Le autorità stanno intensificando la lotta contro lo streaming illegale, con la possibilità di sequestrare case, auto e beni di valore per coloro che utilizzano sistemi come l’IPTV per guadagnare denaro illegalmente
Le autorità stanno intensificando la lotta contro lo streaming illegale, con la possibilità di sequestrare case, auto e beni di valore per coloro che utilizzano sistemi come l’IPTV per guadagnare denaro illegalmente. Questa forma di trasmissione di contenuti protetti da copyright, nota comunemente come “pezzotto“, ha attirato l’attenzione delle forze dell’ordine a livello globale, portando allo smantellamento di reti criminali e al sequestro di milioni di euro in beni.
Nel contesto dell’IPTV illegale, è importante distinguere tra chi fornisce il servizio e chi ne è semplice utilizzatore. Entrambi i gruppi sono soggetti a sanzioni, ma solo per i fornitori si prevedono conseguenze penali. Coloro che organizzano un sistema di streaming illegale, lo pubblicizzano e lo vendono a prezzi molto inferiori rispetto alle piattaforme legali come Netflix o Dazn, commettono un reato molto più grave rispetto a chi lo utilizza semplicemente, anche se quest’ultimo può comunque affrontare conseguenze legali significative.
Nuova legge 93/2023
In base alla nuova legge 93/2023, che prevede “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica”, guardare contenuti protetti da copyright su siti o applicazioni pirata può portare a una multa elevata.
Sequestri di beni per chi guadagna con lo streaming illegale
La legge prevede che in alcune circostanze si possa procedere al sequestro dei beni dell’indagato. Questo può avvenire per tre motivi principali:
- Probatorio, se un bene può essere usato come prova nel processo.
- Preventivo, se c’è il rischio che la disponibilità del bene possa peggiorare le conseguenze del reato.
- Conservativo, per preservare i beni mobili o immobili dell’imputato, in modo da garantire il pagamento di eventuali condanne.
Nella maggior parte dei casi, i sequestri avvengono con la finalità conservativa. Questa misura è stata frequentemente applicata nelle operazioni contro individui accusati di aver distribuito contenuti coperti da copyright tramite il “pezzotto”. Queste operazioni stanno diventando sempre più frequenti e coinvolgono spesso organizzazioni criminali ben strutturate.
Esempio significativo di operazione contro l’IPTV illegale
Un esempio significativo risale a dicembre scorso, quando la Polizia di Stato ha smantellato un’organizzazione composta da oltre venti persone accusate di trasmettere contenuti televisivi live e on demand protetti da diritti. Le accuse riguardano reati come:
- Associazione a delinquere di carattere transnazionale
- Diffusione di palinsesti televisivi ad accesso condizionato
- Danneggiamento di dati e programmi informatici
- Accesso abusivo a sistemi informatici
- Frode informatica
Le sanzioni previste dalla legge 93/2023 per chi trasmette contenuti protetti possono arrivare a 15.000 euro di multa e 3 anni di carcere. Inoltre, queste accuse si sommano ad altre violazioni legali, con conseguenti pene potenzialmente molto severe.
Aumento del giro d’affari legato all’IPTV illegale
Il giro d’affari legato all’IPTV illegale è spesso milionario, con i responsabili che riescono ad arricchirsi rapidamente. Tuttavia, le indagini delle autorità, rafforzate dalle nuove leggi, stanno riducendo sempre più questo tipo di attività, portando a indagini, arresti e sequestri sempre più frequenti. Di conseguenza, i canali per lo streaming illegale sono sempre meno, anche perché le sanzioni per i fornitori e gli utenti stanno rendendo questo ambiente sempre più rischioso.
Rischi per chi utilizza le IPTV illegali
Chi utilizza semplicemente servizi di streaming illegale, guardando contenuti pirata, non rischia il sequestro preventivo dei propri beni. Tuttavia, può comunque essere soggetto a una multa, che può essere applicata in automatico grazie a un nuovo protocollo di intesa tra la Procura di Roma, la Guardia di Finanza e l’Agcom, che permette uno scambio di dati rapido.
In base alla legge “anti pezzotto”, chi usufruisce di contenuti protetti da copyright attraverso piattaforme illegali rischia una multa compresa tra 1.000 e 5.000 euro. Se la multa non viene pagata, possono scattare ulteriori sanzioni, incluso il possibile pignoramento dei beni nel caso in cui un giudice autorizzi l’espropriazione forzata.
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