Ivan Robert Marko Milat (Guildford, 27 dicembre 1944 – Randwick, 27 ottobre 2019) è stato un serial killer e criminale australiano, arrestato e condannato negli anni novanta per sette omicidi
Ivan Robert Marko Milat, nato il 27 dicembre 1944 a Guildford, un sobborgo di Sydney, è stato un serial killer e criminale australiano, noto per aver assassinato sette giovani backpackers nella Belanglo State Forest tra il 1989 e il 1993. Milat è cresciuto in una famiglia numerosa e povera, essendo il quinto di quattordici figli. Il padre, un emigrante jugoslavo, era descritto come violento e alcolista, e la famiglia era conosciuta per i piccoli crimini commessi dai suoi membri.
Fin da giovane, Milat mostrava comportamenti antisociali e fu incarcerato per la prima volta a 17 anni per furto. Negli anni successivi, continuò a essere arrestato per vari reati, tra cui tentativi di rapimento e violenza sessuale, ma non fu mai condannato. Nel 1975 iniziò a lavorare come camionista e, insieme a un fratello, si unì all’agenzia stradale che si occupava della manutenzione delle autostrade.
Nel 1989, Milat iniziò la sua serie di omicidi, prendendo di mira backpackers che facevano autostop. Le sue vittime, tutte tra i 19 e i 22 anni, furono rapite, torturate e infine uccise. I loro corpi furono trovati parzialmente sepolti nella foresta, con evidenti segni di violenza, tra cui coltellate e colpi di arma da fuoco. Milat fu arrestato nel 1994 e condannato nel 1996 a sette ergastoli senza possibilità di libertà condizionata.
Milat morì il 27 ottobre 2019 in carcere, a causa di un cancro. La sua morte ha lasciato irrisolte molte domande riguardo a possibili ulteriori omicidi, poiché era sospettato di essere coinvolto in altri casi di persone scomparse. Durante il processo, i suoi legali tentarono di addossare la colpa a uno dei suoi fratelli, ma non ci furono prove sufficienti per supportare questa teoria. La brutalità dei suoi crimini ha avuto un impatto duraturo sulla società australiana, rendendo il nome di Milat sinonimo di terrore.
Backpacker Murders
“I delitti dei saccopelisti”, noti anche come Backpacker Murders, si riferiscono a una serie di omicidi avvenuti negli anni novanta nella Belanglo State Forest, situata a 15 chilometri a sud-ovest di Berrima, nel Nuovo Galles del Sud, Australia. Le vittime erano giovani turisti che erano stati visti per l’ultima volta mentre facevano autostop.
Il 20 settembre 1992, due orientatori trovano dei resti umani in decomposizione nella foresta e avvertono la polizia, che scopre un secondo cadavere poco distante. Le vittime vengono identificate come Caroline Clarke e Joanne Walters, due turiste inglesi di 22 anni. Walters presenta 15 coltellate su tutto il corpo, mentre Clarke è stata colpita 10 volte alla testa con un fucile. Entrambe erano scomparse cinque mesi prima a Sydney.
Il 5 ottobre 1993, un uomo locale scopre delle ossa in una zona remota della Belanglo, che appartengono a James Gibson e Deborah Everist, una coppia di diciannovenni di Melbourne. I due erano scomparsi il 30 dicembre 1989 dopo aver lasciato Sydney per partecipare a un festival. Entrambi sono stati accoltellati.
Il 1° novembre 1993, durante un’ispezione della polizia, viene trovato un altro cadavere, quello di Simon Schmidl, una turista tedesca di 20 anni, che presenta otto segni di coltellate sulla schiena. Nei pressi del suo corpo vengono rinvenuti vestiti appartenenti a un’altra turista tedesca, Anja Habschied, di 20 anni. I corpi di Habschied e del suo fidanzato, Gabor Neugebauer, vengono scoperti sepolti a pochi metri di distanza. Habschied è stata decapitata e la sua testa non è mai stata ritrovata, mentre Neugebauer è stato colpito sei volte alla testa con un fucile. I due erano scomparsi il 26 dicembre 1991 dopo aver lasciato un ostello a Kings Cross.
Le indagini portano alla luce un quadro inquietante, con tutte le vittime che presentano segni di violenza e che sono state sepolte in luoghi remoti della foresta. Ivan Milat, un uomo con precedenti penali, viene arrestato nel 1994 e condannato per questi omicidi. La brutalità di questi crimini ha scosso profondamente l’opinione pubblica australiana, rendendo i “delitti dei saccopelisti” uno dei casi più noti e inquietanti della storia criminale del paese.
Indagini e arresto
Le autopsie effettuate sui corpi delle vittime rivelano che non sono morte immediatamente, ma hanno subito torture prima di essere uccise. Si sospetta anche che ci siano stati casi di violenza sessuale, poiché alcuni indumenti intimi sono stati trovati strappati. Inoltre, non si esclude la possibilità che gli omicidi siano stati commessi da due o più persone. Sulle scene del crimine sono stati rinvenuti bossoli di un fucile calibro .22 e mozziconi di sigaretta, indicando che l’assassino potrebbe aver trascorso del tempo con le vittime.
