Matteo Salvini ha cambiato posizione sulla direttiva Bolkestein?

Dopo anni di promesse, Matteo Salvini sembra aver cambiato posizione sulla direttiva Bolkestein, accettando l’idea che le norme europee sulla messa a gara delle concessioni balneari debbano essere rispettate (in cambio però di due condizioni)

Matteo Salvini ha cambiato posizione sulla direttiva Bolkestein?

Dopo anni di promesse, Matteo Salvini sembra aver cambiato posizione sulla direttiva Bolkestein, accettando l’idea che le norme europee sulla messa a gara delle concessioni balneari debbano essere rispettate. In passato, il leader della Lega aveva spesso dichiarato ai suoi elettori che, una volta al governo, avrebbe superato o cancellato la direttiva, approvata nel 2006 sotto la guida del commissario europeo Frits Bolkestein, e che impone all’Italia di mettere a gara le concessioni degli stabilimenti balneari, una norma finora largamente ignorata. Tuttavia, Salvini ora sembra essersi “arreso” di fronte alla prospettiva di un possibile conflitto con l’Unione europea e la giustizia amministrativa italiana, accettando la necessità di conformarsi alla direttiva.

Le parole di Salvini

Durante un intervento al Versiliana Festival a Marina di Pietrasanta l’8 agosto, Matteo Salvini ha dichiarato che la maggioranza di governo ha raggiunto un accordo su come affrontare la direttiva Bolkestein con l’Unione Europea. Il leader della Lega ha spiegato che è stato dato mandato al ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, di negoziare con l’UE sulla base di due principi condivisi con lavoratori, imprenditori e gestori: la prelazione e l’indennizzo.

Salvini ha riconosciuto che è necessario rispettare la direttiva Bolkestein per evitare il rischio di infrazione, come evidenziato dalle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di giustizia dell’UE. Ha affermato che ignorare la direttiva sarebbe “un suicidio” poiché lascerebbe ogni stabilimento balneare nelle mani della giustizia.

Secondo Salvini, la sua proposta prevede che chi gestisce una spiaggia da generazioni debba avere il diritto di rilanciare un’offerta prima di perderla a favore di un nuovo concorrente. Inoltre, se un gestore non può più sostenere l’attività o riceve un’offerta insostenibile, dovrebbe essere compensato per gli investimenti effettuati nel tempo. Salvini ha espresso la speranza che l’Unione Europea accetti questi criteri, che considera di “assoluta ragionevolezza e buon senso”, sottolineando che altrimenti potrebbero sorgere ulteriori problemi legati alle infrazioni già aperte dalla Commissione europea.

Che cosa ha fatto il governo

Nel programma elettorale della coalizione che sostiene il governo Meloni, era stata promessa la “tutela della nautica e delle imprese balneari”, un impegno espresso in termini piuttosto generici. Da quando è entrato in carica il 22 ottobre 2022, il governo ha adottato una strategia di rinvio. Con il decreto “Milleproroghe”, convertito in legge a febbraio 2023, è stata prorogata la validità delle concessioni balneari fino alla fine del 2024, con la possibilità di un ulteriore rinvio fino alla fine del 2025 in presenza di “ragioni oggettive” che impediscano lo svolgimento delle gare. Inoltre, il governo ha istituito un tavolo tecnico per mappare le concessioni balneari, con l’obiettivo di dimostrare all’Unione Europea che in Italia non esiste una scarsità di spiagge, e che quindi le gare non sarebbero necessarie.

Tuttavia, ad aprile 2024, il Consiglio di Stato ha annullato la proroga delle gare, sostenendo che la risorsa “spiagge” è certamente scarsa, ribadendo quanto già stabilito in precedenti sentenze del novembre 2021. In quell’occasione, il Consiglio di Stato aveva affermato che il diritto europeo prevale su quello nazionale e che le concessioni allora in vigore avrebbero potuto rimanere valide solo fino alla fine del 2023.

Le misure adottate finora dal governo Meloni hanno suscitato insoddisfazione tra alcuni lavoratori del settore balneare. Il Sindacato italiano balneari (Sib) e la Federazione italiana imprese balneari (Fiba) hanno organizzato uno sciopero il 9 agosto, con la chiusura degli stabilimenti balneari per due ore, dalle 7:30 alle 9:30. Le due organizzazioni hanno avvertito che lo sciopero sarà ripetuto, con una durata maggiore, se il governo non chiarirà la questione delle concessioni.

