La 24 Ore di Le Mans è un evento automobilistico che si tiene ogni anno presso il Circuit de la Sarthe, vicino a Le Mans, in Francia
Cos’è la 24 ore di Le Mans? La 24 Ore di Le Mans, conosciuta anche come “24 Heures du Mans“, è un prestigioso evento automobilistico che si tiene ogni anno presso il Circuit de la Sarthe, vicino a Le Mans, in Francia. L’organizzazione della gara è affidata all’Automobile Club de l’Ouest (ACO), ed è considerata la più antica tra le competizioni attualmente in corso nel Campionato del mondo endurance.
La prima edizione della gara si tenne il 26 e 27 maggio 1923 e da allora è stata disputata ogni anno nel mese di giugno, ad eccezione del 1956 (in luglio), del 1968 (in settembre, a causa dei tumulti politici del Maggio francese), del 2020 (il 19 e il 20 settembre) e del 2021 (il 21 e il 22 agosto). Queste ultime due edizioni sono state posticipate a causa della pandemia di COVID-19. L’unica cancellazione si è verificata nel 1936 per ragioni economiche e dal 1940 al 1948 a causa della Seconda guerra mondiale e del periodo immediatamente successivo.
Tradizionalmente, la gara iniziava alle 16:00 del sabato e si concludeva alla stessa ora della domenica. Negli ultimi anni, invece, l’inizio e la fine sono stati anticipati alle 15:00. Ci sono state alcune eccezioni a questa regola, come l’edizione del 1968 che è iniziata alle 14:00, quella del 1984 che è partita alle 15:00 a causa delle elezioni generali francesi e quella del 1998 che è nuovamente iniziata alle 14:00 a causa dei campionati mondiali di calcio che si svolgevano in Francia.
La gara si svolge su un tracciato semi-permanente lungo oltre 13 chilometri, che utilizza in gran parte strade aperte al traffico normale durante il resto dell’anno. Nel corso degli anni, alcune sezioni specificamente costruite hanno sostituito le strade normali, come le Curve Porsche che hanno eliminato la vecchia e pericolosa sezione di Maison Blanche, in cui il circuito passava vicino agli edifici. Il Circuito Bugatti è la parte permanente del tracciato, che circonda l’area di partenza/arrivo e viene utilizzato durante tutto l’anno per diverse competizioni, inclusa il Motomondiale.
Storicamente, nella gara delle 24 Ore di Le Mans, si sfidano contemporaneamente diverse tipologie di vetture, suddivise in tre diverse classi. Nella classe regina, chiamata HYPERCAR, si trovano i prototipi che possono essere veicoli a motore endotermico, ibridi realizzati interamente dalle case costruttrici (chiamati LMH) e vetture LMdH con telai e motori ibridi comuni, conformi ai regolamenti FIA e IMSA. Nella classe prototipi LMP2 sono presenti vetture a motore endotermico e telaio comune appositamente progettate per la gara, fino alle auto derivate dalla produzione di serie, denominate GTam.
Ogni anno, nel cosiddetto “Garage 56“, viene ospitata e ammessa alla corsa una vettura innovativa che non compete per la vittoria, ma serve come vetrina tecnologica. Nell’edizione del 2023, è stata ammessa una vettura NASCAR appositamente modificata per l’evento.
La vittoria complessiva viene assegnata all’auto che ha percorso la maggior distanza entro la fine delle 24 ore di corsa. Questa regola sembra essere un criterio univoco per determinare il vincitore, ma in realtà non è così. Ad esempio, nella gara del 1966, la Ford si attendeva un pareggio tra due sue vetture GT40 Mark II che avevano attraversato il traguardo allo stesso istante grazie a un arrivo orchestrato. Tuttavia, la vettura dichiarata vincitrice fu quella che, avendo ottenuto un tempo peggiore nelle prove, era partita più indietro sulla linea di partenza a spina di pesce e aveva percorso una maggiore distanza nello stesso tempo.
Come regola aggiuntiva, un’auto deve attraversare la linea d’arrivo entro le 24 ore per essere classificata, il che spesso porta a situazioni in cui vetture danneggiate lasciano i box per completare un ultimo giro del circuito e terminare la gara.
Nell’epoca attuale, ogni veicolo dispone di un team composto da 3 piloti. Tuttavia, prima del 1970 era consentito solamente avere due piloti per ogni auto e, nelle prime fasi, era persino ammessa la partecipazione di piloti solitari. Fino agli anni ottanta, la maggioranza delle auto era guidata da due piloti. Un esempio significativo risale al 1950, quando Louis Rosier vinse la gara insieme a suo figlio Jean-Louis, che guidò l’auto solo per due giri. Nel 1952, il pilota francese Pierre Levegh gareggiò da solo e stava per conquistare la vittoria, ma commise un grave errore nell’ultima ora di corsa, permettendo così a una Mercedes-Benz 300 SL di prevalere.
La “partenza Le Mans”
Fino al 1970, la famosa gara di Le Mans iniziava con quello che è conosciuto come “partenza Le Mans“: le auto erano allineate su un lato della pista, mentre i piloti si trovavano dall’altro lato. Quando la bandiera francese sventolava per il via alle 16:00, i piloti attraversavano la pista correndo, salivano sulle loro auto e partivano. Tuttavia, questa procedura divenne rischiosa dopo l’introduzione delle cinture di sicurezza, che richiedevano di essere allacciate correttamente dai meccanici. Di conseguenza, i piloti gareggiavano nel primo turno, per circa un’ora, senza avere le cinture allacciate.
Nel 1969, un giovane talento e campione di Formula 1, Jacky Ickx, diede una dimostrazione eclatante dei rischi di questa partenza. Invece di correre attraverso la pista, camminò lentamente e si allacciò correttamente le cinture di sicurezza prima di entrare nella sua auto. Nonostante questo ritardo, riuscì a vincere la gara, ma per soli 120 metri. Purtroppo, durante il primo giro, un pilota privato britannico di nome John Woolfe perse la vita. A causa di questo tragico incidente, la tradizionale pratica della partenza Le Mans fu interrotta nel 1970 e i piloti iniziarono a partire già seduti nelle loro auto, con le cinture saldamente allacciate. Successivamente, la partenza dal lato della pista venne sostituita da una partenza in movimento, simile a quella di Indianapolis.
La “partenza Le Mans” è anche il motivo per cui le Porsche da strada mantengono ancora oggi l’accensione a sinistra della colonna dello sterzo, invece dell’approccio più tradizionale a destra. Ciò permetteva al pilota di avviare il motore con la mano sinistra, mentre la mano destra inseriva la marcia, consentendo alle Porsche di partire più rapidamente dalla linea di partenza.
Storia della 24 ore di Le Mans
Le edizioni prima della seconda guerra mondiale (1924-1939)
Nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale, la Bentley si rivelò il marchio più vincente nelle prime edizioni della competizione. Tra il 1924 e il 1930, le varie vetture Bentley, come la 3 Litre, la 4½ Litre e la 6½ L, conquistarono 5 vittorie, interrotte da 2 successi della Lorraine-Dietrich nel 1925 e nel 1926.
Negli anni ’30, l’Alfa Romeo dominò la scena con una serie di 4 vittorie consecutive. Utilizzando diverse versioni del modello 8C, piloti come Tazio Nuvolari, vincitore nel 1933, e Luigi Chinetti, che in seguito sarebbe diventato un manager di squadra, fecero grande onore alla competizione.
