Michelle Obama fece pressione per rimuovere Trump da Twitter?

Lo scrittore Michael Shellenberger ha pubblicato nuove rivelazioni sui documenti resi disponibili da Elon Musk, i cosiddetti Twitter File”

Michelle Obama fece pressione per rimuovere Trump da Twitter?
Michelle Obama fece pressione per rimuovere Trump da Twitter? La scorsa settimana il giornalista Matt Taibbi ha dato il via su Twitter a un thread composto da 36 tweet, pubblicando email trapelate da ex dirigenti della società di social media ora di proprietà di Elon Musk.

Le email descrivono i tentativi da parte di Twitter, durante la campagna elettorale presidenziale del 2020, di limitare la diffusione di un articolo del New York Post sul contenuto copiato da un laptop di Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden. All’epoca dei fatti, Twitter decise di vietare temporaneamente ai suoi utenti di condividere l’articolo del New York Post, sia nel feed che nei messaggi privati.

Taibbi ha detto che la decisione di limitare la diffusione del New York Post è stata presa da alti dirigenti di Twitter senza coinvolgere l’allora AD Dorsey.

James Baker

Nelle email interne di Twitter diffuse nel leak, James Baker, vice avvocato generale di Twitter, raccomandava un approccio prudente nella gestione della storia del laptop di Hunter Biden: “Abbiamo bisogno di più fatti per valutare se i materiali sono stati oggetto di hacking“.

Baker, uno dei principali avvocati dell’azienda, aveva notato come alcune prove indicassero che il contenuto del portatile era stato violato, mentre altri indicatori suggerivano che fosse stato semplicemente abbandonato da Biden. In assenza di informazioni definitive, raccomandò a Twitter di procedere con “cautela“.

Baker è stato anche l’avvocato generale dell’Fbi dal 2014 al 2017, il periodo in cui l’agenzia stava indagando sulle presunte ingerenze russe nell’influenzare le elezioni americane del 2016.

Inoltre, durante le indagini sui presunti collegamenti tra la Trump Organization e la Russia, Baker aveva intervistato una fonte che un consulente speciale nominato da Trump avrebbe poi accusato di legami con il comitato elettorale di Hilary Clinton. Baker ha negato di essere a conoscenza di tali legami, fornendo dei documenti a sostegno della sua tesi. Dopo aver lasciato l’Fbi, Baker era diventato vice avvocato generale di Twitter.

Infine, sul New York Post, l’avvocato Jonathan Turley ha scritto un articolo per spiegare come l’email di Baker pubblicata nel leak dimostri come il vice avvocato generale e il consulente legale capo di Twitter “hanno liquidato i dubbi interni per insabbiare una storia che avrebbe potuto fare la differenza nelle elezioni del 2020“. Il 4 dicembre Taibbi ha condiviso l’articolo di Turley. Qualche giorno dopo, sia Taibbi che Musk hanno rivelato che Baker era stato licenziato per aver “vagliato la prima serie di ‘Twitter File’ all’insaputa della nuova dirigenza“.

Twitter e Fbi

La terza tranche dei Twitter Files ha, invece, mostrato come Twitter avesse già iniziato a colpire e ad etichettare negativamente i tweet di Trump molte settimane prima dell’irruzione in Campidoglio. Senza poi trascurare i frequenti incontri tra i vertici aziendali e l’Fbi nel periodo precedente alle elezioni presidenziali statunitensi del 2020.

Taibbi ha diffuso screen ed estratti delle chat di Slack in cui alcuni vertici di Twitter hanno deciso di rimuovere l’account di Trump per il “contesto esplosivo” supportato dalle “narrazioni” che l’ex presidente e i suoi supporter hanno fatto “nel corso delle elezioni e nei quattro anni” di presidenza repubblicana.

I dirigenti della piattaforma, nelle chat, hanno mostrato anche entusiasmo per l’intensificazione dei rapporti con le agenzie federali. Alcuni di loro si sono vantati di incontrare settimanalmente l’Fbi e il Dhs (la direzione nazionale dell’intelligence). La polizia federale avrebbe anche suggerito i tweet da considerare falsi o inattendibili (come ad esempio quelli riguardanti le frodi elettorali che sarebbero poi diventati il pretesto per l’insurrezione di Capitol Hill).

