Cos’è lo Ius soli sportivo?

Il concetto di “ius soli sportivo” riguarda la possibilità per giovani stranieri di partecipare a competizioni sportive per squadre italiane

Cos'è lo Ius soli sportivo?
Cos’è lo Ius soli sportivo? Contrariamente alle notizie circolate nelle ultime ore, lo “Ius Soli Sportivo” non è stato abolito, ma è stato al centro di una serie di incomprensioni burocratiche che hanno seminato confusione. La Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio) ha fatto chiarezza sulla questione, dissipando ogni dubbio con una circolare ufficiale.

Le complicazioni hanno avuto origine durante la fase pratica della presentazione dei documenti necessari, dove la Figc, responsabile della gestione burocratica, ha dovuto definire il metodo per dimostrare la frequenza scolastica. In questo processo, la Federazione si è allineata ai parametri più rigorosi della Fifa, progettati per contrastare il fenomeno della tratta di giovani calciatori. Tali requisiti includevano la presentazione di documenti quali il certificato di nascita e di lavoro dei genitori, rendendo la procedura particolarmente onerosa per gli immigrati.

Questo ha portato alla bocciatura di molti tesseramenti, generando l’erronea percezione che lo “Ius Soli Sportivo” fosse stato rifiutato. Un caso emblematico è stato quello della squadra emiliana “Progetto Aurora“.

Tuttavia, la verità è emersa in seguito a un’interrogazione parlamentare presentata dal Partito Democratico (PD). L’obiettivo era chiarire i termini della nuova legge, che, invece di abolire lo “Ius Soli Sportivo“, ne ha ampliato l’applicazione. Secondo la legge, è sufficiente la dichiarazione del dirigente scolastico attestante la frequenza del bambino o del ragazzo.

Il deputato Pd e responsabile sport del Partito Democratico, Mauro Berruto, ha spiegato il ruolo della Figc nel dissipare il malinteso: “La Figc ha chiarito con una circolare, che mi auguro abbia ampia diffusione, che occorre rispettare la legge: ovvero che tutti i minori privi di cittadinanza italiana possono essere tesserati (senza più il vincolo di aver compiuto i 10 anni di età) semplicemente dimostrando di avere un anno di frequentazione scolastica. Lo Ius Soli sportivo non è affatto abrogato e continua ad essere un presidio di civiltà. C’è stata molta confusione, purtroppo, per cui continuiamo a sottolineare la necessità di una comunicazione efficace e di definire procedure semplici e chiare per il tesseramento dei minori senza cittadinanza italiana, nel rispetto di quel ‘valore sociale’ dello sport ora riconosciuto anche dall’art 33 della nostra Costituzione“.

Storia dello Ius soli sportivo

Il 1° febbraio 2016 è stata promulgata la Legge numero 12 del 20 gennaio 2016, ufficialmente pubblicata in Gazzetta Ufficiale, che introduce disposizioni mirate a facilitare l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia attraverso la loro ammissione nelle società sportive affiliate alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva.

Questo atto legislativo istituisce il cosiddetto “ius soli sportivo“, un principio che consente ai minori stranieri regolarmente residenti in Italia, a partire dal compimento del decimo anno di età, di essere affiliati alle federazioni sportive. Tale procedura di affiliazione segue gli stessi requisiti e le medesime modalità previste per il tesseramento dei cittadini italiani. La legge mira così a favorire l’inclusione e la partecipazione attiva dei minori stranieri nella società italiana attraverso l’accesso alle attività sportive, riconoscendo l’importanza dello sport come strumento di integrazione sociale.

Cosa ha detto Malagò:

Sono anni che c’è una formidabile polemica sullo ius soli”, ha affermato Malagò a margine della vittoria di Jacobs nei 100 metri. “Come Coni hanno provato a tirarci per la giacchetta e noi abbiamo sempre sostenuto la tesi che si tratta di una materia politica, ma non riconoscere lo ius sportivo è aberrante e folle. Questo discorso oggi più che mai va concretizzato – spiega Malagò – a 18 anni e un minuto chi ha i requisiti deve avere la cittadinanza italiana e non iniziare una via crucis con rimbalzi tra prefetture e ministeri“.

Cos’è lo Ius soli sportivo

Il concetto di “ius soli sportivo” riguarda la possibilità per giovani stranieri di partecipare a competizioni sportive per squadre italiane, sebbene non implichi automaticamente il diritto a ottenere la cittadinanza e li escluda dalle selezioni nazionali. Attualmente, questa disposizione esiste in Italia, ma con alcune limitazioni, come discusso dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, in seguito al trionfo di Marcell Jacobs nei 100 metri.

Lo “ius soli sportivo” ha avuto una prima forma con l’introduzione della legge n. 12 del 2016, intitolata “Disposizioni per favorire l’integrazione sociale di minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione in società sportive appartenenti alle federazioni nazionali“.

Secondo la normativa attuale, i minori stranieri legalmente residenti in Italia, a partire dal compimento del decimo anno di età, possono essere tesserati presso le federazioni sportive con le stesse procedure previste per i cittadini italiani. Tuttavia, una limitazione significativa persiste: gli stranieri minorenni, anche se residenti in Italia, ma non cittadini italiani, non possono essere convocati per le selezioni nazionali. Per indossare la maglia azzurra, devono aspettare di diventare maggiorenni. Solo al compimento dei 18 anni, in conformità alle leggi sulla cittadinanza vigenti in Italia, possono iniziare il processo per ottenere la cittadinanza italiana. La discussione sul riconoscimento del “ius soli sportivo” è aperta e solleva questioni legate all’integrazione sociale e alle opportunità per giovani talenti stranieri nel panorama sportivo italiano.

I limiti dello Ius soli sportivo

Secondo l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), i limiti della normativa attuale, che prevede lo “ius soli sportivo” per i minori stranieri residenti in Italia, sollevano diverse questioni critiche. Attualmente, la legge stabilisce il requisito che i minori stranieri debbano risiedere legalmente in Italia almeno dal compimento del decimo anno di età per essere tesserati presso le federazioni sportive.

L’Asgi sostiene che il limite dei 10 anni potrebbe essere basato sulla presunzione che, per i minori entrati così giovani, il rischio di coinvolgimento in attività illecite legate al traffico di calciatori sia estremamente ridotto. Tuttavia, questo limite esclude molti minori il cui diritto alla parità di trattamento con i minori italiani è garantito dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.

Inoltre, l’Asgi evidenzia una critica importante riguardo al concetto di “regolarmente” residenti. Attualmente, la normativa richiede che il minore sia titolare di un permesso di soggiorno e sia iscritto all’anagrafe. Questo, secondo l’associazione, crea un ostacolo per quei minori che, nonostante abbiano vissuto per molti anni (talvolta dalla nascita) in Italia, non sono iscritti all’anagrafe o non hanno un permesso di soggiorno valido. L’Asgi sottolinea che il Testo Unico sull’Immigrazione stabilisce che il minore non può essere considerato giuridicamente irregolare, indipendentemente dalla posizione giuridica dei genitori.

Secondo l’Asgi, il concetto di “regolarmente residenti” dovrebbe essere interpretato considerando la dimora abituale del minore e quindi la sua presenza sul territorio italiano, indipendentemente dalla condizione di regolarità o meno del soggiorno dei genitori. Questa interpretazione mira a garantire che tutti i minori, indipendentemente dallo status giuridico dei genitori, possano beneficiare delle opportunità offerte dallo “ius soli sportivo“.

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