Negli anni successivi, ad eccezione del 1936 quando la gara non si tenne a causa di scioperi operaici, altre squadre storiche come Lagonda, Bugatti e Delahaye si iscrissero nell’albo d’oro della corsa.
1949-1954: Le prime edizioni del dopoguerra
La prima edizione dopo la fine della seconda guerra mondiale si svolse nel 1949. La Scuderia Ferrari si fece notare come vincitrice con la 166 MM, un’auto sportiva (con cilindrata inferiore ai 2 litri). La vittoria assoluta fu conquistata dalla 166 MM guidata da Luigi Chinetti, un pilota statunitense di origine italiana. Chinetti guidò per 23 ore e mezza su 24, lasciando la vettura al suo compagno di squadra e proprietario, Peter Mitchell-Thomson, per la restante mezz’ora. In quel periodo, Chinetti iniziò una lunga collaborazione con la Ferrari.
Negli anni seguenti, altre case automobilistiche si aggiunsero all’albo dei vincitori. La Talbot-Lago vinse nel 1950 con la T26, seguita dalla Jaguar nel ’51 e ’53 con la C-Type e dalla Mercedes-Benz nel ’52 con la W194 (meglio nota come 300 SL). Nel 1954, la Ferrari ritornò alla vittoria con la 375 Plus, dotata di un motore V12 da 5 litri.
1955: L’incidente automobilistico più grave nella storia
Nel 1955, Pierre Levegh ebbe l’opportunità di guidare una Mercedes-Benz 300 SLR dopo le sue brillanti performance precedenti. Inseguita da Mike Hawthorn, la Jaguar D-Type di quest’ultimo superò una Austin-Healey (pilotata da Lance Macklin), più lenta, prima di rientrare improvvisamente ai box sulla destra. Questa manovra costrinse la Austin-Healey a spostarsi a sinistra, proprio mentre sopraggiungeva a una velocità molto più elevata la Mercedes. La vettura tedesca colpì la parte posteriore della Austin-Healey, venne catapultata in aria e si schiantò tra la folla, disintegrandosi e causando la morte sia del pilota che di 83 spettatori, oltre a ferirne 120.
Secondo le dichiarazioni ufficiali dell’organizzazione, la gara continuò per impedire che gli spettatori lasciassero il circuito, intasando le strade e ostacolando così il passaggio delle ambulanze.
Mike Hawthorn e la squadra Jaguar proseguirono e vinsero la gara, mentre le rimanenti Mercedes (guidate da Juan Manuel Fangio, Stirling Moss e altri) furono ritirate come segno di rispetto per le vittime.
A causa del terribile shock causato dal disastro, molte gare, più o meno importanti, furono cancellate nel 1955, tra cui il Gran Premio di Germania e di Svizzera. Quest’ultima addirittura vietò per legge le gare automobilistiche sul suo territorio (e tale divieto è ancora in vigore in Svizzera, ad eccezione della Formula E, che ha ottenuto un permesso provvisorio speciale). Il primo Gran Premio su circuito in Svizzera dopo 63 anni si è tenuto a Zurigo il 10 giugno 2018.
Alla fine della stagione, dopo aver vinto il campionato di Formula Uno e quello delle vetture sportive, la Mercedes si ritirò dalle corse e non vi fece ritorno fino al 1987.
1956-1959
Nel periodo tra il 1956 e il 1959, il circuito subì importanti modifiche per migliorare la sicurezza. Dopo la tragedia dell’anno precedente, furono apportate diverse modifiche, tra cui un abbassamento della sede stradale nella zona del traguardo, la costruzione di una tribuna e di nuovi box. Queste misure furono adottate per garantire la protezione e la sicurezza del pubblico, poiché la mancanza di tali elementi aveva causato la morte di molte persone. Inoltre, la curva Dunlop subì delle modifiche e la lunghezza complessiva del circuito fu ridotta di 31 metri.
L’edizione del 1956, che non faceva parte del campionato mondiale, venne spostata a luglio per permettere il completamento dei lavori.
Nei successivi anni, si registrarono vittorie della Jaguar con le sue vetture D-Type, seguite da una vittoria della Ferrari e dell’Aston Martin.
Gli anni sessanta
Negli anni ’60, la Ferrari e la Ford si alternarono come i principali vincitori della 24 Ore di Le Mans, con la Ferrari che si aggiudicò 6 edizioni e la Ford 4.
Nonostante il dominio di queste due case automobilistiche, ci furono anche alcune novità interessanti dal punto di vista tecnico. Nel 1963, la Rover e la scuderia BRM di Formula 1 si unirono per creare una coupé spinta da una turbina a gas, guidata da Graham Hill e Richie Ginther. Nonostante alcuni problemi, la vettura raggiunse una media di 173 km/h e una velocità massima di 229 km/h, terminando all’ottavo posto. Quell’anno la vittoria andò a Ludovico Scarfiotti e Lorenzo Bandini su una Ferrari 250 P.
Nel 1964 iniziò la rivalità tra Ferrari e Ford, che molti attribuirono al mancato acquisto della Ferrari da parte della Ford. Enzo Ferrari decise di non accettare la fusione per mantenere il pieno controllo delle attività sportive, e invece si accordò con la Fiat, che fornì il necessario supporto finanziario alla casa automobilistica di Modena. Nel frattempo, la Ford avviò il progetto GT40, diretto da Eric Broadley della Lola e John Wyer già della Aston-Martin. Tuttavia, l’esordio del GT40 non fu senza problemi, con gravi carenze aerodinamiche e di affidabilità. I problemi vennero risolti l’anno successivo con significativi miglioramenti al progetto.
Nella prima edizione del confronto tra Ferrari e Ford a Le Mans, la vittoria andò alla Ferrari con una 275P. Tuttavia, nel 1965, tutte le vetture ufficiali di entrambe le case automobilistiche subirono delle rotture durante la gara. Nonostante ciò, la Ferrari della NART (scuderia privata di Luigi Chinetti) vinse con una 250 LM. Successivamente, la Ford ottenne quattro vittorie consecutive negli anni seguenti.
Nel 1966, la Ford si presentò a Le Mans con una versione migliorata del progetto GT40, la Mk II, dotata di un potente motore da 7 litri e circa 485 CV. La Ferrari rispose con il modello 330P3, che montava un motore da 4 litri e circa 420 CV, e affidò ad altre scuderie private il modello 365P2, con un motore da 4,4 litri e quasi 400 CV. Quell’anno, la coppia neozelandese Chris Amon/Bruce McLaren vinse con la Ford Mk II.
Nel 1967, la Ford Mark IV mostrò prestazioni velocistiche così elevate che crearono problemi di sicurezza. Per ridurre la velocità, la CSI (Commissione Sportiva Internazionale) introdusse nuove regole nel 1968. Così come nella Formula 1, vennero adottati motori da 3 litri per contenere i costi utilizzando motori simili in entrambe le categorie di gara. Le auto da corsa costruite in quantità limitata potevano utilizzare solo questo tipo di motore. Le auto con motori oltre i 5 litri vennero bandite dal campionato del mondo e quindi anche da Le Mans, mettendo fine alla partecipazione delle Ford (Mk II e Mk IV) e delle Chaparral con motori Chevrolet.
