L’ex procuratore Giuseppe Pignatone indagato per il presunto insabbiamento dell’indagine sui boss Buscemi

Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, è tra gli indagati dalla Procura di Caltanissetta per il presunto insabbiamento dell’indagine sui mafiosi Nino e Salvatore Buscemi e i loro legami con il gruppo Ferruzzi di Raul Gardini

L'ex procuratore Giuseppe Pignatone indagato per il presunto insabbiamento dell'indagine sui boss Buscemi

Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma, è tra gli indagati dalla Procura di Caltanissetta per il presunto insabbiamento dell’indagine sui mafiosi Nino e Salvatore Buscemi e i loro legami con il gruppo Ferruzzi di Raul Gardini. La notizia è stata riportata da Repubblica, che ha spiegato come Pignatone abbia ricevuto un invito a comparire e si sia presentato a Caltanissetta per essere interrogato dal capo dell’ufficio, Salvatore De Luca. L’inchiesta è coordinata anche dall’aggiunto Pasquale Pacifico e dai sostituti Davide Spina, Claudia Pasciuti e Nadia Caruso.

Pignatone, già procuratore aggiunto a Palermo e a capo delle procure di Reggio Calabria e Roma, è ora presidente del tribunale di Città del Vaticano. A Caltanissetta è indagato per favoreggiamento alla mafia, in concorso con l’ex procuratore Pietro Giammanco (deceduto nel 2018), il collega Gioacchino Natoli e il capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Sia Natoli che Screpanti hanno ricevuto l’invito a comparire e sono già stati interrogati. Natoli si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre Screpanti ha respinto le accuse.

L’inchiesta di Caltanissetta ruota attorno a un’indagine collegata, aperta a Palermo su input della procura di Massa-Carrara, riguardante le infiltrazioni di Cosa nostra nelle cave di marmo in Toscana. Nel 1992, Natoli chiese e ottenne l’archiviazione di questo fascicolo, che coinvolgeva Nino e Salvatore Buscemi e il boss Francesco Bonura. Secondo l’accusa, Natoli, Giammanco, Screpanti e Pignatone avrebbero aiutato i sospettati a eludere le investigazioni, svolgendo un’indagine apparente, con intercettazioni telefoniche limitate e la mancata trascrizione di conversazioni rilevanti.

Questa vicenda è stata esaminata dalla commissione Antimafia e ha suscitato polemiche. Nel settembre 2023, l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, ha legato l’indagine al dossier Mafia e appalti, considerato come il movente segreto della strage di via d’Amelio, e ha accusato Natoli di aver chiesto di smagnetizzare le intercettazioni dei fratelli Buscemi. Natoli ha risposto a queste accuse spiegando che la smagnetizzazione delle bobine era una prassi dettata dalla necessità di riutilizzare il materiale a causa della carenza di fondi e di spazi fisici per la conservazione. Queste spiegazioni sono contenute in un documento di 28 pagine depositato agli atti dell’Antimafia e inviato alla procura di Caltanissetta.

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