Il progetto SOLARIS dell’ESA: centrali solari in orbita nello spazio

L’Agenzia Spaziale Europea punta a realizzare delle centrali solari orbitali in grado di fornire energia ai Paesi dell’UE


Il progetto SOLARIS dell’ESA: centrali solari in orbita nello spazio. L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha messo a punto un programma chiamato SOLARIS per determinare se sarà possibile perseguire la via dell’energia solare dallo spazio. Si tratta di una fonte rinnovabile, costante, pulita e illimitata perché il Sole ha una sopravvivenza stimata di altri 5 miliardi di anni da cui poter attingere energia.

2 indagini legate al progetto Space-Based Solar Power hanno confermato la fattibilità tecnica della costruzione di grandi centrali solari orbitali, grazie alle quali sarebbe possibile perseguire l’obiettivo delle emissioni zero nette (di carbonio) nell’Unione Europea entro il 2050.

L’energia solare dallo spazio darebbe un contributo fondamentale per affrancarsi totalmente dai combustibili fossili, dato che con il solo fotovoltaico, l’eolico, il geotermico e altre fonti rinnovabili si ritiene che la transizione ecologica non possa essere pienamente realizzata.

Ciò dipende dal fatto che sia l’eolico che il fotovoltaico sono incostanti: il primo è condizionato dal meteo e dal fatto che il Sole sorge e tramonta ogni giorno, lasciando spazio alla notte; il secondo dal vento, non presente ovunque e comunque non in modo regolare.

Invece, nello spazio il Sole non tramonta mai e non viene oscurato dalle nuvole dell’atmosfera terrestre. Da qui nasce l’idea di raccoglierla attraverso centrali solari orbitali e inviarla sulla Terra.

Come funzionano le centrali solari orbitali?
Una centrale solare orbitale si compone di 3 strutture:
  • Una gigantesca stazione orbitante composta da km quadrati di pannelli solari ad altissima efficienza;
  • Un’antenna in grado di convertire l’energia accumulata delle celle in microonde da “spedire” sulla terraferma;
  • Una centrale terrestre basata su una enorme “rectenna” che riceve le microonde, le converte in energia elettrica e la convoglia verso la rete nazionale.

Come, però, ha spiegato l’ESA in un comunicato stampa, realizzare simili infrastrutture richiede investimenti da diversi miliardi di Euro e avanzamenti tecnologici significativi in diversi settori. Fra essi la capacità di costruire infrastrutture nello spazio, l’assemblaggio robotizzato (basato su robot autonomi), il fotovoltaico ad alta efficienza, l’elettronica ad alta potenza e la formazione di fasci di radiofrequenza. Da non sottovalutare, poi, il potenziale impatto delle microonde sulla salute umana, degli animali e degli ecosistemi, oltre alla compatibilità con il traffico aereo e satellitare.

Le centrali solari orbitali verrebbero costruite in orbita geostazionaria (per restare sempre in contatto con gli impianti di ricezione sulla Terra) a circa 40mila km di quota. Molto più in alto della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che orbita a circa 400 km di quota. Entro il 2025 verrà dato il via libera o meno al progetto.

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