Le auto con motori fino a 5 litri potevano ancora partecipare alla categoria Sport, a condizione che fossero stati prodotti almeno 50 esemplari di quel modello. Questa regola permise a vecchie auto per clienti, come la Ford GT40 Mk I, la Lola T-70 e la Ferrari 275 LM, di competere contro i prototipi di fabbrica che montavano sofisticati motori da 3 litri.
Per rallentare le auto tra i box e le tribune, venne aggiunta una nuova sezione al tracciato, chiamata Virage Ford, situata tra la Maison Blanche e la linea di partenza. Queste modifiche incrementarono il tempo di percorrenza di circa 10 secondi al giro e causarono un maggiore stress sui freni e il cambio delle vetture.
Enzo Ferrari, dopo aver dovuto accantonare le sue P4, rifiutò di gareggiare nella competizione del 1968, nonostante avesse a disposizione un motore adattabile alle nuove regole utilizzabili anche nella Formula 1. John Wyer, invece, rinunciò a competere con la sua Mirage M1, dotata di un motore da 5,7 litri derivato dalla GT40, e optò per smantellare la M1 per costruire una nuova GT40 sullo chassis della Mirage, simile abbastanza alla GT40 da soddisfare i requisiti dell’omologazione. Le vetture Gulf GT40 ricevettero alcuni miglioramenti utilizzati sulla Mirage e furono oggetto di un significativo lavoro di riduzione del peso, tramite l’utilizzo di materiali avanzati. Ad esempio, gran parte della carrozzeria venne realizzata con uno strato sottile di poliestere rinforzato con fibra di carbonio.
Nel 1968, l’edizione della gara delle 24 Ore di Le Mans dovette essere spostata da giugno a settembre a causa dei disordini sindacali del Maggio francese. Questo cambiamento di data aumentò le possibilità per i prototipi di competere contro le Sportive, poiché le nuove auto si erano sviluppate durante la stagione. La competizione vedeva sfidarsi le Ford GT40 di Wyer contro i nuovi prototipi da 3 litri: la Matra MS630, la Alpine A220 e la Porsche 908. Le Alfa Romeo Tipo 33, con motore da 2 litri, giocavano il ruolo di outsider.
Tuttavia, il motore Renault-Gordini V8 che equipaggiava le Alpine A220 deluse le aspettative, fornendo solo 300 CV (220 kW) di potenza. La Porsche 908, con il nuovo motore da 3 litri boxer raffreddato ad aria e 8 cilindri, aveva una potenza di 350 CV (260 kW) ed era meno potente del nuovo Matra V12, ma era più leggera.
La scuderia Wyer schierò 3 GT40, ma non era al meglio delle condizioni. Il loro pilota più veloce, Jacky Ickx, si era rotto una gamba durante l’allenamento per il Gran Premio del Canada, e Brian Redman era indisponibile a seguito di un incidente al Gran Premio del Belgio a Spa-Francorchamps. La Ferrari partecipò alla gara solo con team privati, e la migliore fu una 275 LM verde iscritta nella categoria Sport e guidata da David Piper. Questo modello era ormai datato, ma aveva subito pesanti aggiornamenti: gran parte della carrozzeria era realizzata in poliestere/fibra di vetro anziché alluminio. Inoltre, vennero iscritte nella categoria prototipi due Howmet TX spinte da motori a turbina.
La gara iniziò alle 14:00 con il via dato da Gianni Agnelli, presidente della Fiat. Inizialmente, le Porsche erano in vantaggio, con Siffert in testa al quarto giro. Tuttavia, diversi problemi colpirono le nuove Porsche 908, una dopo l’altra. Una delle auto di Wyer ebbe un problema alla frizione alle 17:00 e la seconda ebbe un guasto al motore alle 22:00. A mezzanotte, Wyer aveva solo un’auto ancora in corsa, ma era al primo posto.
Un’impresa memorabile fu compiuta da Henri Pescarolo con la nuova Matra 630 spinta dal motore Matra V12. Nonostante i problemi meccanici che la posizionarono al 14º posto all’inizio della corsa, Pescarolo guidò l’auto sotto la pioggia fino alla seconda posizione, anche con un tergicristallo rotto. Il suo compagno di squadra Johnny Servoz-Gavin rifiutò di guidare in quelle condizioni. Tuttavia, durante una delle fermate ai box, l’auto prese fuoco e non poté proseguire.
Alla fine, la vittoria andò alla GT40 guidata da Lucien Bianchi e Pedro Rodríguez. La migliore delle Porsche fu una 907 2,2 litri, che giunse seconda, seguita da una 908 al terzo posto, entrambe staccate di un giro dalla Ford. Le Alfa Romeo di cilindrata inferiore ebbero una buona prestazione, con tre auto a concludere la gara, e la T33 di Nanni Galli/Ignazio Giunti finì quarta in classifica generale e vinse la classe 2 litri. Le altre due arrivarono al quinto e sesto posto.
L’edizione del 1969 è nota anche come l’ultima in cui venne utilizzata la storica partenza con le vetture schierate su un lato della pista e i piloti dall’altro, poiché si verificò un incidente al primo giro di gara. Fu anche l’anno in cui la Porsche 917 fece il suo debutto, diventando in seguito una vettura vincente, ma nel suo primo anno si dovette accontentare solo della pole position.
La vittoria fu ottenuta da Jacky Ickx e Jackie Oliver con la GT40 telaio 1075, la stessa vettura che aveva trionfato l’anno precedente. Questa particolarità si ripeté per la seconda volta nella storia dopo l’accoppiata del 1929 e 1930 ottenuta dalla Bentley Speed Six.
Gli anni settanta
Nel 1970, la Porsche ottenne il suo primo successo nella corsa delle 24 Ore di Le Mans con una Porsche 917 a coda tronca iscritta dalla scuderia privata Salzburg, guidata da Hans Herrmann e Richard Attwood. Questo evento segnò anche l’ultima gara della carriera per Herrmann, un pilota che aveva gareggiato in molte categorie nel corso degli anni.
Quell’edizione fu caratterizzata da un numero molto limitato di vetture che raggiunsero il traguardo, solo sette in totale. Inoltre, una Porsche 908, che non partecipava alla gara, venne utilizzata per le riprese del film “Le 24 Ore di Le Mans” con Steve McQueen.
Un cambiamento significativo fu la sostituzione della tradizionale “Partenza Le Mans” con la “Partenza Indianapolis” in onore della ventesima partecipazione della Porsche. Ferdinand Anton Ernst Porsche, figlio del fondatore della casa automobilistica, abbassò il tricolore francese alle 16:00.
Nel 1971, la sfida tra Porsche e Ferrari si rinnovò, con quest’ultima che presentò una versione adattata specificamente per la gara, chiamata 512 M. La FIA aveva deciso di eliminare la categoria Sport per il 1972, il che significava che le potenti Porsche 917 e le Ferrari 512 sarebbero state ritirate alla fine dell’anno. La Ferrari abbandonò il suo coinvolgimento ufficiale con la 512 per concentrarsi sulla preparazione di un nuovo prototipo per la stagione successiva, la 312 PB. Tuttavia, molte 512 vennero fatte correre da scuderie private e alcune vennero convertite nel modello M.