I due criteri proposti da Salvini, relativi alla prelazione e all’indennizzo, non rappresentano una novità. Già nell’agosto 2022, poco prima delle elezioni politiche, il Parlamento aveva approvato definitivamente la legge sulla concorrenza, frutto di un compromesso tra i partiti che sostenevano il governo Draghi, tra cui la Lega. Quella legge delegava il governo a riformare le norme sulle concessioni balneari, includendo il principio di considerare adeguatamente, nelle gare, chi aveva già esperienza nel settore e di riconoscere indennizzi per chi perdeva la concessione in base agli investimenti effettuati. Tuttavia, il governo Meloni non ha ancora esercitato questa delega, e per questo è stato criticato da diverse organizzazioni del settore balneare.

La procedura d’infrazione

Matteo Salvini sembra aver modificato la sua posizione sulla direttiva “Bolkestein” a causa della minaccia concreta di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea. Tuttavia, questa situazione non è del tutto nuova. Già nel 2020, la Commissione Europea aveva inviato all’Italia una “lettera di messa in mora”, segnalando il mancato rispetto della direttiva da parte del Paese. Questo atto rappresenta il primo passo verso l’apertura di una procedura d’infrazione, uno strumento utilizzato dall’UE per garantire che il diritto europeo venga rispettato in tutti gli Stati membri.

A novembre 2023, la Commissione Europea ha nuovamente sottolineato che le misure adottate dall’Italia non sono state sufficienti, inviando un “parere motivato” al governo Meloni. Questo documento conferma lo stato di inadempimento dell’Italia rispetto alla direttiva “Bolkestein”. L’8 agosto, una portavoce della Commissione ha dichiarato che le autorità europee sono da mesi in stretto contatto con il governo Meloni per cercare una soluzione che eviti il proseguimento della procedura d’infrazione e le eventuali sanzioni che potrebbero derivarne.

Attualmente, l’Italia ha 72 procedure d’infrazione in corso, di cui 53 per violazione del diritto europeo e 19 per il mancato recepimento di direttive.

Perché è difficile cancellare la “Bolkestein”

La difficoltà nel cancellare la direttiva “Bolkestein” risiede nei complessi meccanismi che regolano il processo legislativo dell’Unione Europea. Anche se il governo Meloni considera questa direttiva sbagliata, modificare o abrogare una direttiva europea è un’operazione estremamente complicata, e non può essere effettuata dai singoli Stati membri.

Le direttive europee vengono proposte dalla Commissione Europea, poi discusse, modificate e approvate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea. A differenza dei regolamenti, che diventano immediatamente applicabili una volta approvati, le direttive impongono obblighi agli Stati membri, concedendo loro un certo tempo per adeguarsi. Se uno Stato non rispetta questi obblighi, si avvia una procedura d’infrazione, poiché il diritto europeo ha prevalenza su quello nazionale, e nessuno Stato può adottare misure in contrasto con una direttiva europea.

Se il governo italiano volesse realmente modificare o abrogare la direttiva “Bolkestein”, dovrebbe cercare di influenzare il processo a livello europeo. Questo significa convincere la Commissione Europea, attualmente presieduta da Ursula von der Leyen, rieletta senza il sostegno di Fratelli d’Italia e della Lega. Inoltre, sarebbe necessario ottenere una maggioranza favorevole nel Parlamento Europeo, dove i gruppi parlamentari di cui fanno parte Fratelli d’Italia e la Lega, ossia i Conservatori e Riformisti Europei e i Patrioti per l’Europa, non sostengono la Commissione in carica. Lo stesso vale per il Consiglio dell’UE, dove si riuniscono i ministri degli Stati membri, e dove sarebbe altrettanto necessario costruire una maggioranza per modificare la direttiva “Bolkestein”.

L'informazione è di parte! Ci sono giornali progressisti e giornali conservatori. La stessa notizia ti viene raccontata in modo diverso. Se cerchi un sito che ti spieghi le cose con semplicità, e soprattutto con imparzialità, allora questo è il posto giusto per te. Cerchiamo notizie e fatti social del momento e li rimettiamo in circolo, senza giri di parole e senza influenzarti con le nostre opinioni.

FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].

Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.
Potrebbero interessarti anche questi articoli: