Le proteste sono iniziate il 24 novembre, in seguito ad un incendio che ha interessato un condominio di Urumqi, nello Xinjiang, che ha causato la morte di una decina di persone
Le proteste in Cina, spiegate brevemente. Centinaia di persone, in decine di città cinesi, sono scese in strada per sfogare la loro frustrazione contro la “Zero Covid Policy” (la rigida politica sanitaria del Partito Comunista Cinese per fronteggiare la pandemia di Covid-19).
All’inizio dell’autunno le infezioni giornaliere sono salite a numeri inimmaginabili per la Cina. La Commissione sanitaria nazionale, al 28 novembre, ha parlato di quasi 40mila contagi (35mila di questi risultano asintomatici e poco meno di 4mila sintomatici). Numeri che potrebbero sembrare trascurabili in un Paese di 1,4 miliardi di abitanti, ma non per il governo cinese. L’aumento dei contagi si è verificato nonostante la tolleranza zero delle autorità, i lockdown, le limitazioni quotidiane dei cittadini, il rallentamento dell’economia e l’aumento della disoccupazione giovanile (prossima al 20%).
Dopo quasi 3 anni di sacrifici la pazienza è giunta al limite. A ottobre sono scoppiate isolate proteste, con slogan anti Covid, sui muri e bagni pubblici di varie città cinesi, sulla scia di uno striscione appeso da un manifestante solitario su un cavalcavia a Pechino, pochi giorni prima che Xi ottenesse il terzo mandato da segretario del Partito.
All’inizio di novembre, a Guangzhou, sono andate in scena proteste più ampie, con i residenti che hanno sfidato le norme scendendo in strada e abbattendo le barriere di sicurezza.
Perché sono scoppiate le proteste?
Il 24 novembre, un incendio che ha interessato un condominio di Urumqi, nello Xinjiang, ha causato la morte di una decina di persone. Questo ha provocato un’ondata di proteste online. Vari utenti hanno ipotizzato che i soccorsi non siano potuti intervenire rapidamente a causa delle politiche anti Covid.
La città, infatti, a causa della Zero Covid Policy è bloccata da oltre 100 giorni, con i residenti impossibilitati a lasciare la regione e costretti a restare a casa.
I dubbi hanno scatenato la rabbia dei cittadini. Molti di loro, il giorno dopo l’incendio, hanno marciato verso un edificio governativo chiedendo la fine delle restrizioni. Il governo locale, pur dando rassicurazioni in merito, non ha fornito una chiara risposta. Le proteste sono quindi ripartire con più vigore, diffondendosi in gran parte della Cina.
Contro chi e cosa si protesta?
La maggior parte dei dimostranti chiede al governo di revocare le misure anti Covid. Altre persone hanno protestato contro il Partito, chiedendo le dimissioni di Xi Jinping, promotore e difensore della tolleranza zero contro il virus.
Dove si protesta?
È difficile fornire un quadro completo della situazione, anche se si contano almeno una ventina di manifestazioni tenutesi in 15 città cinesi, tra cui la capitale Pechino e il centro finanziario Shanghai.
Qui, il 26 novembre, centinaia di persone si sono riunite per una veglia a lume di candela presso Urumqi Road per piangere le vittime dell’incendio di Urumqi. Alcuni hanno mostrato fogli bianchi, in una simbolica protesta contro la censura, intonando cori a favore della “libertà” e chiedendo le dimissioni di Xi.
Il 27 novembre le proteste si sono diffuse a Pechino, Chengdu, Guangzhou, Xian, Chongqin, Hangzhou e Wuhan, e pure all’interno dei campus, comprese le prestigiose istituzioni dell’Università di Pechino, dell’Università Tsinghua di Pechino e dell’Università di Comunicazione della Cina a Nachino.
Perché queste proteste sono importanti?
In Cina la protesta pubblica, (e per di più contro il Partito), è estremamente rara. E’ ancor più raro, poi, che simili manifestazioni di dissenso possano uscire dall’ambito locale e diffondersi a livello nazionale. Prima della pandemia, infatti, le proteste che scoppiavano all’interno del Paese erano localizzate. Allo stesso tempo i dimostranti concentravano le loro rivendicazioni sui funzionari locali e su questioni socio-economiche molto mirate.
Le attuali proteste, invece, hanno una natura trasversale perché coinvolgono studenti, lavoratori e perfino una parte della classe media (tradizionalmente fedele nei confronti del governo).
Qual è stata la risposta del governo?
In gran parte della Cina le proteste sono terminate, pacificamente, durante il fine settimana.
In alcune città, invece, le autorità hanno dovuto utilizzare la forza. Ad esempio, a Shanghai ci sono stati violenti tafferugli tra manifestanti e polizia, con tanto di arresti. Numerosi video di denuncia sono stati cancellati dalla rete. Le autorità cinesi hanno aperto un’inchiesta su alcuni dei partecipanti alle proteste.
Al momento, però, la situazione appare sotto controllo.
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