Nonostante le elevate velocità raggiunte dalle versioni a coda lunga delle Porsche (la Porsche Martini argentea di Vic Elford fu cronometrata a 362 km/h), la vittoria nell’edizione del 1971 andò nuovamente a una Porsche 917 a coda corta, ma con il telaio in magnesio. La vettura, identificata come Martini bianca numero 22, era guidata da Helmut Marko e Gijs van Lennep.
Nel 1972, il campionato del mondo e, di conseguenza, Le Mans, vietò l’uso dei motori da 5 litri. Questo cambiamento lasciò spazio alle migliori vetture con motori da 3 litri, derivati dalla Formula 1. Ferrari scelse di concentrarsi sul Campionato del Mondo Sportprototipi e decise di saltare Le Mans. Nel frattempo, Matra, riducendo la sua partecipazione in altre gare per concentrarsi su Le Mans, emerse come favorita con quattro vetture iscritte – tre nuove Matra MS670, progettate specificamente per questa gara, e una vecchia ma aggiornata Matra MS660.
I principali avversari erano tre Alfa Romeo 33 TT3, due Lola T280 semiufficiali iscritte dalla scuderia di Jo Bonnier e una Porsche 908 L privata, guidata da Reinhold Joest. Quest’ultima era simile alla vettura che aveva ottenuto il secondo posto nel 1969 ed era considerata ormai datata e meno potente.
La gara fu segnata da un tragico incidente che causò la morte di Jo Bonnier. Alla fine, la vittoria andò alla Matra 670 “Coda Corta” guidata da Henri Pescarolo e Graham Hill. Questa fu la prima vittoria di un’auto francese a Le Mans dal 1950 e fece di Graham Hill il primo e finora unico pilota a vincere la Triple Crown, composta dalle 500 miglia di Indianapolis, le 24 ore di Le Mans e il Campionato del Mondo di Formula Uno (che includeva il Gran Premio di Montecarlo, che Hill vinse diverse volte).
Nel 1973, la Matra si trovava in una sfida serrata con la Ferrari per conquistare il titolo di campione del mondo costruttori nel mondo delle corse automobilistiche. Per affrontare questa sfida, la Matra aveva apportato miglioramenti significativi alle sue vetture, che ora rispondevano alle specifiche 670B. Questi miglioramenti includevano principalmente l’installazione di alettoni più grandi e l’adozione di un nuovo cambio costruito su misura dalla Porsche, appositamente per le vetture Matra. Nel frattempo, la Ferrari presentava la sua 312PB, che si caratterizzava per una carrozzeria a coda lunga. Nel mondo delle corse automobilistiche, John Wyer faceva il suo ritorno con i roadster Gulf Mirage M6, equipaggiati con motori Cosworth.
Alla fine della stagione di gare, la Matra si impose come vincitrice, grazie agli sforzi dei piloti Henri Pescarolo e Gérard Larrousse.
Nel 1974, la Ferrari prese la decisione di ritirarsi dalle corse di durata. Nel frattempo, la Matra aveva ulteriormente sviluppato il suo modello 670, creando una versione più aerodinamica nota come 680. Per la competizione, furono iscritte tre vetture 670 e una 680. John Wyer schierò due vetture Gulf-GR7.
Nonostante un breve periodo di preoccupazione dovuto alla concorrenza della Porsche 911 Turbo, che era derivata dalla versione stradale, Henri Pescarolo riuscì a conquistare la vittoria per la terza volta consecutiva in questa competizione.
Alla fine della stagione, la Matra annunciò ufficialmente il suo ritiro dalle corse automobilistiche.
Nel 1975, a causa della crisi petrolifera, gli organizzatori della gara introdussero delle regole riguardanti il consumo di carburante. Questa decisione portò la CSI a escludere la 24 Ore dal Campionato Mondiale Costruttori.
Nell’edizione di quell’anno, le due squadre favorite per la vittoria erano la Gulf GR8 e la Ligier JS-2. La scuderia Gulf, alla ricerca di un’ultima vittoria alla 24 Ore, schierava la Gulf GR8, mentre la Ligier JS-2 era in mano a Guy Lafosse e Guy Chasseuil.
La Gulf GR8, guidata da Jacky Ickx e Derek Bell, dominò l’intera gara, mantenendo la testa per tutte le 24 ore e conquistando il primo posto. Tuttavia, problemi meccanici afflissero l’altra vettura Gulf, costringendola a chiudere al terzo posto. Il secondo posto andò alla Ligier, che fu pilotata da Guy Lafosse e Guy Chasseuil. La differenza tra la Gulf vincente e la Ligier fu di soli un giro.
Nel 1976, il regolamento della gara subì nuovi cambiamenti, con la rimozione delle restrizioni sul consumo di carburante e la possibilità per le vetture del Gruppo 5 di competere con quelle del Gruppo 6. Porsche iscrisse due nuove vetture Porsche 936 e una Porsche 935, mentre la Renault Alpine A442 turbo fece il suo debutto a Le Mans con una singola vettura.
La Porsche 936 turbo, al suo debutto, trionfò nel 1976 e riuscì a ripetersi anche nel 1977 con Jacky Ickx al volante. Nel 1978, la Renault, con la Alpine A442B V6 turbo guidata da Didier Pironi e Jean-Pierre Jaussaud, riuscì a sconfiggere le auto tedesche e concentrò i suoi sforzi sul programma per la Formula 1.
La Porsche 935 Turbo, una versione potenziata della Porsche 911 per uso stradale, ha giocato un ruolo dominante nelle gare di durata alla fine degli anni settanta, partecipando in competizioni in tutto il mondo grazie a numerose scuderie clienti Porsche. La squadra tedesca Kremer ha ottenuto un successo notevole vincendo la 24 Ore di Le Mans nel 1979 con una versione altamente evoluta di questa vettura, un risultato straordinario considerando che il progetto di base aveva 15 anni di storia alle spalle. L’attore Paul Newman ha raggiunto il secondo posto alla guida di una Porsche 935 del team di Dick Barbour, lo stesso team che aveva vinto la 12 Ore di Sebring pochi mesi prima.
Le sfide principali per la Porsche 935 Turbo erano rappresentate dai prototipi, principalmente dalle Ford M10 derivate dalla Gulf GR8 del 1975. La Ford France e un gruppo di concessionarie Ford francesi hanno finanziato l’ex Scuderia Wyer, che ha preparato le auto con motori Cosworth DFV V8.
La vittoria della Porsche 935 del team Kremer è stata un trionfo sia per la potenza della vettura che per la perizia dei piloti. Durante la gara, la vettura ha affrontato un momento rocambolesco: a tre quarti di corsa, si è fermata lungo il tracciato a causa di un problema tecnico al turbocompressore. Don Whittington, uno dei piloti, è sceso dalla vettura per esaminare il guasto e per raffreddare il turbocompressore. In modo creativo, ha persino urinato sul componente meccanico per raffreddarlo. Questo gesto insolito gli ha permesso di effettuare una rapida riparazione provvisoria. La vettura è poi rientrata ai box, dove è stata prontamente riparata, consentendo al team di conquistare la vittoria.
