Sette giovani sono stati denunciati per violenza di gruppo in seguito a un evento che ha coinvolto una giovane ragazza di 19 anni a Palermo
Nella notte del 7 luglio, a Palermo, sette giovani sono stati denunciati per violenza di gruppo in seguito a un evento che ha coinvolto una giovane ragazza. Le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno catturato un gruppo di ragazzi che stavano assistendo la ragazza, visibilmente in difficoltà. Queste immagini, insieme a chat su WhatsApp e a una foto recuperata dai telefoni cellulari, sono state fondamentali per le accuse.
La vittima ha raccontato che quella sera si trovava con un’amica nella zona della Vucciria, ma quest’ultima è poi andata via. Durante la serata, ha consumato vari cocktail e ha incontrato un conoscente, Angelo Flores, il quale ha iniziato a registrare la scena con il suo telefono. Tuttavia, il momento critico è avvenuto in un locale, dove uno dei ragazzi ha proposto di farla ubriacare, promettendo che poi si sarebbero presi cura di lei.
La giovane e i ragazzi si sono spostati in un locale nel cuore della vita notturna palermitana e in seguito al Foro Italico, situato vicino al mare, dove è avvenuta la violenza di gruppo. La ragazza, incapace di camminare, è stata sorretta dai ragazzi. Durante il tragitto, ha cercato di chiedere aiuto, ma nessuno sembrava comprendere la gravità della situazione.
La vittima ha dichiarato ai carabinieri: “Mi sono accasciata a terra perché non riuscivo più a stare in piedi, ma loro continuavano a tenermi e a procedere”. Aggiungendo: “Non sapevo nemmeno dove mi stessero portando, e quando ho chiesto, mi hanno risposto: ‘lo sappiamo noi'”. La ragazza ha cercato disperatamente di opporsi: “Ho gridato, sono caduta a terra battendo la testa, ma loro non si sono fermati, e Angelo rideva. Ho cominciato a implorare ‘basta, basta’, ma i ragazzi si scambiavano di posto”.
La giovane è caduta nuovamente e, nel tentativo di chiedere aiuto, ha preso il suo telefono per chiamare il suo ragazzo. Tuttavia, i ragazzi le hanno strappato il telefono dalle mani e hanno interrotto la chiamata. Successivamente, l’hanno rivestita, l’hanno accompagnata in strada e si sono allontanati. Rimasta sola, si è distesa su un muretto, dove è stata avvicinata da due ragazze che le hanno chiesto se avesse bisogno di aiuto. La ragazza ha chiesto loro di chiamare il suo fidanzato, il che ha portato alla denuncia, alle visite mediche che hanno confermato lo stupro e infine agli arresti.
Sette giovani, tra cui Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Cristian Barone, Samuele La Grassa, Elio Arnao e un minorenne coinvolto, sono stati arrestati. Il minorenne, sebbene inizialmente fosse stato rilasciato e trasferito in una comunità, alla fine ha ammesso la sua colpevolezza davanti al giudice del tribunale dei minorenni di Palermo.
Cos’è successo
Nella notte tra il 6 e il 7 luglio, a Palermo, una giovane di 19 anni è stata vittima di un grave abuso sessuale perpetrato da sette ragazzi, con età compresa tra i 17 e i 22 anni. L’atroce episodio ha avuto luogo in un cantiere abbandonato nei pressi del Foro Italico, non distante dal centro cittadino e dalla zona della Vucciria. La violenza di gruppo è diventata oggetto delle prime pagine dei giornali italiani in poche settimane, e i sette adolescenti (di cui uno minorenne al momento dei fatti) sono stati arrestati e interrogati sulle loro azioni.
