Anche Bankitalia ha scoperto che le riforme sul lavoro hanno fatto più danni che altro

Secondo uno studio di Bankitalia, liberalizzare i contratti a termine non ha creato occupazione, ma aiutato solo i profitti delle imprese

Anche Bankitalia ha scoperto che le riforme sul lavoro hanno fatto più danni che altro
Anche Bankitalia ha scoperto che le riforme sul lavoro hanno fatto più danno che altro. Lo studio, dal titolo “Gli effetti delle riforme parziali del mercato del lavoro: evidenza per l’Italia“, è stato pubblicato nella sezione working papers della Banca d’Italia.

L’analisi si occupa della riforma del 2001 affidata dall’allora ministro Roberto Maroni, al sottosegretario Maurizio Sacconi e al consigliere Marco Biagi, il giuslavorista che un anno dopo, nel marzo 2002, venne ucciso dalle nuove Br. Fu l’atto d’esordio del secondo governo Berlusconi, sulla base di una delega fornita dal centrosinistra.

Cos’ha detto Bankitalia

Dall’analisi emerge un effetto pressoché nullo della nuova normativa sull’occupazione complessiva: l’impatto positivo sulla quota dei contratti a tempo determinato e sulla creazione di nuovi posti di lavoro a termine è stato compensato da un maggiore tasso di interruzione di rapporti a tempo determinato. L’effetto sui profitti delle imprese è stato positivo, anche per l’impatto negativo sui salari degli occupati, soprattutto dei giovani in entrata nel mercato del lavoro. È aumentata la diseguaglianza salariale tra i lavoratori all’interno di una stessa impresa”.

La riforma Biagi ha ampliato l’adozione dei contratti a tempo determinato, rendendo più flessibile il lavoro. Gli effetti sull’occupazione della legge vengono definiti “nulli“.

Nel dettaglio, sono cresciuti dell’8% i profitti delle imprese, mentre a essere colpiti sono stati soprattutto i giovani pronti a entrare nel mercato del lavoro. Gli stipendi sono peggiorati del 7% ed è cresciuta la diseguaglianza salariale tra i lavoratori all’interno di una stessa impresa. Occupazione e produttività sono diminuite.

La riforma del 2001, afferma l’analisi, ha creato “posti di lavoro di scarsa qualità che altrimenti non sarebbero esistiti“.

L’arrivo della riforma ha ridotto di quasi il 32% la probabilità delle imprese di convertire posti temporanei in permanenti (60% per i lavoratori di età pari o inferiore a 25 anni) e, di conseguenza, i lavoratori temporanei in carica sono stati riallocati in posti di lavoro di qualità inferiore“.

Questi effetti sono simmetrici rispetto a quelli che mostrano come un aumento del salario minimo in Germania (una riforma che aumenta il costo del lavoro, contrariamente a quella italiana del 2001) abbia aiutato i lavoratori a trovare posti di lavoro di qualità superiore“.

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