La riforma della Giustizia del governo Meloni prevede una serie di modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario
Cosa prevede la riforma della Giustizia del governo Meloni? La riforma della Giustizia varata dal governo Meloni prevede una serie di modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario.
Il disegno di legge, proposto dal guardasigilli Carlo Nordio, è stato approvato dal Consiglio dei ministri suscitando critiche da parte della magistratura, dell’ordine dei giornalisti e dai partiti di opposizione.
Tra le principali modifiche proposte dal ddl, vi è l’eliminazione del reato di abuso d’ufficio, il divieto di pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni e la limitazione del potere di appello dei pubblici ministeri.
L’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha criticato il provvedimento, ma Nordio sostiene che le modifiche proposte non comporterebbero una mancanza di tutela, affermando che l’arsenale normativo italiano è il più agguerrito d’Europa.
Le modifiche riguardano specificamente l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e le modifiche al reato di traffico d’influenze illecite, nonché il codice di procedura penale per quanto riguarda le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni. Si prevede anche l’estensione del divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, consentendo la pubblicazione solo se riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato durante il dibattimento. Inoltre, si introducono cambiamenti riguardanti l’interrogatorio preventivo in relazione all’applicazione della misura cautelare, la collegialità del giudice per la disposizione della custodia in carcere, l’informazione di garanzia e l’inappellabilità da parte del pubblico ministero delle sentenze di proscioglimento.
Secondo l’Ordine dei giornalisti, le modifiche proposte sembrano essere orientate a favorire gli indagati. Le critiche sono concentrate sul possibile impatto sulla libertà d’informazione, sostenendo che la riforma potrebbe costituire un ostacolo per l’informazione sui fatti di rilevante interesse pubblico.
Le opposizioni politiche sono divise sulla questione, con il Partito Democratico (Pd) e il Movimento 5 Stelle (M5S) che si mostrano fermamente critici, mentre il partito Azione sostiene il provvedimento. +Europa ha evidenziato alcuni punti condivisibili nella riforma.
All’interno del Pd, le posizioni divergono tra i vertici nazionali e gli amministratori locali. Infatti, mentre Elly Schlein si oppone all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, Matteo Ricci, coordinatore dei sindaci dem, lo considera una vittoria per i sindaci italiani.
Carlo Nordio ha espresso la sua volontà di apportare ulteriori cambiamenti, incluso un futuro cambiamento della Costituzione per realizzare una “rivoluzione della giustizia in senso garantista“.
L’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) si è opposta all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, sostenendo che si tratta di un reato che permette di individuare comportamenti criminosi più gravi. L’Anac ha anche sottolineato che l’eliminazione di questo reato creerebbe una situazione di discordanza rispetto alle norme internazionali.
Invece, secondo il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, il governo ha ragione nell’abolire il reato di abuso d’ufficio, a causa del basso numero di condanne registrate nel 2021, che sono state solo 27. Ogni anno vengono aperti quasi 15 fascicoli al giorno, con ogni pubblico ministero che deve gestirne in media 2 e mezzo all’anno. Tra le 5.418 indagini, la stragrande maggioranza, pari a 4.622, si sono concluse nell’ufficio del Giudice delle indagini preliminari, con solo 9 condanne e 4.613 archiviazioni. Questo significa che l’85% delle indagini non porta a nulla.
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