Gli anni ottanta
Negli anni ottanta, la Porsche prese alcune decisioni strategiche interessanti nel mondo delle corse automobilistiche. Nel 1980, la Porsche scelse di non iscrivere alcuna vettura di fabbrica nel Gruppo 6, evitando così di competere direttamente con le numerose vetture dei clienti presenti nel Gruppo 5. Tuttavia, ci fu un’eccezione notevole: un roadster sponsorizzato dalla Martini, noto come 908/80, venne iscritto da Reinhold Joest per sé stesso e Jacky Ickx. Nonostante il nome “908”, questa vettura assomigliava molto alla versione del 1977 della 936. In realtà, Joest aveva costruito questa vettura utilizzando un telaio simile a quello della 936 e aveva incorporato molte componenti delle sue 935 Turbo, tra cui il motore, il cambio e altre parti. Questo è stato un esempio della flessibilità e della creatività dei preparatori di vetture da corsa.
La Porsche si trovava in una posizione competitiva grazie alle numerose vetture 935 a disposizione, oltre a 5 vetture Gruppo 5 e otto IMSA GTX. Questo includeva tre vetture della scuderia di Dick Barbour, che alla fine avrebbero vinto la 12 Ore di Sebring.
La gara iniziò sotto la pioggia, una delle più bagnate mai viste a Le Mans. Fu anche la prima volta che un pilota, Jean Rondeau, vinse Le Mans con una vettura che portava il suo nome.
Dopo la gara, Jacky Ickx annunciò il suo ritiro dalle corse, ma tornò brevemente nel 1981, limitandosi alla gara francese. Questo ritorno fu principalmente dovuto alle pressioni della Porsche, che iscrisse due vetture 936 con i piloti collaudati Ickx/Bell e Schuppan/Mass. La motivazione principale di questa partecipazione a Le Mans era sperimentare un nuovo motore, un 2,6 litri turbocompresso derivato da un progetto pensato originariamente per Indianapolis ma mai utilizzato.
Tutta la gara si svolse sotto un caldo torrido, ma il test del motore ebbe successo. Già dopo la prima ora, Ickx e Bell avevano accumulato un notevole vantaggio e mantennero il comando per tutto il resto della competizione. Alla fine vinsero con un margine ancora più ampio rispetto al 1976.
L’unico incidente che coinvolse i vincitori avvenne dopo la fine della gara. Derek Bell, infatti, non riuscì mai a raggiungere il traguardo ufficiale. Venne estratto dalla sua vettura dai suoi tifosi entusiasti e portato sul podio. Qui, Derek Bell chiese dell’acqua per rinfrescarsi, ma l’unica bevanda disponibile era lo champagne. Bell continuò a berlo fino a quando perse conoscenza.
Nel 1982, erano entrate in vigore le nuove regole FIA per il Gruppo C. La nuova Porsche 956 aveva debuttato solo alcune settimane prima a Silverstone e, sorprendentemente, conquistò i primi tre posti sul podio, corrispondenti ai numeri di gara delle tre vetture: 1, 2 e 3.
Una delle vittorie più schiaccianti nella storia delle 24 Ore di Le Mans si verificò nel 1983, quando la Porsche dominò la gara occupando le prime undici posizioni finali, con l’unica eccezione della nona. Negli anni successivi, la Porsche 956 (e successivamente la sua evoluzione, la 962C derivata dalla versione IMSA), mantenne un dominio costante. Va notato che, sebbene non attirasse molta attenzione all’epoca, la 12ª posizione ottenuta dalla Mazda 717C nel 1983, con la vittoria nella Classe C Junior, rappresentò l’inizio del progresso della casa automobilistica giapponese verso il podio, che alla fine ottenne nel 1991 grazie a un motore Wankel.
Nel 1984, la Porsche 956B della squadra privata di Joest ottenne una vittoria significativa, superando la scuderia ufficiale. Questo successo si ripeté anche nel 1985, con la stessa vettura (numero di telaio 117) e il trio di piloti Ludwig/Barilla/Winter riuscì a battere anche la squadra ufficiale Porsche, sebbene questa si riprese e vinse nel 1986.
Il 1987 segnò un cambiamento nella competizione, con la presenza di una varietà di vetture al via, tra cui la Jaguar XJR-8, che aveva ottenuto vittorie nelle prime quattro gare del campionato mondiale di Endurance. Quell’anno, venne introdotta la chicane Dunlop, una modifica al percorso che ridusse la velocità alla prima curva da circa 260 km/h a 160 km/h e aumentò le dimensioni delle vie di fuga.
Nel 1988, la Mercedes-Benz in collaborazione con Sauber tornò a competere contro la Porsche e la Jaguar. Le Sauber C9 Mercedes dovettero ritirarsi prima della gara a causa di problemi agli pneumatici, lasciando Porsche e Jaguar a una lotta epica. Alla fine, la Jaguar XJR-9 vinse la gara, battendo la Porsche 962C ufficiale per soli due minuti e mezzo. Da notare il record di velocità di 405 km/h ottenuto dalla WM P88 allestita appositamente per l’evento.
L’anno successivo, la Mercedes tornò più preparata e ottenne il primo e il secondo posto, mentre la Jaguar e numerose Porsche affidate a team privati rimasero spettatori. La Sauber Mercedes raggiunse una velocità massima impressionante di 400 km/h durante le prove, il che portò la FISA (ora FIA) a introdurre delle chicane sul rettilineo delle Hunaudières, segnando la fine di un’epoca.
Gli anni novanta
Negli anni novanta, il tracciato di Le Mans attraversò una fase di trasformazione, perdendo parte del suo fascino originale con l’introduzione di due chicane nel 1990. Queste modifiche avevano l’obiettivo di limitare le velocità di punta, rendendo la competizione più sicura ma, al contempo, alterando l’esperienza di guida.
Il 1990 vide una forte competizione tra la Jaguar e la Nissan, che schierò diverse vetture R90. Sebbene le vetture giapponesi fossero veloci nelle qualifiche, la loro affidabilità lasciò a desiderare. Alla fine, la Jaguar XJR-12 conquistò il primo e il secondo posto, segnando un successo nonostante il ritiro della Porsche del Team Brun, che si trovava in seconda posizione, a soli quindici minuti dalla fine.
Nel 1991, i regolamenti internazionali favorirono le nuove vetture della classe Sport 3.5L con motori aspirati da 3.500 cm³, progettate per gare sprint. Tuttavia, a Le Mans, una gara di durata, le possibilità di vittoria sembravano riservate alle “vecchie” vetture del Gruppo C. Mercedes-Benz e Jaguar optarono per le vetture più affidabili di questa classe, lasciando alla Peugeot la competizione con le vetture della nuova classe 3.5L. Le vetture francesi si ritirarono poco dopo l’inizio della gara.
La Mercedes-Benz C11 prese il comando fin dall’inizio, accumulando un notevole vantaggio. Le tre Jaguar XJR-12 ufficiali seguirono come inseguitori, seguite da una schiera di Porsche 962C schierate da team privati. La sorpresa fu la vittoria finale della Mazda 787B del team ufficiale Mazdaspeed, alimentata da un motore “rotativo” Wankel. La Mazda, partecipante a Le Mans dal 1974, aveva corso con una serie di auto spinte da motori rotativi, ma fu con la 787B che ottenne la vittoria assoluta, diventando la sola auto con un motore non convenzionale a trionfare a Le Mans. La Mercedes, che aveva dominato per 20 ore, si ritirò con il motore rotto, aprendo la strada alla sorprendente vittoria della Mazda.
Questa vittoria fu storica per la Mazda e dimostrò la potenza e l’affidabilità del motore Wankel in una competizione di alto livello. La casa giapponese aveva iniziato la sua avventura a Le Mans con alti e bassi, ma il successo del 1991 rimarrà un capitolo indelebile nella storia delle corse automobilistiche.
