L’espressione “arrivare al fotofinish” è largamente diffusa e di uso comune. Perché si dice così e qual è il significato
Cos’è il “fotofinish”. L’espressione “arrivare al fotofinish” viene usata nel linguaggio comune “quando si ottiene un risultato in una gara con un ridotto vantaggio temporale rispetto all’avversario“.
Cos’è il fotofinish?
Il fotofinish è un dispositivo impiegato dai giudici di gara per determinare esattamente l’ordine di arrivo di una competizione sportiva.
Si tratta di un’apparecchiatura fotografica (puntata sulla linea d’arrivo) in cui la pellicola viene fatta scorrere orizzontalmente a velocità costante nel senso inverso alla direzione della corsa. In questo modo, la fotografia che si ottiene è di fatto un grafico del passaggio dei corridori sulla linea in funzione del tempo. Esaminando questa fotografia si possono determinare con precisione millimetrica l’ordine di arrivo dei concorrenti e il tempo esatto impiegato da ciascuno di essi.
Le moderne attrezzature hanno, invece, eliminato la pellicola e adottato sistemi informatici che permettono un’altissima qualità dell’immagine, stampe dettagliate in pochi secondi e collegamenti a tabelloni elettronici.
Significato di fotofinish
L’espressione deriva dall’inglese “photo finish“, che indica la foto che viene scattata sulla linea del traguardo delle gare di corsa di cavalli o di atletica per provare chi è il corridore vincente.
Perché si usa il fotofinish?
Il fotofinish si usa all’arrivo al traguardo in una gara di corsa, nel quale i corridori, anche se due soltanto, sono così vicini che il vincitore può essere determinato solo attraverso la fotografia o la ripresa filmata dell’arrivo.
Come funziona il fotofinish?
Il fotofinish ha un nome: FinishLynx (che significa “occhio di lince”). FinishLynx è anche il nome dell’azienda americana che produce questi strumenti di precisione utilizzati nei cronometraggi di tutti gli sport.
Lo strumento, montato su un treppiede opportunamente posizionato, osserva l’arrivo allineato con precisione alla striscia a terra. Si tratta di una telecamera speciale, digitale, collegata direttamente ai computer dei cronometristi sull’arrivo. Monta un obiettivo fotografico che proietta la luce solo su una singola fila di pixel. Quel che viene memorizzato è la somma di quanto passa davanti a quella fessura di pixel fotosensibili. Dai 5 ai 10 mila frame al secondo.
Il risultato è una striscia lunghissima che corrisponde al passaggio di tutti soggetti che tagliano il traguardo. Per praticità vengono tagliati tutti gli spazi vuoti così da avere una sequenza unica di corridori.
Se il sistema è collegato al cronometro, ad ogni riga corrisponderà un tempo, esatto al millesimo di secondo, così da poter valutare eventuali distacchi. Con questo sistema la precisione è assoluta, quindi si interroga il fotofinish solo in caso di necessità.
Nelle gare più importanti viene montata una doppia telecamera, su entrambi i lati dell’arrivo, così da avere un sistema di backup in caso di malfunzionamento o di dubbio se un corridore fosse coperto da un altro.
Dove si usa il fotofinish
Il fotofinish viene impiegato nelle gare di atletica leggera (soprattutto le prove di velocità), di ciclismo e nell’ippica (sia trotto che galoppo).
Invece, nelle competizioni motoristiche si usano apparecchiature elettroniche che registrano il passaggio di ciascun concorrente ad ogni giro di pista.
Origine del fotofinish
Già nei Giochi olimpici di Stoccolma del 1912 veniva usata un’apparecchiatura fotografica come ausilio per stabilire l’ordine d’arrivo, ma il primo fotofinish vero e proprio, con scorrimento continuo della pellicola, è stato impiegato nel 1932 a Los Angeles (il dispositivo era in grado di rilevare i tempi al centesimo di secondo).
Poi, a Londra, nel 1948, per la prima volta il dispositivo è stato collegato alla pistola dello starter, misurando quindi il tempo dall’istante esatto dello sparo.
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