Il termine “Sharia” significa “strada battuta” (da Dio) e include norme e princìpi, non scritti, ispirati a varie fonti islamiche, tra cui il Corano
Cos’è la Sharia. Il termine “Sharia” (o Shari’a) significa letteralmente “strada battuta” (da Dio) e include norme e princìpi (non scritti) ispirati a varie fonti islamiche, tra cui il Corano. Può cambiare a seconda del luogo in cui viene interpretata e applicata.
La legge di Dio
Tutto parte dalla parole del profeta Maometto. Da qui nascono i precetti che governano la vita pubblica e politica del Paese che adotta la Sharia.
Il sistema “legale” islamico consiste in un sistema di princìpi cui i fedeli si ispirano per la condotta personale. Tale sistema è elaborato mediante un’interpretazione di 4 fonti tradizionali: Corano e Sunna (le principali), e Qiya e Ijma.
Si tratta di una serie di dettami religiosi a cui può ispirarsi sia il fedele in quanto individuo, sia una comunità o uno Stato. I principi della Sharia sono, quindi, “la principale fonte della legislazione” dei Paesi islamici.
Chi decide cosa è secondo Sharia e cosa non lo è?
Se tutto è “interpretabile“, chi decide cosa è secondo Sharia e cosa non lo è?
I musulmani (come i cristiani e gli ebrei) hanno avuto una rivelazione scritta. Ma nel testo sacro del Corano sono solo 80 i versetti (su oltre 6.000) che contengono esatti obblighi di natura giuridica. Nella Sunna (l’insieme degli atti e dei detti di Maometto) non se ne trovano.
Quindi, le regole della “Sharia” sono il frutto di analisi, ragionamenti e studi stratificati nel corso dei secoli da parte dei dotti. Da qui nasce il cosiddetto “fiqh” (la giurisprudenza islamica), che però può variare a seconda del territorio che la interpreta. Questa giurisprudenza è stata in gran parte elaborata attraverso opinioni legali (fatwa) emesse da giuristi qualificati (mufti).
La giustizia penale vera e propria si ispira alla Sharia, ma seguendo una “strada” di leggi e statuti costruiti sul modello occidentale. Infatti, nell’età contemporanea (complici le incursioni dell’Occidente in Asia) anche le procedure giudiziarie e le Costituzioni degli Stati hanno iniziato a seguire le pratiche europee.
La cosiddetta “legge divina“, però, non ha mai smesso di influenzare la vita privata e pubblica (soprattutto in materia familiare), dando vita a fazioni sociali talvolta in violento contrasto fra loro.
Il “gioco” Stato-religione è molto evidente in almeno una decina di Paesi che hanno il Corano come fonte di “diritto” per i loro codici penali. Tra questi l’Arabia Saudita, l’Iran e il Pakistan. In altri casi (come in alcune nazioni del Nord Africa e del Vicino Oriente) i principi religiosi regolano solo la vita privata. In altri casi ancora, la separazione tra Stato e religione è totale: è il caso della Tunisia, della Bosnia e dei Paesi dell’Asia centrale nati dal crollo dell’Unione sovietica.
Ci sono, però, interpretazioni estreme della Sharia, come quelle invocate dai terroristi islamici per giustificare i loro attentati, o da Stati (come Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Yemen e Afghanistan) per mantenere la lapidazione nella propria legislazione.
Differenza tra Sharia e modello giuridico occidentale
Nella Sharia, ogni atto è classificabile secondo una scala di accettabilità rispetto alla religione, che vede al primo posto gli obblighi di fede (i “pilastri dell’islam”) e in fondo gli atti vietati.
La Sharia comprende anche il diritto penale, nel quale i reati al primo posto sono i delitti contro Dio (ossia l’apostasia e la blasfemia), quindi l’adulterio, il consumo di bevande alcoliche, il furto e la rapina. Per questi la Sharia stabilisce pene severe (hudud) fino alla morte. Tutti reati non riconosciuti nel diritto occidentale. Anche la decapitazione, la mutilazione di arti e le frustrate vanno a confliggere con i principi del diritto occidentale.
Inoltre, nonostante la legge islamica veda uomini e donne come uguali agli occhi di Dio, diritti e obblighi loro conferiti non sono identici, con discriminazioni di genere femminile in fatto di eredità e libertà personali.
La Sharia in Afghanistan
Siccome tra Stato e Stato (ma anche all’interno dello stesso Stato) le regole della la Sharia cambiano, quale sarà la Sharia del “nuovo” Afghanistan talebano?
L’Emirato islamico afghano è esistito già dal 1996 al 2001. In quel periodo i talebani imposero un’interpretazione della Sharia rigida, che prevedeva le mutilazioni di mani e piedi per ladri e criminali.
Inoltre, le donne non possedevano diritti (non potevano uscire di casa senza burqa e senza il marito o un parente di sangue; non potevano guidare bici, motocicli e automobili; la separazione dei sessi negli spazi pubblici era totale; non era consentito apparire in fotografie, riviste, tv e giornali; non potevano lavorare fuori casa ed entrare in contatto con uomini diversi dal marito o dai parenti, compresi i medici; erano vietati cosmetici, gioielli, acconciature, scarpe e abiti “immodesti”).
A giudicare dalle dichiarazioni dei nuovi talebani nella loro prima conferenza stampa, si ipotizza una maggiore “apertura” e un’applicazione meno rigida dei precetti religiosi nella vita pubblica.
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