Per la prima volta è stata ottenuta in un laboratorio americano una fusione nucleare. L’esperimento potrebbe portare (tra qualche decennio) alla produzione di energia pulita, inesauribile e a basso costo
L’esperimento della fusione nucleare degli USA spiegato brevemente. Un gruppo di ricercatori statunitensi del Livermore National Laboratory, in California, è riuscito per la prima volta ad ottenere da una reazione di fusione nucleare (il processo che porta 2 nuclei atomici leggeri a combinarsi tra loro per formarne uno più pesante) più energia di quanta ne avessero impiegata inizialmente per innescarla. Lo hanno riferito alcuni rappresentanti del dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti nel corso di una conferenza stampa organizzata a Washington, il 13 dicembre.
Anche se negli ultimi anni erano stati raggiunti risultati soddisfacenti grazie ad altri esperimenti, nessuno era mai arrivato così lontano come il team del Lawrence.
Questo risultato, almeno per il momento, non cambierà le nostre vite. È ancora troppo presto per pensare di costruire centrali a fusione nucleare che producano energia pulita in abbondanza. Alcuni studiosi, anzi, ritengono che così in alto non ci arriveremo mai. Altri, invece, credono che tale modo di generare energia non sia impossibile da riprodurre su larga scala e con una certa continuità. In questo caso, però, ci vorranno almeno 20, o 30 anni per ottenere risultati più concreti. Un tempo troppo lungo se si vogliano rispettare i limiti alle emissioni di CO2 sottoscritti a livello internazionale.
“Questo è un risultato storico per i ricercatori e lo staff della National Ignition Facility che hanno dedicato le loro carriere a vedere l’innesco per fusione diventare realtà, e questo punto di svolta sprigionerà altre scoperte“, ha detto la segretaria al dipartimento americano dell’energia, Jennifer Granholm. “È un’importante svolta scientifica che porterà a progressi nella difesa nazionale e nel futuro dell’energia pulita“, ha aggiunto.
“Un tremendo esempio di ciò che la perseveranza può ottenere“, ha aggiunto Arati Prabhakar, direttore dell’ufficio per la scienza e la tecnologia della Casa Bianca.
“Si tratta di una delle sfide più significative mai affrontate dall’umanità“, le ha fatto eco Kim Budin, direttrice del laboratorio nazionale “Lawrence Livermore“, dove il 5 dicembre scorso è avvenuto con successo il test che ha fatto la storia. Budin ha, però, detto che ci vorrà molto tempo prima di arrivare a una svolta anche industriale dell’esperimento. “Questa è stata una accensione, per una sola volta, di una capsula ma per ottenere l’energia commerciale da fusione c’è bisogno di molte cose. Bisogna essere in grado di produrre molti eventi di innesco per fusione per minuto e bisogna avere un robusto sistema di elementi di trasmissione per realizzarli. Ma con sforzi e investimenti concertati, e alcuni decenni di ricerca sulle tecnologie necessarie, saremo nella posizione di costruire una centrale elettrica“.
Differenza tra fissione e fusione nucleare
Ad oggi, le attuali centrali nucleari sparse in tutta Europa (e non solo) creano energia elettrica attraverso la fissione nucleare.
Si tratta di un processo che induce i nuclei di alcuni atomi pesanti (tra cui gli isotopi plutonio 239 e uranio 235) a spezzarsi. Da tale “frattura” si generano nuclei più piccoli, cioè con numero atomico inferiore (dato dal numero di protoni nel nucleo). Questo processo libera una grande quantità di energia termica, che le centrali sfruttano, dopo una serie di processi di trasformazione, per muovere le turbine e produrre energia elettrica. Questo procedimento genera energia a basso costo e ha un impatto ambientale minore rispetto ai processi che utilizzano combustibili fossili.
Ci sono, però, almeno un paio di punti a sfavore di questo procedimento:
- la pericolosità della reazione, che deve essere seguita in ogni sua fase per evitare che se ne inneschi una non voluta, con gravi conseguenze;
- la produzione di scorie radioattive, gli “scarti” del processo che hanno bisogno di specifici trattamenti e luoghi in cui essere conservati.
Motivi per cui da decenni i ricercatori tentano in sostituzione la strada della fusione, un processo che imita ciò che accade all’interno del Sole, ma che è difficile da replicare sulla Terra.
Se nella fissione i nuclei degli atomi più pesanti vengono spezzati, nel caso della fusione avviene l’opposto: i nuclei leggeri (è il caso dell’idrogeno, ad esempio) si uniscono a formarne di più pesanti. Tale passaggio rilascia enormi quantità di energia, senza emettere anidride carbonica.
Per questo motivo, se si riuscisse ad utilizzare la fusione nei processi quotidiani, avremmo energia pulita, immetteremmo minore quantità di gas serra nell’ambiente, non ci troveremmo a dover gestire le scorie radioattive della fissione (la fusione produce rifiuti trascurabili), e ridurremmo al minimo i rischi di disastri nucleari. Inoltre, i reagenti utilizzati nella reazione sono facilmente reperibili e impiegandone pochi grammi è possibile produrre l’energia di cui ha bisogno una persona in un paese sviluppato in 60 anni.
L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (iaea) ha detto che “la fusione potrebbe generare 4 volte più energia per chilogrammo di combustibile rispetto alla fissione (utilizzata nelle centrali nucleari) e quasi quattro milioni di volte più energia rispetto alla combustione di petrolio o carbone“.
Tuttavia, è un processo molto complicato da replicare, principalmente per il comportamento degli atomi. Questi, per loro natura, tendono a respingersi tra di loro. Per questo motivo, “convincerli” a fondersi implica l’utilizzo di temperature al di fuori della nostra immaginazione, quelle per intenderci raggiunte all’interno del Sole (o nelle stelle): 10 milioni di gradi Celsius, temperatura che fornisce ai nuclei la forza necessaria per superare la loro reciproca repulsione elettrica, permettendogli di unirsi.
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