Negli anni precedenti, il regolamento del Gruppo C governava le gare di durata, con restrizioni sul consumo di carburante e l’uso di motori di vario genere. Nonostante il successo di tali norme, si decise di apportare cambiamenti significativi. Vennero introdotti motori simili a quelli impiegati in Formula 1, spesso motori V10 da 3.500 cm³ aspirati. Nel 1992, la Peugeot presentò con cura una specifica del suo motore V10 adatto alle lunghe distanze. La Peugeot 905, guidata da Philippe Alliot, conquistò una pole position eccellente con un tempo di 3.21.200, dieci secondi più veloce rispetto all’anno precedente della Mercedes-Benz C11. La sfida principale per la Peugeot in quegli anni fu la Toyota con la sua TS010. Nel 1992, la Peugeot ottenne il 1º e 3º posto, mentre la Toyota si classificò seconda. Nel 1993, le Peugeot monopolizzarono il podio.
Nel 1993, il campionato mondiale Marche fu definitivamente cancellato, costringendo l’Automobile Club de l’Ouest (ACO) a stabilire regole proprie per garantire la sopravvivenza della 24 Ore di Le Mans. Questi cambiamenti consentirono la partecipazione di auto stradali pesantemente modificate. Nel 1994, la gara vide supercar stradali come la Ferrari F40, la McLaren F1 e la Jaguar XJ220 trasformate in versioni da corsa.
Nonostante le innovazioni e le sfide, la 24 Ore di Le Mans del 1994 fu vinta da una vettura derivata da un progetto di ben 12 anni prima. Jochen Dauer sfruttò una singolare falla nei regolamenti dell’epoca, che permetteva la costruzione di un singolo esemplare stradale per ottenere l’omologazione nelle competizioni. Con il supporto della Porsche, realizzò la Dauer 962 Le Mans, con cui vinse la gara. Un trionfo che dimostrò che, a volte, le soluzioni più insolite portano ai risultati più sorprendenti.
La 24 Ore di Le Mans nel decennio del 1990 fu caratterizzata da intense competizioni e da sorprese dietro ogni curva.
Nel 1995, una McLaren F1 GTR trionfò, emergendo come vincitrice del BPR Global GT Series. Questo successo, tuttavia, proveniva da squadre indipendenti, dimostrando che la competizione poteva essere dominata da iniziative non ufficiali.
L’anno successivo, nel 1996, una tattica astuta portò una vettura Porsche alla vittoria. Utilizzando una combinazione unica di elementi da una Jaguar XJR-14 Gruppo C e una Porsche 962, la TWR-Porsche WSC-95, seppur non la più veloce in pista, trionfò quando le auto delle squadre ufficiali ebbero guasti meccanici.
Il trionfo continuò nel 1997, quando la TWR-Porsche WSC-95 sconfisse avversari come Porsche, BMW, Nissan e Ferrari. Ancora una volta, la vittoria non andò alla vettura più rapida, ma a quella che seppe resistere quando le altre cedettero.
Il 1998 vide il ritorno delle grandi case automobilistiche, con Porsche, Mercedes, Toyota, BMW, Nissan e altri protagonisti. Le Porsche ufficiali vinsero, mentre le veloci Mercedes, BMW e Toyota dovettero ritirarsi a causa di problemi meccanici e incidenti.
Nel 1999, senza la presenza ufficiale della Porsche, Toyota, Mercedes, Audi, Panoz, BMW e Nissan si affrontarono. L’attenzione fu attirata dagli spettacolari incidenti delle Mercedes-Benz CLR, che letteralmente decollarono dalla pista. Nonostante le sfide e i ritiri, BMW emergé vincitrice, preparandosi a entrare trionfalmente nella Formula 1.
Gli anni duemila
Negli anni duemila, la scena delle gare automobilistiche vedeva un cambiamento di interesse tra i costruttori, segnando la fine di una era nell’ambito delle competizioni di resistenza. Dopo il 1999, l’attenzione verso la gara per i costruttori andò affievolendosi poiché molte squadre si stavano orientando verso altre competizioni. BMW e Toyota stavano intraprendendo l’avventura nella Formula 1, mentre la Mercedes concentrava le proprie energie sulla Formula 1 e sulla nuova DTM. Nel frattempo, alcuni affrontavano difficoltà finanziarie, come nel caso della Nissan.
Tuttavia, nel 2000, la competizione vide il coinvolgimento di alcuni costruttori, con un aumento significativo della partecipazione da parte degli Stati Uniti. Audi tornò sulla scena con il nuovo telaio R8, abbinato a un motore che sfruttava la tecnologia innovativa FSI. Dall’America, la Chrysler inviò una squadra con due vetture che adottavano il telaio Reynard 2KQ e motori Mopar, mentre la Cadillac, marchio della General Motors, presentò quattro vetture spinte dal proprio motore “Northstar“. Nel frattempo, la Panoz schierò nuovamente le sue LMP-1.
Le vetture Audi, preparate dalla scuderia Joest Racing, si distinsero nelle qualifiche e, beneficiando dei problemi degli avversari, conquistarono la vittoria. Questo successo segnò l’inizio di una serie vincente per Audi, che continuò per altri due anni con il team di piloti composto da Frank Biela (Germania), Tom Kristensen (Danimarca) ed Emanuele Pirro (Italia).
Nel 2003, dopo tre anni di trionfi, i dirigenti del gruppo Volkswagen decisero di concentrarsi sulla Bentley Speed 8 (marchio acquisito nel 1998). Pertanto, non furono schierate vetture Audi ufficiali, ma tre Audi R8 clienti gestite da squadre private. Le Bentley Speed 8 tornarono alla vittoria dopo 73 anni, conquistando il loro sesto titolo (dopo i 5 ottenuti tra il 1924 e il 1930). I prototipi erano equipaggiati con motori Audi V8 benzina biturbo, e tra i piloti vincitori figuravano Tom Kristensen e Dindo Capello, provenienti anch’essi dalla casa automobilistica tedesca.
Nel 2004 e nel 2005, Audi vinse con la R8 Sport gestita da team privati come il Team Veloqx nel 2005. In quell’anno si scontrò con le Pescarolo-Judd dell’ex pilota francese, una delle quali venne guidata anche dal famoso pilota francese Sébastien Loeb, noto per le vittorie nel WRC. Nel frattempo, il pilota danese Tom Kristensen stabilì un record di 6 vittorie consecutive.
Nel 2006, Audi introdusse una nuova vettura chiamata R10, sostituendo la R8 sport. Riuscì a ottenere la sua prima vittoria a Sebring. Il trio composto da Emanuele Pirro, Frank Biela e Marco Werner portò la Audi R10 TDI alla vittoria, diventando la prima auto a motore diesel a vincere la 24 Ore di Le Mans. Questo fu possibile grazie al basso consumo di gasolio, che significava meno tempo trascorso ai box. Questa caratteristica portò poi a cambiamenti nelle regole, con differenziazioni nella capacità del serbatoio tra le auto alimentate a gasolio e quelle a benzina. Tuttavia, il regolamento continuò a favorire le auto a diesel, permettendo loro di avere una maggiore cilindrata, pressione di sovralimentazione e flange più larghe. Al secondo posto si classificò la Pescarolo guidata da Loeb, Helary e Montagny. Completo il podio un’altra Audi, guidata da Capello, Kristensen e McNish.
