Sono sicuri ed efficaci i controlli sul cibo in Italia?

Sulla carta funziona tutto bene, ma nel sistema ci possono essere (e ci sono) delle falle che rendono questi servizi di controllo non sempre efficaci

Sono sicuri ed efficaci i controlli sul cibo in Italia?
Sono sicuri ed efficaci i controlli sul cibo in Italia? Controlli e irrogazione delle sanzioni sono 2 funzioni distinte nel nostro amministrativo italiano. La competenza a svolgere il controllo ufficiale sugli alimenti viene stabilita di volta in volta in vari atti legislativi, che istituiscono i diversi Enti (o uffici controllori), modificandone la “fisionomia”, o riformulando compiti e funzioni.

Competenze relative ai controlli ufficiali sugli alimenti

Il D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 193, che ha attuato la direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in materia di sicurezza alimentare, ha consentito (abrogando le disposizioni preesistenti) l’applicazione in Italia dei regolamenti comunitari del c.d. “pacchetto igiene“.

Nel decreto si chiarisce che i controlli sulla produzione e sul commercio di alimenti spettano, per i profili sanitari, al cosiddetto “sistema sanitario nazionale”, nelle sue articolazioni amministrative centrali e decentrate (Ministero della Salute, Regioni e Province autonome, e Aziende USL). La precisazione che si tratta di competenze limitate ai profili sanitari è data dall’art. 2 del decreto legislativo, il quale espressamente delimita l’esercizio dei poteri di controllo ufficiale all’”ambito delle rispettive competenze“, nonché alle sole “materie disciplinate dalla normativa abrogata di cui all’art. 3“. Ciò consente di riferire l’ambito di queste competenze alla “food safety“, agli “interventi ordinari di sanità pubblica e polizia veterinarie“, e ai “casi di emergenza sanitaria“.

Per quanto concerne, invece, le competenze sui controlli a tutela dei valori più marcatamente economici collegati al mercato degli alimenti (garanzie di processo e di prodotto: etichettatura, indicazioni geografiche, produzioni biologiche), esse sono state attribuite (in via principale ma non esclusiva) al Dipartimento ICQRF del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo (MIPAAFT). La norma di riferimento più recente ai fini dell’attribuzione di tali funzioni è rappresentata dal D.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 105, che all’art. 4 elenca, fra quelle assegnate al Dipartimento, la prevenzione e repressione di infrazioni nella preparazione e commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per il settore primario, la vigilanza sulle produzioni di qualità registrata, il contrasto all’irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti sul territorio nazionale, in provenienza da Stati membri o Paesi terzi.

Competenze a irrogare le sanzioni in materia alimentare

Il D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 231 prevede norme sanzionatorie sia per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 in materia di informazioni sugli alimenti e di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari, sia per la violazione delle disposizioni nazionali di adeguamento alle norme contenute nel regolamento stesso. Il decreto all’art. 26 dispone che l’autorità competente ad irrogare dette sanzioni sia l’ICQRF.

Il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 177 (“Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato”) ha riorganizzato le competenze di controllo e repressive degli illeciti in materia alimentare.

Ai NAS (Nuclei Anti-Sofisticazione dei Carabinieri), oggi riuniti nel “Comando Carabinieri per la tutela della salute”, alle dipendenze funzionali del Ministero della salute, sono attribuiti i poteri di “vigilanza sulla preparazione, sulla produzione e sul commercio delle sostanze alimentari e delle bevande allo scopo di prevenire e reprimere le infrazioni alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e ad ogni altra norma in materia di disciplina igienica delle sostanze alimentari e delle bevande”. E, inoltre, le funzioni di controllo e di vigilanza igienico-sanitaria, con interventi operativi a tutela dell’interesse nazionale, nelle materie di competenza dello Stato.

Ai NAS si affianca il nuovo “Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari” dei Carabinieri, da cui dipendono reparti dedicati a vari compiti di tutela dell’ambiente, del territorio e delle acque, ed anche di sicurezza e controlli agroalimentari. Con riguardo a quest’ultima materia, all’interno di detto “Comando unità“, il reparto competente è il nuovo “Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare“, che opera con un Reparto Operativo centrale e cinque “Reparti Tutela Agroalimentare” (situati a Torino, Parma, Roma, Salerno e Messina) a livello interregionale. Al neo-istituito Comando, il D.Lgs. n. 177/2016 assegna competenze su “prevenzione e repressione delle frodi in danno della qualità delle produzioni agroalimentari”.

