Sempre più comuni italiani stanno vietando l’installazione di antenne 5G, chiedendo maggiore prudenza e più prove scientifiche sugli effetti sulla salute dei cittadini. Il governo sta elaborando un piano per coprire aree alternative
Sempre più comuni italiani stanno vietando l’installazione di antenne 5G, chiedendo maggiore prudenza e più prove scientifiche sugli effetti sulla salute dei cittadini. Nel frattempo, il governo, in collaborazione con Inwit, Tim e Vodafone, sta elaborando un piano per coprire aree alternative nel caso in cui le amministrazioni locali non sblocchino i permessi necessari. Questo emerge dalla nuova Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), recentemente pubblicata dalla Corte dei Conti, che include il Piano Italia 5G tra i programmi in difficoltà.
Il Piano Italia 5G è un intervento pubblico del governo per incentivare la creazione di infrastrutture di rete 5G nelle aree a fallimento di mercato, cioè quelle dove il libero mercato non riesce a fornire servizi efficienti. Questo progetto fa parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e della Strategia italiana per la Banda Ultra Larga, con l’obiettivo di sviluppare una rete in banda ultra-larga in tutto il territorio nazionale, coerente con gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea.
Il piano mira a migliorare la connettività radiomobile mediante collegamenti in fibra ottica e la densificazione delle infrastrutture di rete, per garantire velocità di downlink e uplink più elevate in aree prive di adeguata connettività. Negli ultimi mesi, però, l’installazione delle antenne ha incontrato ostacoli, soprattutto a causa dell’opposizione di diverse amministrazioni comunali che hanno ritardato o negato i permessi necessari.
Secondo la Relazione di maggio sullo stato di attuazione del Pnrr, pubblicata dalla Corte dei Conti, sono state coperte solo 160 aree su 1.385, circa l’11,6%, mentre la copertura effettiva riguarda solo il 7,7% delle aree. La revisione del Piano prevede di estendere la copertura 5G a 1.400 km di aree a fallimento di mercato, di cui 500 kmq già coperti. Questo perché la popolazione è spesso concentrata in punti specifici vicini ad aree già servite, rendendo necessaria una ridefinizione del perimetro dell’intervento.
Il Dipartimento per la trasformazione digitale ha avviato una cooperazione con le amministrazioni meno collaborative e ha commissionato una relazione riepilogativa delle criticità riscontrate, per individuare zone alternative in cui attuare il piano di recupero se necessario. Questo processo di individuazione delle aree alternative è ancora in corso e deve soddisfare alcuni criteri specifici: le nuove zone devono far parte della mappatura iniziale, rientrare nella stessa area geografica del comune che ostacola gli impianti, e ottenere l’accordo di Inwit e di almeno uno degli operatori del servizio finale, che devono trovare la nuova area economicamente sostenibile.
La creazione di questo piano è necessaria non solo per rispettare le scadenze del Pnrr, ma anche per raggiungere gli obiettivi europei di connettività della Gigabit Society 2025 e della Digital Decade 2030. Secondo la Commissione Europea, l’Italia ha una probabilità “bassa” di raggiungere l’obiettivo di fornire a tutte le famiglie una velocità di download di almeno 100 megabit, aggiornabili a 1 gigabit al secondo. L’Italia si trova in una posizione sfavorevole rispetto ad altri paesi europei, a causa di vari fattori come la topografia, la complessità dei processi amministrativi, competenze digitali inferiori alla media e scarsa copertura di reti ultraveloci fisse.
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