La spesa media per la gestione dei rifiuti urbani sostenuta dai cittadini italiani è aumentata, passando dai 192,3 euro del 2022 ai 197 euro del 2023. È quanto emerge dal nuovo Rapporto Rifiuti Urbani presentato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), durante un evento a cui ha partecipato il viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava
La spesa media per la gestione dei rifiuti urbani sostenuta dai cittadini italiani è aumentata, passando dai 192,3 euro del 2022 ai 197 euro del 2023. È quanto emerge dal nuovo Rapporto Rifiuti Urbani presentato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), durante un evento a cui ha partecipato il viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava.
Le differenze tra le varie zone d’Italia sono marcate: al Nord ogni cittadino spende in media 173 euro, al Centro oltre 233 euro (60 euro in più rispetto al Settentrione) e al Sud circa 211 euro (40 euro in più rispetto al Nord). Questo divario è dovuto alla diversa efficienza dei sistemi di gestione e alla presenza, o meno, di impianti adeguati.
Nel 2023 la produzione di rifiuti urbani è stata di circa 29,3 milioni di tonnellate, con un incremento dello 0,7% rispetto all’anno precedente. I valori pro capite più alti si registrano in Emilia-Romagna, con 639 chilogrammi per abitante, in aumento di 6 chilogrammi rispetto al 2022. Seguono la Valle d’Aosta con 620 chilogrammi (+4 kg) e la Toscana con 586 chilogrammi, in lieve calo (-4 kg). Complessivamente, dieci regioni superano la media nazionale di 496 chilogrammi per abitante.
A livello nazionale, la raccolta differenziata ha raggiunto il 66,6%. Le percentuali variano a seconda delle aree: al Nord il 73,4%, al Centro il 62,3% e al Sud il 58,9%. Tra i progressi più rilevanti si segnala Bologna, che ha aumentato la sua percentuale di raccolta dal 63,2% del 2022 al 72,9% del 2023, diventando la prima città con oltre 200.000 abitanti a superare il 65%, obiettivo fissato a livello nazionale.
In generale, quasi il 71% dei comuni italiani ha superato la soglia del 65% di raccolta differenziata, mentre l’88,3% dei comuni intercetta almeno la metà dei rifiuti urbani in modo differenziato. Veneto ed Emilia-Romagna registrano i valori più alti, rispettivamente con il 77,7% e il 77,1%.
Il 50,8% dei rifiuti urbani prodotti viene riciclato, una percentuale in crescita rispetto al 2022 (49,2%). Lo smaltimento in discarica riguarda il 15,8% dei rifiuti prodotti, in calo rispetto al 18% dell’anno precedente.
Per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti organici, il 56,8% viene gestito in impianti di trattamento anaerobico/aerobico, il 36,9% nei centri di compostaggio e il 6,3% in impianti di digestione anaerobica. Complessivamente, il 53% dei rifiuti urbani è destinato a impianti di recupero, mentre il 19% viene incenerito. Altri flussi comprendono il compostaggio domestico (1%), l’esportazione (5%) e il riutilizzo nei cicli produttivi, come nei cementifici o nelle centrali termoelettriche (1%).
I dati sul riciclo degli imballaggi mostrano un buon andamento, con tutte le frazioni merceologiche che hanno raggiunto i target fissati per il 2025, ad eccezione della plastica, ferma al 48% rispetto all’obiettivo del 50%.
“Nell’ultimo decennio, la quantità di imballaggi recuperati è aumentata del 29%, mentre quelli smaltiti sono diminuiti del 26%”, sottolinea il rapporto. Nonostante i progressi, resta la sfida di ridurre ulteriormente lo smaltimento in discarica al 10% entro il 2035, come richiesto dalla normativa europea, e di portare la percentuale di riciclo al 65% nello stesso anno.
Le nuove metodologie di calcolo, considerate più stringenti rispetto al passato, rendono questo obiettivo ancora più ambizioso. Come spiegato dall’Ispra, tali metodi riguardano sia il riciclo che lo smaltimento, con particolare attenzione agli imballaggi, uno dei flussi maggiormente monitorati a livello europeo.