Anche in questo caso, come avviene per i NAS, da un lato si tratta di corpi aventi istituzionalmente funzioni di polizia giudiziaria, i quali hanno competenze specifiche e proprie. Accanto a queste, tuttavia, è inevitabile che si verifichino sovrapposizioni sia alle competenze attribuite alle Aziende USL sia a quelle attribuite all’ICQRF.

Più marginale è il ruolo di altre autorità nazionali, come la Guardia di Finanza o il Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera.

La Guardia di Finanza, essendo un corpo di polizia giudiziaria, può esercitare anche nel settore alimentare le proprie competenze generali di persecuzione degli illeciti penali, sia nel senso di raccogliere notizie di reato da sottoporre alle Procure della Repubblica, sia nel senso di svolgere le indagini di polizia giudiziaria che queste ultime possono affidarle).

Per quanto concerne, invece, Capitanerie di Porto e Guardia Costiera, le loro competenze generali dovrebbero essere limitate essenzialmente alla repressione degli illeciti che avvengono in ambito marittimo. Occorre, però, considerare che, nell’attribuire loro i compiti di tutela delle risorse ittiche, l’ordinamento italiano aggiunge anche un generico riferimento alla “sicurezza alimentare” e all’“interesse della salute dei consumatori”, e assegna loro compiti inerenti lo svolgimento di accertamenti tecnici finalizzati al rilascio di certificazioni ed autorizzazioni in materia di pesca ed acquacoltura, la verifica della corretta applicazione delle norme sul commercio di prodotti ittici e biologici marini, la partecipazione alle attività di verifica sull’esatto adempimento della normativa comunitaria in materia di pesca.

C’è da fidarsi?

C’è da fidarsi dei dati diffusi dalle aziende produttrici dagli industriali e dai grandi gruppi della distribuzione organizzata? C’è da fidarsi dei controlli affidati agli enti pubblici, che vanno dai servizi di controllo delle dogane, all’Ispettorato centrale repressione frodi (ICQRF), dai Nuclei antisofisticazione e sanità dei carabinieri (NAS), alle ASL?

Sono innanzitutto dogane, servizi antifrode e NAS ad assicurarsi che i prodotti venduti siano conformi alle norme vigenti. I servizi doganali sono tenuti a verificare la conformità di ciò che viene importato ed esportato, mentre l’antifrode controlla tutto ciò che viene prodotto sul territorio nazionale.

Sulla carta funziona tutto bene, ma nel sistema ci possono essere (e ci sono) delle falle che rendono questi servizi di controllo non sempre efficaci. In primo luogo va detto che gli agenti delle dogane e dell’antifrode sono oberati e svolgono comunque un lavoro enorme. Per chi opera in questi servizi è assolutamente impossibile controllare la merce di decine di migliaia di container, camion, navi, treni e aerei che entrano ed escono ogni giorno in Italia. Anche perché tra gli operatori del servizio Dogane (che in Italia ammontano a poche migliaia di persone), solamente una piccola parte svolge compiti di sorveglianza. La stessa cosa vale per i NAS e gli operatori dell’ICQRF (antifrode).

Tutti questi nuclei di controllo devono occuparsi di vigilare su migliaia di fabbriche, mense, ristoranti, mercati e piccoli artigiani, ma devono anche effettuare controlli non soltanto del settore alimentare ma anche di tutti gli altri settori commerciali e industriali come quello del tabacco, abbigliamento, elettronica, ecc., Quindi, sono pochi gli operatori rispetto alla mole di merce da controllare e sebbene siano lavoratori molto professionali, non possono coprire tutte le merci alimentari che sono in commercio.

Inoltre, questi agenti dei servizi di controllo sono vincolati dalle decisioni politiche che vengono prese al Parlamento Ue. Pertanto se i regolamenti europei stabiliscono norme inadatte (come l’impiego di determinati additivi o la possibilità per i produttori di nascondere l’origine della materia prima di un prodotto), allora gli agenti di controllo non possono fare niente per contrastare ciò.

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