Ci sono casi in cui il padre può mantenere la casa anche in assenza di figli economicamente dipendenti dai genitori
Quando il padre può tenere la casa? Nel momento di una separazione, il giudice solitamente assegna il diritto di permanenza nella casa familiare al genitore con il quale risiederanno i figli. Questa decisione mira a garantire la continuità dell’ambiente domestico per i bambini, riducendo il trauma di un cambiamento delle loro abitudini quotidiane. Tuttavia, ci sono casi in cui il padre può mantenere la casa anche in assenza di figli economicamente dipendenti dai genitori. Questo può dipendere da vari fattori, inclusi accordi tra le parti o decisioni del giudice basate sulle circostanze specifiche della separazione.
Assegnazione della casa all’ex
Secondo l’articolo 337-sexies del Codice Civile, il godimento della casa familiare è assegnato considerando principalmente l’interesse dei figli. Questo significa che la giurisprudenza tende a proteggere il diritto dei figli a continuare a vivere nella casa familiare dopo la separazione dei genitori.
La “casa familiare” è quella in cui la famiglia viveva abitualmente prima della separazione. Questo concetto è importante per determinare quando il padre può mantenere la casa.
Di solito, la casa viene assegnata al genitore con il quale i figli minori vivranno principalmente, che solitamente è la madre. È importante distinguere il “collocamento” (che riguarda la convivenza) dall'”affidamento“, che riguarda le decisioni importanti per la crescita e l’educazione dei figli. Se il collocamento avviene con un solo genitore, l’affidamento è di solito condiviso.
Queste regole, inclusa l’assegnazione del diritto di abitazione nella casa familiare, si applicano sia alle coppie sposate che a quelle conviventi. Quindi, anche per le coppie conviventi, la normativa è la stessa.
Quando la casa non può essere assegnata all’ex?
La decisione del giudice di assegnare l’ex casa familiare al genitore con cui risiedono i figli non si applica in determinate situazioni:
- Se la coppia non ha figli, la casa rimane al suo proprietario senza necessità di proteggere un soggetto specifico. Tuttavia, se la casa è in comproprietà e uno dei proprietari vi si barrica impedendo all’altro di entrare, il primo dovrà pagare una compensazione per l’occupazione illegittima.
- Se i figli sono maggiorenni e autosufficienti, cioè capaci di provvedere a se stessi, la casa non viene assegnata automaticamente al genitore con il collocamento prevalente. L’autosufficienza non richiede necessariamente un lavoro full-time a tempo indeterminato, ma può includere anche forme di lavoro precario di lunga durata, escludendo però contratti stagionali.
- Se i figli sono già sposati o vivono da soli, l’ex casa familiare non viene assegnata al genitore collocatario.
Ci sono anche situazioni in cui la casa rimane al suo proprietario:
- Se la casa non è stata la residenza abituale della famiglia. Ad esempio, se il proprietario ha un appartamento disabitato o concesso in affitto, e la famiglia vive altrove, il giudice non può assegnare il diritto di abitazione all’ex coniuge.
- Se l’abitazione è stata concessa in comodato d’uso non precario, cioè tramite un contratto scritto, registrato e con una data di scadenza specifica. Ad esempio, se il coniuge ottiene in prestito la casa dei genitori con un contratto di comodato gratuito, l’ex coniuge non può rivendicare il diritto di abitazione se il termine del contratto è specificato. Se non c’è una data di scadenza nel contratto di comodato, la casa può essere assegnata al coniuge con il collocamento prevalente dei figli.
Quando un coniuge malato può tenere la casa?
Il Tribunale di Perugia ha emesso un’ordinanza significativa il 22 marzo, stabilendo che la casa può essere assegnata al coniuge affetto da una grave malattia, anche se i figli minori risiedono prevalentemente con l’altro genitore. Questa decisione si basa sull’articolo 337-sexies del Codice Civile, che prioritariamente considera l’interesse dei figli nell’assegnazione dell’immobile.
Durante l’udienza, il giudice ha confermato l’affidamento condiviso dei figli e ha affrontato la disputa riguardante la casa familiare tra i coniugi. Si è appreso che il marito, ancora residente nella casa e gravemente malato di cancro, stava ricevendo cure chemioterapiche. Spostarlo avrebbe compromesso il suo benessere e richiesto un’altra abitazione adatta alle sue condizioni mediche, facilmente accessibile per necessità logistiche come le ambulanze.
Nell’ordinanza, il giudice ha chiarito che la decisione non trascura l’interesse dei minori. Mantenere un ambiente stabile per il padre mirava a ridurre la loro sofferenza e consentire la condivisione di momenti di vita quotidiana. Altre opzioni avrebbero avuto un impatto negativo sulla vita dell’uomo e sulla relazione con i figli.
I genitori del marito avevano offerto una soluzione alternativa, mettendo a disposizione un’altra abitazione nella stessa area per la ex moglie e i nipoti. Questo ha permesso ai minori di mantenere la loro routine scolastica e sociale.
La salute precaria del padre ha giustificato il collocamento prevalente dei figli con la madre, poiché non avrebbe potuto garantire una cura costante. Tuttavia, padre e figli potevano incontrarsi regolarmente, con visite programmate, e i genitori avevano la libertà di gestire la vita dei figli secondo le loro esigenze, essendo in vigore un affidamento condiviso.
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