Più della metà delle acque italiane contiene pesticidi

Secondo l’ultimo rapporto dell’ISPRA “sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio” delle acque italiane

Più della metà delle acque italiane contiene pesticidi
Più della metà delle acque italiane contiene pesticidi. Secondo i dati dell’ultimo rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), incentrato sul biennio 2019-2020, relativamente alle acque superficiali “sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio“. Inoltre, il 30% dei punti di monitoraggio ha “concentrazioni superiori ai limiti ambientali“, e tra le sostanze che più spesso hanno determinato tale superamento vi è l’erbicida glifosato ed il metabolita AMPA.

Leggermente migliore è la situazione delle acque sotterranee, contaminate nel 23,3% dei 2.551 punti di monitoraggio, con concentrazioni superiori ai limiti di legge in 139 punti, il 5,4% del totale. Anche in questo caso il glifosato è stato il contaminante chimico più trovato.

La presenza di pesticidi è risultata più elevata nel Nord Italia, arrivando a interessare il 67% dei punti delle acque superficiali e il 34% delle acque sotterranee. Come, però, sottolineato nel rapporto, nel tempo, il monitoraggio si è concentrato in modo particolare nelle aree dove la contaminazione è più probabile, le quali sono presenti nel Nord Italia.

Cosa dice il rapporto:

La presenza di pesticidi, come già ampiamente segnalato negli anni precedenti, è più diffusa nelle aree della pianura padano-veneta. […] tale stato sia legato ovviamente alle caratteristiche idrologiche del territorio in questione e al suo intenso utilizzo agricolo, ma dipenda anche dal fatto, non secondario, che le indagini sono più complete e rappresentative nelle regioni del Nord“.

La frequenza di ritrovamento delle sostanze prioritarie della DQA (Direttiva Quadro Acque) ha un andamento crescente fino al 2018 sia nelle acque superficiali che sotterranee“, mentre nell’ultimo biennio vi è una tendenza decrescente. Questo “si spiega probabilmente col fatto che gran parte dei pesticidi dell’elenco di priorità sono fuori commercio e quella misurata è il residuo di una contaminazione storica“.

Al declino dei ritrovamenti totali, inoltre, “contribuisce la revoca nel 2020 di due delle sostanze fino a quella data ancora in vendita e tra le più ritrovate, clorpirifos e diuron“, oltre al fatto che dal 2011 al 2020 si è verificata una sensibile diminuzione delle quantità di prodotti fitosanitari messe in commercio, il che è indice di “un più cauto impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e dell’aumento dell’agricoltura biologica“.

In generale, nelle acque sono state trovate 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi, ma questo indica “un’ampia presenza di pesticidi“.

A tutto ciò, infine, si aggiunga che “i dati di monitoraggio evidenziano la presenza di miscele nelle acque“, con “un numero medio di 4,3 sostanze e un massimo di 31 sostanze in un singolo campione“.

Si deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi sono spesso esposti a miscele di sostanze chimiche, di cui a priori non si conosce la composizione, e che lo schema di valutazione basato sulla singola sostanza non è adeguato“.

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