Dal 2000 al 2018, in Italia, 85 bambini con meno di 1 anno di vita sono stati uccisi dai loro genitori. La media è di 1 vittima ogni 3 mesi
In Italia 9 infanticidi su 10 sono commessi dalle donne. Dal 2000 al 2018, in Italia, 85 bambini con meno di 1 anno di vita sono stati uccisi dai loro genitori. La media è di 1 vittima ogni 3 mesi. L’89,4% di questi crimini è stato commesso dalle madri e solo il 10,6% dai padri.
Sempre nello stesso periodo, i “figlicidi” complessivamente sono stati 473. Le vittime di età compresa tra 1 e 5 anni sono state 93 (il 19,7%), quelle da 6 a 13 anni 87 (il 18,4%), quelle da 14 a 17 anni 26 (il 5,5%) e quelle ultra 18enni 180 (il 38,1%). Sono i dati del Rapporto Eures sugli omicidi in famiglia.
La partecipazione delle madri agli eventi delittuosi si riduce all’aumentare dell’età del bambino:
- Fascia 1-5 anni: 45 madri omicide e 48 padri;
- Fascia 6-13 anni: i figli uccisi dai padri salgono a 56;
- Adolescenti: 27 madri omicide e 181 dai padri.
Sono i figli maschi a prevalere sulle femmine nella vittimologia: 276 maschi uccisi tra il 2000 e il 2018 (pari al 58,5%) e 197 femmine (41,5%).
Omicidi in famiglia
Nel 2019, invece, ci sono stati 158 omicidi in famiglia, 1 ogni 55 ore. In 19 casi le vittime sono i figli.
Secondo i dati di Eures (Ricerche Economiche e Sociali), aggiornati al 2019, gli omicidi in ambito familiare (family e intimate homicide) rappresentano poco meno della metà di quelli totali.
Nel 2019 gli omicidi in famiglia sono stati 75 al Nord, 30 al Centro e 54 al Sud. Complessivamente il 10,2% in meno rispetto ai 176 del 2018. I figlicidi hanno rappresentato circa il 12% del totale.
Il Giornale ha intervistato Marco Pingitore, psicologo e criminologo che, per lavoro, si interessa a questi fenomeni.
Dottor Pingitore, perché così tante donne uccidono i propri bambini?
“Le donne sono spesso più responsabili degli uomini per gli infanticidi. D’altronde la primaria figura di accudimento, nei primi giorni di vita, è la madre. E se lei non sta bene, magari perché ha delle brutte ricadute depressive dovute al post-partum, anche il bimbo è a rischio“.
Come ce ne si accorge?
“In ospedale stanno attenti ai segnali: se una donna accampa scuse per non attaccare al seno il neonato, per esempio. Però non c’è solo questo“.
Cioè?
“C’è anche l’ipercura. Si tratta di un problema difficilissimo da scoprire e che, ancora una volta, riguarda in massima parte le donne. Ha mai sentito parlare della sindrome di Münchhausen per procura?“.
Quella di chi crea apposta disturbi fisici negli altri?
“Esatto. Alle volte succede che le madri, per stare al centro dell’attenzione, usino i bambini in questo senso“.
E per i figlicidi?
“L’articolo 572 del Codice penale che disciplina i maltrattamenti in famiglia ha una casistica oltremodo variegata. Le dinamiche domestiche vanno lette da un punto di vista sistemico“.
Cosa vuol dire?
“Pensi al marito che usa violenza nei confronti della moglie la quale non lo denuncia, o (capita anche questo, purtroppo) lo giustifica davanti al figlio. Ecco, in questo caso abbiamo una forma di violenza ulteriore perché nemmeno lei riesce a tutelarlo“.
Mi perdoni, però in questo caso la donna è evidentemente una vittima.
“Certo, d’accordissimo. Ma così stiamo di nuovo perdendo di vista il bambino. Qualcuno lo deve proteggere. Il problema è una visione troppo adultocentrica. La donna non va colpevolizzata, ci mancherebbe. Però, intanto che cerchiamo di salvarla, come è sacrosanto fare, il piccolo che fine fa?“.
Allora che differenze ci sono, tra un padre che uccide la sua prole e una madre che fa altrettanto?
“L‘uomo è più ‘semplice’, più esplicito. Per lui la violenza è un esercizio di potere. Quando non si vede riconosciuto il ruolo di punto di riferimento può andare in crisi. Per la donna è una questione più intima. Lei agisce nell’ambito psicologico, l’uomo in quello fisico“.
Ci sono meccanismi che qualificano l’agire dell’uno o dell’altra?
“No, non ci sono grosse diversità. Infatti abbiamo avuto casi addirittura commessi da entrambi, con un concorso di causa“.
Accidenti. Quando si concentrano questi fatti?
“La maggior parte delle volte nell’ambito delle separazioni“.
Perché?
“Perché i ragazzini vengono usati un contesto di ripicca come un oggetto. ‘Tu non mi vuoi più e allora io ti colpisco con qualcosa a cui tieni’. Questi bimbi vengono spersonalizzati“.
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