L’abuso
Secondo la denuncia della giovane, uno degli aggressori, un giovane di circa 22 anni, l’ha adescata in un bar nella zona della Vucciria. Questo ragazzo, l’unico conosciuto dalla vittima, sembra essere stato colui che ha filmato l’orrore con il suo cellulare. La ragazza è stata invitata a unirsi al tavolo dei suoi amici per trascorrere una serata in compagnia. Al barman del locale, il gruppo avrebbe chiesto di far bere abbondantemente la 19enne, dicendogli di “farla ubriacare per bene” e assicurandosi di “pensare al resto” loro stessi. Tuttavia, l’adolescente, nonostante le richieste del gruppo, ha chiesto al barista di non assecondare tali istruzioni, smettendo di versarle alcolici.
Le sue richieste sono rimaste inascoltate e la giovane è stata sollevata di peso dai sette e trascinata fino al cantiere abbandonato del Foro Italico, dove si è verificata la violenza sessuale. Per impedire alla vittima di opporsi, il gruppo l’ha anche aggredita fisicamente. Una volta soccorsa, la ragazza è stata portata in ospedale, dove ha sporto denuncia. A causa dell’ebbrezza, non si era resa conto di ciò che stava accadendo, seguendo il gruppo dal bar perché credeva che l’avrebbero riaccompagnata a casa.
Le prove
A incriminare il gruppo, oltre al video realizzato da uno degli indagati, sono state le chat relative alla notte del 7 luglio. In alcuni messaggi, uno degli aggressori si vanta della superiorità numerica degli aggressori rispetto alla vittima, descrivendo l’atto come uno “stupro di massa”.
Soccorso della vittima
Dopo l’abuso, una donna ha trovato la giovane a terra in condizioni disperate e ha chiamato il fidanzato della vittima. Quest’ultimo ha raggiunto il luogo dell’aggressione e ha accompagnato la giovane in ospedale, in uno stato di shock evidente.
Profilo dei ragazzi
Dai risultati delle indagini, emerge che la vittima conosceva solo uno dei sette aggressori, il quale avrebbe anche girato il video dell’abuso. Questo giovane, di 22 anni, avrebbe pianificato l’aggressione come una sorta di “punizione” nei confronti della 19enne dopo un suo rifiuto. Uno dei sette aggressori era minorenne al momento dei fatti, ma è stato poi trasferito in un carcere per adulti. È stato uno dei più violenti durante l’abuso sessuale. Dopo aver appreso della denuncia, il gruppo aveva cercato di minacciare la vittima per indurla a ritirare la denuncia.
Video dello stupro e chat
Il video dell’aggressione, girato da uno degli indagati, sarebbe stato inviato a terze persone. Nel filmato, il 22enne non ha mai mostrato il proprio volto, ma ha incitato gli amici a infliggere violenza alla ragazza. Il video ha contribuito all’identificazione del gruppo e fornisce prove significative per sostenere l’accusa contro la 19enne. Successivamente all’abuso, i messaggi del “cameraman” hanno rivelato piani per minacciare la vittima e destabilizzarla emotivamente allo scopo di farle ritirare la denuncia.
Gli scatti fotografici di quella notte
Gli scatti fotografici di quella notte, che delineano la sequenza degli eventi. fanno parte del fascicolo d’inchiesta della Procura di Palermo sullo stupro avvenuto al Foro Italico. La cronologia inizia alla Vucciria.
Angelo Flores, uno dei sette arrestati, conosceva la vittima. Abitavano nello stesso quartiere. Fu Flores ad avvicinarsi a lei il pomeriggio del 6 luglio, proponendo un incontro tramite Instagram in un locale della Vucciria la sera dell’indomani. La ragazza, fidandosi, accettò l’invito. In una delle piazze più vive delle notti palermitane, Angelo si separò dal gruppo e ritornò in compagnia della diciannovenne.
“Angelo era con un certo Cristian e altri cinque, i cui nomi non conosco”, raccontò la ragazza nella denuncia. La notte proseguì tra fumo e alcol in un angolo della città dove l’illegalità dilaga. “Falla bere… poi ci pensiamo noi”, sarebbe stata l’affermazione di uno degli indagati al barista del chiosco abusivo, che continuava a servire shot uno dopo l’altro. 47 minuti dopo la mezzanotte, la serata prese una piega sinistra.
