La Cina ha annunciato di voler mettere in orbita la prima centrale elettrica solare entro il 2030, superando così gli Stati Uniti. Questo progetto prevede la costruzione di un prototipo di dispositivo solare spaziale, che sarebbe il più grande oggetto creato dall’uomo nello spazio. La NASA ha esplorato l’energia solare spaziale sin dagli anni settanta, ma ha abbandonato l’idea a causa dei costi elevati. La luce solare nello spazio è più potente e disponibile costantemente, senza essere influenzata dalle condizioni atmosferiche. Peter Garretson, esperto di energia solare spaziale, ha avvertito che “la Cina produrrà questo dispositivo in meno di 20 anni e noi lo compreremo da loro”
La Cina ha annunciato un ambizioso progetto per costruire la prima centrale elettrica solare orbitante entro il 2030, superando così gli Stati Uniti in questo campo. Questo progetto prevede la realizzazione di un prototipo di dispositivo solare spaziale, noto come SBSP, che diventerebbe il più grande oggetto costruito dall’uomo nello spazio. La NASA ha cercato di sviluppare un’iniziativa simile sin dagli anni settanta, ma senza successo.
Il progetto cinese mira a posizionare la centrale in orbita bassa terrestre (LEO), e rappresenta un ulteriore passo avanti nella competizione globale per il dominio tecnologico nello spazio. La luce solare nello spazio è più intensa rispetto a quella sulla Terra, è disponibile costantemente e non è influenzata dalle condizioni atmosferiche. Questo rende l’energia solare spaziale particolarmente attraente.
Peter Garretson, esperto di SBSP e collaboratore dell’American Foreign Policy Council, ha dichiarato: “La Cina produrrà questo dispositivo in meno di 20 anni e noi lo compreremo da loro”. L’energia rappresenta circa il 10% del prodotto interno lordo mondiale, il che implica che il primo paese in grado di sviluppare un’infrastruttura SBSP potrebbe controllare un mercato potenziale da miliardi di dollari.
Si stima che l’industria globale delle centrali solari spaziali supererà i 1.000 miliardi di dollari entro il 2040. Un progetto statunitense in questo settore potrebbe generare migliaia di posti di lavoro ben retribuiti nel campo dell’ingegneria e dei servizi di supporto. David Steitz, ex vice amministratore associato per la tecnologia della NASA, ha avvertito che gli Stati Uniti rischiano di perdere la corsa all’energia solare spaziale a favore della Cina, come già accaduto con l’energia solare convenzionale. Steitz ha sottolineato che gli Stati Uniti mancano di coordinamento e impegno a livello nazionale, a differenza della Cina che ha un programma mirato.
In Occidente, Baiju Bhatt, uno dei co-fondatori dell’app di investimento Robinhood, ha lanciato una startup chiamata Aetherflux. Questa azienda prevede di costruire una costellazione di satelliti in orbita terrestre bassa (LEO) che utilizzeranno laser a infrarossi per trasmettere energia a piccole stazioni terrestri. A differenza del grande progetto cinese, Aetherflux si propone di fornire energia elettrica da fonte solare a località isolate o difficili da raggiungere.
Il progetto cinese è frutto di decenni di ricerca e sviluppo ed è guidato dall’Accademia Cinese di Tecnologia Spaziale (CASC). Entro il 2025, i ricercatori cinesi intendono testare una versione prototipale in orbita, seguita dalla costruzione della versione operativa entro il 2030. La centrale sarà in grado di generare fino a un gigawatt di potenza, equivalente alla capacità di una centrale nucleare terrestre di medie dimensioni.
Questo progetto non riguarda solo la tecnologia, ma anche geopolitica. La capacità di controllare una fonte innovativa come le centrali solari spaziali potrebbe cambiare gli equilibri globali. Gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno sviluppare tecnologie competitive e stabilire norme internazionali per regolamentare l’uso dello spazio come risorsa condivisa.