La Procura di Napoli ha deciso di interrompere il percorso di collaborazione avviato pochi mesi fa dall’ex capoclan dei Casalesi Francesco ‘Sandokan’ Schiavone
La Procura di Napoli ha deciso di interrompere il percorso di collaborazione avviato pochi mesi fa dall’ex capoclan dei Casalesi Francesco ‘Sandokan’ Schiavone. Gli inquirenti hanno ritenuto che le dichiarazioni finora rilasciate da Schiavone non fossero utili, revocando il programma di protezione cui era stato sottoposto. I pm anticamorra coordinati dal Procuratore Nicola Gratteri hanno poi chiesto il via libera dal Ministero della Giustizia, che ha disposto per Sandokan il ritorno alla detenzione in regime di 41 bis.
Schiavone, arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi, era il terzo membro della sua famiglia a decidere di pentirsi. Prima di lui avevano collaborato il figlio primogenito Nicola, nel 2018, e il secondo figlio Walter, nel 2021. Altri membri della famiglia sono attualmente detenuti, come Emanuele Libero, scarcerato il 15 aprile e sottoposto a fermo (poi confermato dal gip) il 13 giugno, e Carmine.
Gli inquirenti non hanno ravvisato elementi di novità o di interesse investigativo nei racconti di Schiavone, che si riteneva potessero far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.
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