Gli investigatori, dopo aver creato un profilo dell’assassino, iniziano a esaminare vari registri, tra cui quelli dei veicoli immatricolati nel Nuovo Galles del Sud, i registri di polizia, le licenze per le armi e le iscrizioni in palestra. Inizialmente, l’elenco degli indagati conta poco più di duecento nomi, ma viene successivamente ridotto a trentadue, tra cui Ivan Milat. L’analisi dei bossoli e dei proiettili rinvenuti aiuta a collegare i diversi omicidi.
La svolta nelle indagini avviene il 13 novembre 1993, quando Paul Onions, un giovane britannico, contatta la polizia. Racconta che il 25 gennaio 1990, mentre faceva autostop nei pressi di Sydney, ha accettato un passaggio da un uomo con baffi a manubrio di nome “Bill”. Ai margini della Belanglo State Forest, l’uomo gli ha puntato una pistola e ha cercato di legarlo con una corda, ma Onions riesce a fuggire. Questa data è un giorno feriale, il che consente agli inquirenti di verificare chi tra i trentadue indagati non era al lavoro, e Milat risulta essere l’unico assente. Inoltre, il veicolo di Milat corrisponde alla descrizione fornita da Onions.
Onions torna in Australia il 5 maggio 1994 e riconosce Milat tra le fotografie che gli vengono mostrate, identificandolo come “Bill”. Di conseguenza, Milat viene arrestato il 22 maggio 1994, due settimane dopo, quando cinquanta agenti di polizia circondano la sua casa, situata vicino alla Belanglo State Forest. Durante la perquisizione dell’abitazione, gli agenti trovano un deposito di armi che include un fucile Anschütz Modello 1441/42 calibro .22, pezzi di un fucile Ruger 10/22 compatibile con quello utilizzato negli omicidi, una pistola Browning e un coltello Bowie. Inoltre, vengono scoperti oggetti appartenenti alle vittime, come zaini, sacchi a pelo, vestiti e macchine fotografiche, nascosti in nicchie. Le abitazioni della madre di Milat e di cinque dei suoi fratelli, Alex, Boris, Walter, Bill e Richard, vengono anch’esse perquisite.
Processo, anni successivi e morte
Il processo a Ivan Milat per i “delitti dei saccopelisti” si svolge a Sydney il 26 marzo 1996 presso la Corte Suprema del Nuovo Galles del Sud. Nonostante le prove schiaccianti contro di lui, Milat si dichiara innocente per tutte le accuse. Il suo avvocato sostiene che non ci siano prove dirette che lo incriminino e cerca di spostare i sospetti su altri membri della sua famiglia, in particolare su Richard. Durante il processo, 145 persone testimoniano, inclusi alcuni familiari di Milat che tentano di fornire alibi.
Dopo tre mesi di udienze, il 27 luglio 1996, la giuria dichiara Milat colpevole di tutti i capi d’accusa. Viene condannato a sette ergastoli, uno per ciascuna vittima, senza possibilità di libertà condizionata, e a 18 anni per sequestro, rapina e tentato omicidio di Paul Onions.
Negli anni successivi, si specula sulla possibilità che Milat possa aver commesso fino a 37 omicidi. Se fosse confermato, diventerebbe il killer più prolifico della storia australiana, superando Martin Bryant, che ha ucciso 35 persone nel massacro di Port Arthur.
Il 16 maggio 1997, un anno dopo la condanna, Milat tenta di fuggire dal carcere di Maitland Goal con un altro detenuto, ma il tentativo fallisce. Di conseguenza, viene trasferito in un carcere di massima sicurezza a Goulbourn. Milat continua a dichiararsi innocente fino alla morte e, per protesta, inizia a compiere atti di autolesionismo, ingoiando lamette da barba, graffette e altri oggetti di metallo. Il 25 gennaio 2009 si amputò il mignolo della mano sinistra con un coltello di plastica, sperando di ottenere una revisione del processo. Nel 2011, avvia uno sciopero della fame per avere una PlayStation in cella, perdendo 25 kg.
Nel maggio 2019, gli viene diagnosticato un cancro all’esofago in fase terminale. Nei mesi successivi, la polizia e gli investigatori cercano di fargli confessare ulteriori omicidi, ma senza successo. Milat muore il 27 ottobre 2019 all’età di 74 anni a causa di un cancro all’esofago e allo stomaco.
Il 18 luglio 2005, l’ex avvocato di Milat, John Mardsen, ha dichiarato sul letto di morte che Milat era stato aiutato dalla sorella Shirley Soire, con la quale viveva al momento dell’arresto, negli omicidi delle due turiste inglesi Caroline Clarke e Joanne Walters.
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