Il Senato ha approvato definitivamente il decreto legge sulle materie prime critiche di interesse strategico. Il provvedimento è volto a rilanciare le miniere italiane e portare avanti la transizione energetica e digitale
Il Senato ha approvato definitivamente il decreto legge sulle materie prime critiche di interesse strategico, convertendolo in legge. Il provvedimento, già approvato dalla Camera lo scorso 30 luglio, consta di 18 articoli ed è volto a rilanciare le miniere italiane e portare avanti la transizione energetica e digitale, riducendo la dipendenza da Paesi come la Cina o il Congo.
Il decreto introduce procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici, al fine di raggiungere gli obiettivi europei del Critical Raw Materials Act. Per le 34 materie prime considerate critiche dall’UE, l’Italia dovrà raggiungere specifiche quote di estrazione, raffinazione, riciclo e importazioni da singoli Paesi.
Il provvedimento interviene sia sul lato della domanda, con lo studio del fabbisogno nazionale e il monitoraggio delle catene di approvvigionamento, sia sul lato dell’offerta. In questo ambito, è previsto un Programma nazionale di esplorazione, realizzato dall’Ispra entro il 24 maggio 2025 e aggiornato ogni 5 anni, che mira a valorizzare i numerosi giacimenti di materie prime critiche presenti in Italia.
I progetti riconosciuti come strategici dalla Commissione europea avranno accesso a punti di contatto dedicati nei ministeri e a procedure autorizzative rapide. Il ministero dell’Ambiente è competente per le autorizzazioni all’estrazione (entro 18 mesi) e al riciclo (entro 10 mesi), mentre il ministero delle Imprese lo è per quelle alla trasformazione (entro 10 mesi).
Per incentivare i progetti nazionali e assicurare l’approvvigionamento da Paesi terzi, è stato potenziato il Fondo nazionale made in Italy, che partirà da un miliardo di euro e sarà alimentato anche da un nuovo sistema di royalty sul modello di quello per gli idrocarburi.
Tuttavia, la governatrice della Sardegna, Alessandra Todde, ha annunciato l’intenzione di impugnare il testo alla Corte Costituzionale, in quanto il decreto minerebbe la competenza esclusiva delle regioni a statuto speciale in materia di cave e miniere e la possibilità di tutelare ambiente e paesaggio.
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