della popolazione”). Secondo il Piano, “il periodo ottimale di somministrazione di iodio stabile è meno di 24 ore prima e fino a due ore dopo l’inizio previsto dell’esposizione. Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l’inizio stimato dell’esposizione. Da evidenziare che somministrare lo iodio stabile dopo le 24 ore successive all’esposizione può causare più danni che benefici (prolungando l’emivita biologica dello iodio radioattivo che si è già accumulato nella tiroide)“.

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