Il Governo Meloni ha introdotto una novità in tema fiscale: alcuni reati tributari, previa accordo con il Fisco e il pagamento delle tasse, saranno non punibili
Come funziona lo scudo fiscale del governo Meloni? Il Governo Meloni ha introdotto una novità in tema fiscale: alcuni reati tributari, previa accordo con il Fisco e il pagamento delle tasse, saranno non punibili. Chi si ravvede e si accorda con il Fisco potrà evitare la punizione per alcuni reati tributari. Questo scudo penale per i reati fiscali non è una novità e in passato ha creato diverse polemiche tra maggioranza e opposizione.
Il tentativo di inserirlo nella Legge di Bilancio 2023 non è andato a buon fine a causa delle proteste dell’opposizione. Tuttavia, la maggioranza di governo ha introdotto lo scudo penale per i reati fiscali nel Decreto Bollette di recente approvato, una sorpresa dato che nella bozza del provvedimento non era previsto.
Il viceministro dell’Economia, con delega al Fisco, Maurizio Leo, ha sostenuto l’introduzione dello scudo penale per i reati fiscali nel Ddl Bollette, che permette la “salvezza” dai reati penali per coloro che evadono il Fisco per necessità.
Come funziona
La misura riguarda la non punibilità dei cittadini evasori che scelgono di pagare gli importi dovuti a seguito dei controlli del Fisco solo in alcune situazioni particolari, come ad esempio l’indebita compensazione di crediti non spettanti di importo superiore a 50.000 euro, il mancato versamento di IVA di importo superiore a 250 euro per anno e il mancato versamento di ritenute dovute o certificate da più di 150.000 euro per annualità. La misura non ingloba la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione.
La portata penale del reato viene quantificata prendendo in considerazione le definizioni raggiunte in sede amministrativa o giudiziale, cioè quando il contribuente aderisce all’accertamento e decide di pagare quando dovuto, o quando il pagamento viene rateizzato.
Il decreto prevede anche novità sugli avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione, e gli atti di recupero non impugnati ma che lo erano alla data del 1° gennaio 2023. La definizione agevolata vale per quegli avvisi che sono diventati definitivi perché non è stata presentata impugnazione entro il 15 febbraio. In tal caso, il contribuente dovrà pagare solo l’imposta e non le sanzioni e gli interessi. Per gli avvisi con acquiescenza tributaria, da pagare a rate, si potranno contrattare condizioni migliori per le somme da versare.
Il decreto prevede inoltre proroghe dei tempi per pagare le imposte: la data del pagamento della prima rata per sanare le irregolarità e le inadempienze commesse fino al 31 ottobre 2022 slitta di sette mesi, mentre il ravvedimento speciale sulle dichiarazioni riferite al periodo d’imposta del 31 dicembre 2023 e precedenti viene posticipato al 30 settembre 2023.
C’è anche una definizione agevolata di controversie tributarie, che include avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione, nonché atti di recupero non impugnati ma che lo erano alla data del 1° gennaio 2023. Per questi avvisi, il contribuente paga solo l’imposta e non le sanzioni e gli interessi. Per gli avvisi con acquiescenza tributaria, da pagare a rate, è possibile contrattare condizioni migliori per le somme da versare.
La domanda di adesione alla definizione agevolata viene posticipata al 30 settembre e, nel caso di importi eccedenti i 1.000 euro, il pagamento può essere fatto in 20 rate, alla condizione che le prime tre siano versate entro fine settembre, ottobre e 20 dicembre.
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