“Due di loro mi hanno preso sottobraccio, mi hanno fatto camminare dai Quattro Canti verso il mare. Ero sola con questi ragazzi, in tutto sette”, continuò la ragazza. Due le toccavano il seno e altri due le parti intime, mentre camminavano e gli altri ridevano. Questo è il secondo scatto, un’immagine che gli indagati negano.
Gli arrestati sostengono che sia stata la ragazza a proporre un rapporto sessuale di gruppo, a suggerire di spostarsi al Foro Italico, a guidarli verso il cantiere abbandonato. Nella fotografia si vede la diciannovenne in testa al gruppo, sostenuta da due degli indagati. La scena è stata catturata dalla telecamera dell’istituto Nautico, 57 minuti dopo la mezzanotte. Era giovedì, e il tratto di corso Vittorio Emanuele era deserto.
“Siamo arrivati al Foro Italico, c’era un’apertura e mi hanno fatto entrare lì. Dopo che mi hanno spogliato…”, così inizia il racconto dello stupro. Alle 1:24, una telecamera riprende il gruppo che si allontana dall’angolo buio del cantiere dove si è consumata la violenza. L’immagine immortalata è quella descritta dalla vittima: “Mi sono allontanata dal gruppo camminando lungo il rettilineo che va verso la strada e ho chiamato il mio ragazzo. Sentivo forti dolori… alcuni ragazzi mi deridevano… quando il mio ragazzo ha risposto, non sono riuscita a dire altro se non che avevo bisogno dell’ambulanza”.
Esausta e senza forze, “mi sono accasciata a terra con il cellulare in mano… sono stata raggiunta da qualcuno che ha chiuso la chiamata e mi ha aiutato a rialzarmi. Mi hanno riportata da Angelo, che era rimasto in disparte. Ho chiesto a lui di chiamare un’ambulanza, ma ha risposto che non lo avrebbe fatto perché non voleva coinvolgere le forze dell’ordine. Poco dopo se ne sono andati, Angelo mi ha aiutato a superare l’ostacolo e poi è partito anche lui”. Infine, la ragazza si è accasciata su un’aiuola, dove è stata soccorsa da due donne.
Cos’ha detto la ragazza
La ragazza, vittima dello stupro di gruppo a Palermo, ha deciso di rompere il silenzio e ha espresso la sua visione dei fatti attraverso diverse storie su Instagram, postate nella notte tra il 25 e il 26 agosto. Ha iniziato affermando: “Chiudetevi la boccuccia… piuttosto che giudicare una ragazza stuprata”. Queste parole sono state pronunciate in risposta alle continue accuse e critiche che ha ricevuto da alcuni utenti, secondo cui anche in parte la colpa dello stupro potrebbe ricadere su di lei.
La ragazza si è difesa da coloro che insinuavano che fosse responsabile della violenza subita, affermando che non lo diceva solo per sé stessa ma anche per altre ragazze che potrebbero affrontare situazioni simili. Ha sottolineato la gravità delle parole che sono state rivolte a lei e ad altre vittime, mettendo in luce la dura realtà del suicidio. Ha detto: “Sapete che significa suicidio?”, evidenziando la profonda sofferenza che tali commenti possono causare.
La ragazza si è riferita agli utenti che, nei suoi video su Instagram e TikTok, l’accusavano di essersi esposta a rischi con il tipo di contenuti che pubblicava. Ha menzionato i commenti che facevano riferimento al suo modo di vestire o di comportarsi. Questi commenti hanno contribuito al fenomeno noto come slut-shaming, in cui si cerca di colpevolizzare la vittima di violenza sessuale basandosi sulla sua condotta.
