Il terremoto consiste in una serie di vibrazioni prodotte nella crosta terreste in seguito alla rapida liberazione di energia accumulata nelle rocce
Cos’è il terremoto? Il territorio italiano è stato classificato in 3 categorie sismiche, determinate sulla scorta della frequenza ed intensità storica dei terremoti, che corrispondono a livelli crescenti di protezione per le costruzioni che, costruite (o adeguate secondo le norme antisismiche) possono resistere maggiormente e con più efficacia anche scosse di forte intensità.
Ogni anno avvengono circa:
- 50.000 terremoti tra 3 e 4 di magnitudo.
- 800 terremoti tra 5 e 6 di magnitudo.
- 1 terremoti tra 8 e 10 di magnitudo.
Cos’è un terremoto?
Il “terremoto” è una vibrazione del terreno che viene prodotta dalla rottura di grosse masse di roccia che si trovano nel sottosuolo. Nella maggior parte dei casi, il terremoto è provocato dallo scorrimento di masse rocciose in corrispondenza di una “faglia“. In geologia si chiama “faglia” una frattura scomposta della crosta terrestre.
La sismologia è la branca della geofisica che si occupa dei terremoti (o sismi). Lo studio delle deformazioni e delle dislocazioni che le rocce subiscono per opera di forze che agiscono dall’interno del pianeta si chiama “tettonica“. Quindi, il terremoto è un “fenomeno tettonico“.
I fenomeni sismici possono, però, essere di 3 tipi:
- Vulcanici (legati alla presenza di vulcani e dalla loro attività).
- Locali o di franamento (originati dal crollo di cavità sotterranee).
- Tettonici (causati dal movimento delle zolle – i più frequenti).
Come si verifica un terremoto?
Il terremoto avviene in seguito a rapide oscillazioni del suolo dovute al brusco rilascio di energia accumulatasi in una zona sotterranea (compresa tra poche decine di metri e centinaia di km di profondità), che viene definita “ipocentro“. Mentre la sua proiezione sulla superficie terrestre è chiamata “epicentro“.
A seconda dell’ipocentro, i terremoti sono:
- Superficiali (0,60 km).
- Intermedi (60,300 km).Profondo (300 km).
Le oscillazioni del suolo (che si propagano in tutte le direzioni a partire dall’ipocentro) sono dovute alle deformazioni della roccia causate dalle onde sismiche.
Un terremoto può iniziare con una scossa principale, seguita da una serie di repliche di minore intensità (o scosse di assestamento) che possono durare anche per settimane o mesi. Quando le serie di scosse sono più o meno della stessa entità si parla di “sciame sismico” (ad esempio, come avvenuto nelle Marche, in Abruzzo e in Emilia Romagna).
Il rilascio di energia, e i conseguenti movimenti del suolo, sono dovuti all’accumulo di stress sulle rocce tra una placca tettonica (i “tasselli” in cui è suddivisa la crosta terrestre) e l’altra.
Il “punto di rottura” (dove la roccia sottoposta a pressioni è meno resistente) si chiama “faglia“. La superficie sulla quale i 2 blocchi di crosta sottoposti a pressione scivolano l’uno sull’altro, è detta “piano di faglia“.
Quando un materiale solido viene compresso (o stirato), si deforma con modalità che dipendono dalle caratteristiche del solido stesso.
- Il comportamento di un materiale si definisce “plastico” se, all’applicazione di una forza, subisce una deformazione permanente, che si mantiene anche quando la forza cessa di essere applicata.
- Il comportamento di un materiale si definisce “elastico” se, all’applicazione di una forza, subisce una deformazione proporzionale alla forza applicata e se, finita l’applicazione della forza, recupera la forma originaria.
Quando un “blocco crostale” è sottoposto a sforzi, si comporta elasticamente (non si frattura subito, ma si deforma lentamente e contemporaneamente accumula energia elastica). Continuando lo sforzo, l’energia accumulata supera un punto critico (chiamato “carico di rottura”) e le rocce si spaccano. L’energia elastica (che si era accumulata per anni) si libera sotto forma di intense vibrazioni che si propagano in tutte le direzioni. Una volta finito il sisma, inizia ad accumularsi nuova energia.
