Nel 2030, si prevede che il numero di persone non autosufficienti in Italia raggiungerà i 5 milioni, ma l’assistenza domiciliare per molti di loro rischia di rimanere un miraggio. Attualmente, l’Italia offre solo 18 ore di assistenza domiciliare integrata (Adi) all’anno, molto meno delle 20 ore mensili raccomandate dagli standard europei per garantire una vita dignitosa a chi è non autosufficiente.
Secondo l’ultimo rilevamento di Agenas, nel 2023 circa 529.000 anziani in più hanno beneficiato dell’Adi, portando il totale a quasi un milione, pari al 6,9% degli over 65. Tuttavia, Alessandro Chiarini, presidente del Coordinamento nazionale delle famiglie con disabilità (Confad), ha criticato aspramente questi dati, sottolineando che il servizio è gravemente insufficiente.
Un rapporto del Ministero della Salute ha rivelato che, sebbene circa due milioni di persone abbiano ricevuto assistenza domiciliare nell’ultimo anno, le ore effettivamente erogate sono solo 18 all’anno, contro le 20 mensili necessarie per evitare il peggioramento delle condizioni di salute.
La situazione è peggiorata dopo la pandemia. Un’indagine dell’Osservatorio Malattie Rare ha mostrato che nel 60% dei casi le prestazioni sono notevolmente diminuite e in un ulteriore 8% si è registrata una riduzione delle ore di assistenza. Complessivamente, in sette casi su dieci, l’assistenza è peggiorata.
Questa carenza di assistenza domiciliare non solo rappresenta un problema per chi ha bisogno di cure, ma comporta anche un costo maggiore per lo Stato. Salvatore Pisani, epidemiologo e direttore del centro studi Fismu, ha evidenziato che la riduzione dell’Adi porta a un aumento dei ricoveri ospedalieri, aggravando ulteriormente il sistema sanitario.
Il problema è particolarmente grave al Sud, dove molti anziani non autosufficienti vengono assistiti a casa dai familiari, spesso a causa delle difficoltà economiche a sostenere le rette delle RSA. Chiarini ha inoltre evidenziato che l’assistenza domiciliare è spesso destinata principalmente agli anziani, nonostante la legge 328 del 2000 preveda progetti di vita indipendente anche per persone più giovani. L’assistenza per i minori di 14 anni è spesso inesistente.
L’Adi è sempre più gestita da cooperative private che, per risparmiare, spesso inviano operatori socio-sanitari invece di infermieri, fisioterapisti e medici. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) dovrebbe migliorare l’offerta di servizi, ma la mancanza di infermieri e fisioterapisti sul mercato rischia di vanificare questi sforzi, lasciando molti italiani senza l’assistenza domiciliare di cui hanno bisogno.