La giovane vittima ha affrontato il tema dell’educazione e della responsabilità, sottolineando che dovrebbe essere chiara la distinzione tra ciò che una persona fa sui social media e gli atti di violenza perpetrati contro di essa. Ha criticato coloro che hanno cercato di colpevolizzarla per il suo comportamento sui social media, difendendo il suo diritto a essere sé stessa.
La ragazza ha chiuso il suo discorso invitando coloro che la giudicavano negativamente a concentrarsi su altre attività piuttosto che criticare una ragazza che ha subito uno stupro. Ha sottolineato che la colpa non dovrebbe mai ricadere sulla vittima e che ogni donna dovrebbe essere libera di vivere la propria vita senza paura di essere giudicata o colpevolizzata. Ha anche avvertito chi cercava di diffondere materiale relativo allo stupro, ricordando le conseguenze legali per chi si rende responsabile del revenge porn.
Le dichiarazioni della ragazza
“Sono stanca mi state portando alla morte. Io stessa anche senza questi commenti non ce la faccio più. Non ho voglia di lottare né per me né per gli altri. Non posso aiutare nessuno se sto così”. E’ lo sfogo della 19enne in un post su Instagram in cui la sia accusa di aver acconsentito al rapporto con il gruppo di stupratori.
“Mi fate troppo schifo. ‘Io la conosco’, ma chi ca..o vi conosce. Che vi vantate di cose che non avete mai fatto con me”. A scriverlo sui social è la 19enne che ha denunciato i 7 giovani. La giovane, che pochi giorni fa è stata trasferita in una comunità protetta fuori dalla Sicilia, replica a tutte le persone che, anche sui social, hanno detto di aver avuto con lei una relazione: “Non mi farei problemi a dire che sia così, perché alla fine non è un delitto. Ma sentire la gente che inventa le cose mi fa uscire pazza. Che schifo. Quante denunce di diffamazione volete per smetterla?”.
“Se non avessi pubblicato quelle foto su Instagram non ti avrebbero stuprata, e poi ti hanno pure fatto il video…”. E’ uno degli insulti rivolti da un giovane su Instagram alla 19enne che aveva risposto: “Mi avete fatta sentire una merda. però stavo pensando: se mi aveste davanti, mi parlereste così? Mi dispiace solo per i vostri genitori che il rispetto per le donne e l’educazione non ve l’hanno insegnata. Schifo della terra che siete”.
La lettera
In una lunga lettera inviata alla redazione della trasmissione “Zona Bianca” ha rivolto un appello alle donne che, come lei, sono state vittime di stupro.
“Non siamo noi sbagliate, sono sbagliati certi uomini che vedono la donna come un oggetto sessuale e non come un essere pieno di emozioni, sentimenti e vita alle spalle”.
“Molte donne hanno paura di denunciare per vergogna, non dobbiamo essere noi a vergognarci ma chi osa sfiorarci senza il nostro consenso. Ho letto di ragazze che dopo quello che è successo a me non vogliono più uscire… ma perché privarci di uscire? Perché noi? Sono le bestie che si dovrebbero essere private”.
“A volte ci si spaventa per ripercussioni da parte di parenti e amici degli stupratori come è successo a me, che sono stata inondata di minacce. Se ci fosse una protezione completa molte più donne sarebbero disposte a denunciare. Mi dispiace dirlo ma non è sempre così…”
“Ci sono donne che dopo aver denunciato vengono uccise o sfregiate e di certo nessuno vuole rischiare tutto ciò — prosegue la lettera — Se ci fosse più tutela e una legge più incisiva, gli uomini stessi ci penserebbero due volte prima di fare una cosa simile. Molto spesso per loro è un semplice sfogo, ma se si parlasse di ergastolo o comunque di tanti di anni di carcere, ci penserebbero due volte anzi 20 prima di toccare una donna. Poi resterebbero solo i maniaci che purtroppo essendo malati manco gli importa della pena …”.