Dopo aver bandito Trump dal social, un dirigente aveva rassicurato sempre su Slack che “la nuova amministrazione non sarà sospesa da Twitter a meno che non sia assolutamente necessario“.

Altro dettaglio che emerge dall’inchiesta di Taibbi è che già prima del 6 gennaio 2021 Twitter era un connubio tra regole automatizzate e moderazione soggettiva a uso dei dirigenti senior. Molti strumenti per abbattere la visibilità di un account sarebbero stati lanciati contro Trump prima dei fatti di Capitol Hill.

Taibbi ha detto che i documenti in suo possesso dimostrano “l’erosione degli standard all’interno dell’azienda nei mesi precedenti al J6 (il 6 gennaio 2021, il giorno dell’assalto a Capitol Hill, ndr), le decisioni di dirigenti di alto livello di violare le proprie politiche e altro ancora, sullo sfondo di un’interazione continua e documentata con le agenzie federali“.

Michelle Obama

Sabato sera, Elon Musk ha reso disponibili nuovi documenti, che sono stati diffusi dallo scrittore Michael Shellenberger. I nuovi tweet continuano a raccontare il processo interno che portò al blocco dell’account dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Fino al 2018 i vertici di Twitter si rifiutarono di bloccare il profilo di Trump. La posizione cambiò nel gennaio 2021, dopo le richieste arrivate da Michelle Obama e dall’Anti defamation league (precedentemente nota come “Anti-Defamation League of B’nai B’rith”, è un’organizzazione non governativa internazionale ebraica con sede negli Stati Uniti).

La decisione finale di bloccare l’account di Trump fu presa, tra gli altri, dall’allora responsabile legale di Twitter, Vijaya Gadde. Secondo il sito Open Secrets, Vijaya Gadde è stata finanziatrice della campagna presidenziale di Barack Obama (oltre che di altri noti esponenti dem, come Hillary Clinton, John Kerry e Kamala Harris).

Ora, non solo Michelle Obama fu attivamente impegnata nella campagna presidenziale di Joe Biden del 2020, ma l’Anti defamation league è guidata dal 2015 da Jonathan Greenblatt, che fu direttore dell’ufficio per l’innovazione sociale della Casa Bianca tra il 2011 e il 2014, ai tempi della presidenza Obama. Quindi, sembrerebbe che il network della famiglia Obama abbia avuto voce in capitolo nel blocco del profilo di Trump.

Twitter afferma che il suo divieto si basa ‘specificamente su come [i tweet di Trump] vengono ricevuti e interpretati’“. Ma nel 2019, Twitter aveva dichiarato di “non tentare di determinare tutte le potenziali interpretazioni del contenuto” ha scritto Shellenberger.

Un ingegnere interno fece presente questo problema all’allora dirigente di Twitter, Yoel Roth, scrivendo: “Sento che molti dibattiti sulle eccezioni derivano dal fatto che l’account di Trump non è tecnicamente diverso da quello di qualsiasi altro e tuttavia è trattato in modo diverso a causa del suo status personale, senza corrispondenti regole di Twitter“.

“Le politiche sono una parte del sistema di funzionamento di Twitter […] Ci siamo imbattuti in un mondo che cambia più velocemente di quanto siamo stati in grado di adattare il prodotto o le politiche“, replicò Roth.

Covid

Twitter attuò forme di censura anche sul fronte sanitario. Secondo quanto emerso dai precedenti Twitter Files, nella “lista nera delle tendenze” finì per esempio Jay Bhattacharya: professore di medicina all’Università di Stanford e “colpevole” di aver criticato i lockdown pandemici.

Così Musk ha paragonato il virologo Anthony Fauci al personaggio tolkieniano di Grima Vermilinguo, chiedendo esplicitamente che venga perseguito a livello penale.

Musk ha anche dichiarato che presto saranno pubblicati i files relativi alla censura in materia pandemica, risalenti alla gestione di Jack Dorsey.

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