Nel 2007, dopo diversi anni di dominio da parte di Audi, Peugeot si presentò ufficialmente con le sue due 908 HDi LMP1. In una gara conclusasi sotto una forte pioggia, Marco Werner, Emanuele Pirro e Frank Biela vinsero con l’Audi R10 TDI. Al secondo posto arrivarono Stéphane Sarrazin, Pedro Lamy e Sébastien Bourdais su Peugeot 908. Il terzo posto fu conquistato da Emmanuel Collard, Jean-Christophe Boullion e Romain Dumas alla guida della Pescarolo-Judd.
Nel 2008, c’è stata una forte competizione tra Audi e Peugeot per la vittoria. Anche se le Peugeot 908 erano molto veloci durante le prove e la gara, sono state superate dall’Audi R10 dell’equipaggio composto da Tom Kristensen, Rinaldo Capello e Allan McNish. Dopo una lunga lotta testa a testa, l’Audi ha prevalso nelle fasi finali, vincendo per meno di un giro.
Nel 2009, si è unita alla classe LMP1 l’Aston-Martin, che ha partecipato con 3 vetture Lola-Aston Martin B09/60. Queste auto sono state costruite su telai Lola e sono state dotate di motori a benzina V12 derivati dalla propulsione della Aston Martin DBR9 della classe GT1. Audi ha gareggiato con 3 nuove Audi R15 TDI ufficiali e con 2 R10 TDI dei clienti. Peugeot, invece, ha schierato 3 Peugeot 908 HDi aggiornate e una vettura di un team cliente. La vittoria nelle 24 Ore del 2009 è andata alla Peugeot, con l’equipaggio composto da Marc Gené, Alexander Wurz e David Brabham. Al secondo posto c’era un’altra Peugeot con Stéphane Sarrazin, Franck Montagny e Sébastien Bourdais. Nella classe dei prototipi minori, la LMP2, la vittoria è stata della Porsche RS Spyder. Nella classe GT1, ha vinto la Chevrolet Corvette C6 e nella GT2 la Ferrari F430.
Dal 2010 al 2020
Nel decennio compreso tra il 2010 e il 2020, la 78ª edizione della 24 Ore di Le Mans è stata dominata dall’Audi Sport. Nella categoria principale, la LMP1, Audi ha conquistato i primi tre posti con i suoi team. La vittoria è stata ottenuta dalla Audi R15 TDI guidata da Timo Bernhard, Romain Dumas e Mike Rockenfeller, partita dalla quinta posizione. Subito dietro si è classificato l’equipaggio dell’Audi Sport Team Joest composto da Fässler, Lotterer e Treluyer, settimo dopo le qualifiche. Nonostante un incidente che li ha rallentati durante la notte, la terza R15 TDI di Dindo Capello, Tom Kristensen e Allan McNish ha chiuso in terza posizione. La vettura vincente ha percorso 397 giri, coprendo una distanza di 5.410 km, stabilendo un nuovo record per il circuito nella sua configurazione attuale e ottenendo la migliore prestazione chilometrica nella storia della 24 Ore di Le Mans.
È stata una lunga corsa in solitaria del team Strakka Racing con la nuova ma costante e affidabile Acura HPD ARX-01 di Nick Leventis, Danny Watts e Jonny Kane nella categoria LMP2, arrivando al traguardo in quinta posizione assoluta. Sul podio sono saliti anche Moreau, Charouz e Lahaye sulla Pescarolo-Judd OAK Racing e Newton, Erdos e Wallace sulla Lola HPD Coupé del team RML.
Nella classe GT1, la Saleen S7R del Larbre Competition, anche se datata, si è dimostrata veloce e affidabile, conquistando la vittoria. L’alloro è andato a Gabriele Gardel, Roland Berville e Julien Canal, che hanno preso un ampio vantaggio sulla Corvette C6.R di Policand, Gregoire e Hart. Il terzo posto è stato ottenuto dalla Aston Martin DBR9 di Enge, Nygaard e Kox.
Nella categoria GT2, la squadra delle Chevrolet Corvette C6.R sembrava pronta a festeggiare i 50 anni dalla loro prima partecipazione alla 24 Ore di Le Mans, con entrambe le Corvette ufficiali in testa per gran parte della gara. Tuttavia, un duro contatto avvenuto alle 9:50 tra la 908 guidata da Davidson che cercava di recuperare terreno e l’auto americana di Emanuel Collard ha costretto la numero 64 al ritiro, consegnando la testa della corsa alla Porsche 997 GT3 RS Felbermayr Proton di Marc Lieb, Richard Lietz e Wolf Henzler. Il secondo posto è stato conquistato dalla Ferrari F430 Hankook-Farnbacher di Keen, Farnbacher e Simonsen, mentre il terzo posto è andato all’altra Porsche del team italiano BMS Scuderia Italia di Westbrook, Holzer e Scheider.
Anche nell’edizione del 2011 della 24 ore di Le Mans, la competizione si concentra sulla sfida tra le squadre ufficiali Audi e Peugeot. Entrambe schierano tre equipaggi ufficiali, utilizzando rispettivamente le nuove Audi R18 TDI e le Peugeot 908 (va notato che una 908 HDi FAP privata è stata schierata anche dalla squadra Oreca). Durante la gara, la casa automobilistica con i 4 anelli si trova a dover fare i conti con una sola vettura ancora in competizione dopo otto ore. Ciò è dovuto al fatto che le R18 TDI numeri 3 e 1, guidate rispettivamente da Allan McNish e Mike Rockenfeller, sono costrette al ritiro a seguito di gravi incidenti occorsi durante il sorpasso di vetture GT. Nonostante questa situazione, l’Audi rimasta in gara, la numero 2 guidata da André Lotterer, Marcel Fässler e Benoît Tréluyer (che si erano classificati secondi nel 2010), riesce a resistere all’assalto della squadra Peugeot, vincendo la gara con un vantaggio di circa 14 secondi sulla 908 di Sébastien Bourdais, Pedro Lamy e Simon Pagenaud. Il terzo posto è stato conquistato dall’altra Peugeot di Montagny-Sarrazin-Minassian. Nella classe LMP2, la vittoria va alla Zytek-Nissan del Greaves Motorsport, guidata da Oijeh-Kimber Smith e Lombard, che ha ottenuto l’ottavo posto assoluto. Le Chevrolet Corvette C6Zr1 hanno trionfato nelle classi GT (da questa edizione suddivise tra equipaggi professionisti e amatori), con Beretta-García-Milner che hanno vinto nella categoria GTE-Pro, mentre Gardel-Canal-Bornhauser hanno vinto nella GTE-Am.
Nel 2012, alla 24 Ore di Le Mans, la Peugeot non partecipa, lasciando l’Audi e la Toyota come principali concorrenti. Entrambe sfruttano la nuova regolamentazione che consente l’uso di sistemi ibridi. Le Audi R18 e-tron 4 possono utilizzare la trazione su tutte e 4 le ruote in determinate situazioni. Inoltre, l’Audi schiera anche 2 R18 Ultra non ibride, mentre la Toyota partecipa con due TS030 Hybrid.