“Ho sentito parlare di rieducazione per gli stupratori … ma come si fa a pensare di rieducare una persona e lasciarla nuovamente in giro dopo che ha rovinato una ragazza? Ora, se qualcuno provasse a toccarmi, io piangerei. Non sono più capace di interagire con un uomo in tal senso”.
“Non sto sempre bene nonostante ci siano momenti in cui cerco di risollevarmi pensando al futuro. Purtroppo ho affrontato una vita non facile… ma devo andare avanti, controvoglia, ma devo riuscirci. Non solo perché voglio una vita migliore ma anche per mia madre, che nonostante fosse molto malata e bloccata a letto, si faceva sempre vedere col sorriso. Non si è mai arresa, dopo decenni passati in sedia a rotelle”.
“Devono essere forti perché per quanto sporche si possano sentire, per quanto dolore abbiano potuto provare, c’è sempre una soluzione”.
Le minacce dopo lo stupro
Il 4 agosto scorso, la giovane vittima dello stupro di gruppo avvenuto a Palermo si è presentata in caserma per raccontare ai carabinieri di essere stata minacciata da un’altra ragazza, desiderosa che ritirasse la denuncia. L’amicizia con questa ragazza, con cui era uscita la sera dell’aggressione, aveva avuto un ruolo fondamentale. In passato, avevano persino vissuto insieme, ma una lite aveva interrotto il loro rapporto.
La minaccia è arrivata tramite una voce femminile al telefono. L’accusatrice sosteneva che la vittima aveva “fatto arrestare i suoi amici che sono innocenti” e la minacciava di morte, esigendo il ritiro immediato della denuncia.
Fino al 4 agosto, la polizia aveva arrestato tre individui: Angelo Flores, Gabriele Di Trapani e Cristian Barone. Successivamente, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao e Riccardo Parrinello sarebbero stati arrestati con una seconda ordinanza di custodia cautelare richiesta e ottenuta dalla Procura di Palermo.
Inoltre, la vittima ha riferito che sia Angelo Flores che Gabriele Di Trapani avevano cercato di contattarla tramite Instagram poco dopo il 7 luglio, giorno dello stupro, il primo con una chiamata non risposta e il secondo con un messaggio contenente la scritta “Hei”.
La tentata violenza prima dello stupro
Pochi giorni prima dello stupro di gruppo al Foro Italico di Palermo, la 19enne ha vissuto un altro spaventoso episodio, questa volta una tentata violenza da parte di due ragazzi. La ragazza ha raccontato che è riuscita a sfuggire al loro attacco spruzzando loro dello spray al peperoncino negli occhi.
L’incidente è avvenuto quando tre uomini su due scooter si sono fermati e hanno cominciato a insultare la giovane. Uno di loro, che era stato coinvolto in un tentativo di violenza sessuale contro di lei un mese prima, è arrivato addirittura a uno scontro fisico con il fidanzato della diciannovenne.
La ragazza conosceva solo uno dei due aggressori, che aveva incontrato casualmente nella zona della stazione centrale. Inizialmente, le avevano offerto un passaggio, ma invece di accompagnarla a casa, l’hanno portata in un luogo isolato nei pressi del teatro Politeama, lungo la strada che conduce al porto. Uno dei ragazzi l’aveva minacciata, dicendole che doveva fare qualcosa o l’avrebbe uccisa.
Successivamente, uno dei ragazzi l’aveva aggredita, costringendola a terra, mentre l’altro si avvicinava. La ragazza è riuscita a difendersi spruzzando loro dello spray al peperoncino in faccia. Gli aggressori, tamponandosi il viso, l’hanno minacciata di morte e si sono allontanati in sella ai loro scooter.
Il fidanzato della giovane ha scoperto dell’episodio quando lei glielo ha raccontato, anche se non ha voluto fornire tutti i dettagli. Era stato lui a darle lo spray al peperoncino per la sua protezione personale.
Il caso è ora nelle mani dei carabinieri, gli stessi che hanno identificato e arrestato i sette giovani coinvolti nello stupro di gruppo al Foro Italico.
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