La faglia (a causa dell’enorme attrito delle rocce) si rimetterà in movimento soltanto quando lo sforzo applicato avrà superato un certo limite. I terremoti, infatti, sono “fenomeni ciclici“. Più ravvicinati sono i terremoti, minore è l’energia elastica accumulata e minore è l’entità delle scosse. Più lungo è l’intervallo di tempo tra due eventi sismici, più violento e disastroso è il sisma, perché è maggiore l’energia accumulata nel frattempo.
Come si calcola la potenza di un terremoto?
La misurazione della “forza” di un terremoto avviene in 2 modi: calcolando la magnitudo (l’energia sprigionata nel punto di origine), valutando l’intensità (gli effetti che ha provocato sull’ambiente o sulle opere costruite dall’uomo).
- Magnitudo: è una misura fisica precisa dell’energia del sisma. Viene calcolata in pochi minuti attraverso i i sismografi (strumenti che misurano spostamento, velocità e accelerazione del suolo). Dopo una misurazione preliminare fornita dai sismografi più vicini all’ipocentro, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), l’ente che in Italia si occupa dello studio di vulcani e terremoti, raccoglie dati più precisi da varie stazioni sismologiche diffuse in tutto il territorio. La magnitudo si misura con la Scala Richter che va da 0 a 13 gradi.
- Intensità: viene valutata con interventi successivi, attraverso una prima stima dei danni avvenuti. Si misura con la Scala Mercalli, espressi con numeri romani che vanno da I a XII. Questo tipo di misurazione non ha necessariamente bisogno di strumenti scientifici e può essere applicata anche a epoche storiche del passato.
Come si trova il punto esatto di origine di un terremoto?
Lo studio dei terremoti (e dell’interno della Terra) si basa sulle “onde sismiche” che vengono generate dai terremoti. Infatti, l’energia che si libera durante un terremoto viene diffusa attraverso le rocce circostanti mediante “onde sismiche“.
In ogni corpo solido possono propagarsi 2 tipi di onde indipendenti tra loro, “onde longitudinali” e “onde trasversali“.
- Le onde longitudinali si propagano per “compressioni” e “dilatazioni” successive e provocano variazioni di volume. Le particelle che compongono il corpo vibrano nella direzione della propagazione.
- Nelle onde trasversali, invece, le vibrazioni delle particelle hanno luogo in piani perpendicolari alla direzione di propagazione.
Le “onde sismiche” sono di 2 tipi:
- “Onde P” (o primarie): sono le onde longitudinali, le più veloci e viaggiano per compressione e dilatazione (con gli stessi movimenti di una molla). Sono quelle che arrivano per prime agli strumenti che le rilevano;
- Onde S (o secondarie); sono le onde trasversali, più lente delle P e si propagano perpendicolarmente alla loro direzione (come una coda lasciata oscillare sui lati).
Quando “onde P” e “onde S” raggiungono la superficie si sviluppano altri 2 tipi di onde:
- “Onde di Rayleigh“, simili a quelle di un sasso lanciato nello stagno (hanno la massima ampiezza, arrivano per ultime al sismografo);
- “Onde di Love“, fanno vibrare il terreno sul piano orizzontale (si propagano soltanto sulla superficie terrestre).
Incrociando i dati su tutti questi tipi di onde restituiti dai sismografi, gli scienziati possono capire la distanza dall’epicentro (e quindi il punto di origine di un terremoto).
Quando l’epicentro del terremoto si trova in mare, le “onde sismiche” si propagano nel liquido e interessano l’intero spessore delle acque. In prossimità della costa, le onde toccano il fondo e la loro altezza aumenta. Si generano grandissime ondate di acqua. Il fenomeno, detto maremoto, può apportare distruzione a regioni costiere molto vaste.
E’ possibile prevedere un terremoto?
I terremoti non si possono prevedere. Si può solo ipotizzare che in corrispondenza di una determinata faglia prima o poi se ne verificherà uno.
Cosa fare quando è in corso un terremoto?
E’ importante mettersi al riparo proteggendosi da eventuali oggetti in caduta (come intonaco, vetri, calcinacci). Se, invece, si è all’aperto, bisogna stare lontani da balconi, alberi e pali della luce. Inoltre, bisogna stare attenti ad eventuali perdite di gas e crolli di ponti.
E’ bene, poi, cercare di raggiungere il punto di raccolta previsto dal Piano della Protezione Civile per il proprio comune, ed evitare di utilizzare auto e cellulare (per non intralciare i soccorsi).
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