La gara si concentra sulla sfida tra Audi e Toyota, ma la Toyota esce presto a causa di un grave incidente. La lotta per la vittoria rimane tra le due Audi ibride, senza ordini di scuderia. La svolta arriva la domenica mattina, quando la vettura numero 2 con Allan McNish va fuori pista e perde un giro. La vettura numero 1 di André Lotterer approfitta di questo incidente e si aggiudica la vittoria, insieme a Marcel Fässler e Benoît Tréluyer.
Nella classe LMP2 vince l’HPD ARx 03-b della Starworks Motorsport, mentre nella classe GTE-Pro, la scuderia AF Corse conquista le prime due posizioni con le Ferrari 458 Italia. Tra gli amatori, vittoria per la Chevrolet Corvette C6 ZR1 della Larbre Competition.
Nel 2013, l’Audi Sport Team Joest vince per il terzo anno consecutivo con l’equipaggio composto da Tom Kristensen, Loïc Duval e Allan McNish. La gara è segnata dalla tragica morte del pilota Allan Simonsen, coinvolto in un grave incidente nelle prime fasi della gara.
La 24 Ore di Le Mans del 2014 è stata una gara molto combattuta fin dalle prime fasi. La squadra Toyota, considerata favorita dopo aver vinto le prime due gare del campionato mondiale endurance (a Silverstone e Spa, ottenendo entrambe doppiette), ha confermato le aspettative ottenendo la pole position nelle qualifiche del venerdì. Le due Porsche 919 Hybrid e le tre Audi R18 E-tron Quattro hanno seguito nelle posizioni successive.
Tuttavia, dopo meno di 4 ore di gara, un improvviso scroscio di pioggia lungo il rettilineo della Mulsanne ha causato diversi incidenti. La Audi numero 3, guidata in quel momento da Marco Bonanomi, è stata costretta al ritiro. Anche la Toyota numero 8, danneggiata nell’incidente e guidata da Sarrazin, è riuscita ad arrivare ai box. Tuttavia, quando è tornata in pista, era già fuori dalla lotta per la vittoria a causa del tempo necessario per le riparazioni.
La gara è proseguita a ritmi elevati in tutte e quattro le classi fino alla notte. Poco prima dell’alba, la Toyota numero 7, che era in testa alla corsa, ha avuto problemi di affidabilità e è rimasta ferma ai box per 4 giri per la riparazione del motore termico.
Dall’alba in poi, si è svolta una lotta tra le due Audi rimaste in gara e la Porsche numero 19. Dopo vari scambi di posizione e variazioni di strategia da parte della Audi, che è riuscita a prendere il primo posto con la R18 numero 2 guidata da Andre Lotterer in quel momento, la R18 numero 1 e la Porsche hanno avuto problemi al motore a un’ora e mezza dalla fine. L’Audi è riuscita a riparare dopo soli 3 giri, mentre la Porsche è riuscita a riparare completamente la sua vettura nell’ultima mezz’ora di gara, mandandola in pista per completare la corsa.
Anche nel 2014 è stata l’Audi ad aggiudicarsi la vittoria della corsa, con la vettura numero 2 guidata da Fassler, Lotterer e Treluyer che ha concluso al primo posto davanti all’Audi numero 1 di Di Grassi, Genè e Kristensen. La Toyota ha dovuto accontentarsi del terzo posto.
Nella categoria LMP2, la Zytek motorizzata Nissan ha trionfato nella competizione, superando la concorrenza della Ligier, inizialmente considerata la favorita.
La classe GTE-PRO ha visto la vittoria della Ferrari 458 Italia del team AF Corse, guidata da Bruni, Vilander e Fisichella. Aston Martin si è invece piazzata al primo posto nella categoria GT-AM.
L’edizione del 2014 della 24 Ore di Le Mans ha registrato la presenza del pubblico più numeroso sulla pista, con oltre 266.000 spettatori lungo l’intero circuito.
Il 2017 ha visto il trionfo della Porsche, che ha conquistato la terza vittoria consecutiva (2015-2016-2017) con la sua 919 Hybrid #2, pilotata da Timo Bernhard, Brendon Hartley ed Earl Bamber. La gara è stata caratterizzata dai numerosi ritiri delle LMP1, con soli 2 prototipi che hanno raggiunto il traguardo. Nonostante i problemi riscontrati dalla Porsche #2, una LMP2 ha mantenuto il comando fino all’ultima ora di gara. Sul podio sono salite la Oreca 07 del team Jackie Chan DC Racing, guidata da Ho-Pin Tung, Thomas Laurent e Oliver Jarvis (vincitrice di categoria) al secondo posto, e la Oreca 07 del team Vaillante Rebellion, guidata da Nelson Piquet Jr., Mathias Beche e David Heinemeier Hansson, al terzo posto.
Nelle categorie GTE, l’Aston Martin Vantage GTE di Darren Turner, Jonathan Adam e Daniel Serra ha conquistato il primo posto nella Pro, mentre nella categoria Am la Ferrari 488 GTE di Robert Smith, Will Stevens e Dries Vanthoor si è aggiudicata la vittoria.
Nel 2018, la vittoria alla gara è stata conquistata dalla vettura del team Toyota Gazoo Racing numero 8, guidata da Fernando Alonso, Kazuki Nakajima e Sébastien Buemi, partita dalla pole position. È stata la prima volta che la Toyota ha vinto il titolo nella massima categoria di gara.
La classe LMP2 è stata inizialmente vinta dalla Signatech Alpine, ma successivamente è stata squalificata, così il titolo è andato alla G-Drive TDS Racing. Nel LMGTE Professional, ha trionfato il Porsche GT Team, mentre la vittoria nella classe LMGTE Amateur è stata conquistata dal Dempsey-Proton Racing.
Nel 2019, il team vincente dell’anno precedente, su Toyota TS050-Hybrid, ha di nuovo conquistato la vittoria assoluta.
Nel 2020, Fernando Alonso non ha partecipato e al suo posto c’era Brendon Hartley. Nonostante il cambio, la Toyota numero 8 ha vinto per la terza volta consecutiva. La gara, tenutasi a settembre al di fuori della data solita a causa della Pandemia di CoVid-19, ha visto vittorie per la Oreca 07-Gibson del team United Autosport, guidata da Filipe Albuquerque, Philip Hanson e Paul di Resta nella classe LMP2, l’Aston Martin Vantage AMR dell’Aston Martin Racing con Alex Lynn, Maxime Martin e Harry Tincknell nella classe GTE-Pro, e un’altra Aston Martin Vantage AMR del team TF Sport guidata da Jonatham Adam, Charlie Eastwood e Salih Yoluç nella classe GTE-Am.
Dal 2021 a oggi
Dal 2021 in poi, c’è stata un’importante novità nella gara delle 24 Ore di Le Mans, con l’introduzione della classe Hypercar. Questa categoria ha permesso alle Hypercar di partecipare, e dal 2023 anche alle auto LMDh. Le auto LMP1 sono state autorizzate a partecipare, mentre i regolamenti per le LMP2 sono stati estesi fino al 2024.
Nel corso di questa edizione, la vittoria è stata ancora una volta conquistata dal team Toyota Gazoo Racing, segnando la loro quarta vittoria consecutiva. Nella classe LMP2, la vittoria è andata alla vettura numero 31 del Team WRT, segnando la prima vittoria per questo team che non vinceva dal 2012 con Starworks Motorsport
Potrebbero interessarti anche questi articoli:
FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].
Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.