In Italia il 16,7% della popolazione è composto da giovani tra i 0 e i 18 anni. Circa il 30% di questi si trova in condizioni di disagio sociale ed economico. Il fenomeno collaterale è la povertà educativa
I dati sulla povertà educativa in Italia. In Italia il 16,7% della popolazione è composto da giovani tra i 0 e i 18 anni. Circa il 30% di questi si trova in condizioni di disagio sociale ed economico. Il fenomeno collaterale è la povertà educativa.
Secondo l’Osservatorio sulla povertà educativa, 1,4 milioni di minori vivono in povertà assoluta e circa 2,2 milioni si trovano in povertà relativa. Questi indicatori economici sono diversi da paese a paese. In Italia la povertà assoluta è generata da un calcolatore messo a disposizione dall’Istat, che determina il valore di circa 1500 euro per una famiglia di due adulti e due bambini (0-3 e 4-10 anni). La povertà relativa è invece attribuita a chi percepisce e vive con un reddito del 50% in meno rispetto alla media nazionale.
Cos’è la povertà educativa?
Secondo il presidente dell'”Associazione Con i Bambini“, Marco Rossi-Doria (che insieme alla Fondazione openpolis stanno facendo luce su una questione), la povertà educativa “è un bambino che vive in una città come Napoli e non ha mai visto il mare“.
L’IPE (Indice di Povertà Educativa), definito dall’Istat attraverso 4 dimensioni (partecipazione, resilienza, capacità di intessere relazioni e standard di vita), si riferisce solo a giovani tra i 15 e i 29 anni, e non fornisce un quadro completo poiché mancano dati aggiornati a livello locale e il range non comprende tutte le fasce dell’età evolutiva.
La povertà educativa, invece, è il risultato di un contesto economico, familiare e territoriale che colpisce anche la dimensione emotiva dei bambini.
Il diritto allo stimolo della conoscenza, all’accesso alle risorse quotidiane (come sport, istruzione, gioco, cultura, informazione e educazione) è essenziale per la crescita personale e l’integrazione sociale dei bambini.
La scuola, che già si occupa di istruzione, insegnamento di nuovi linguaggi e educazione civica, non può supplire da sola alle fragilità delle singole famiglie e dei bambini. Esiste tuttavia un’intera comunità educante attiva sui diversi territori italiani, composta da centri di aggregazione, case famiglia e associazioni, che costituiscono un ponte tra le opportunità e l’accesso ad esse.
Ad esempio, dal 2016 esiste un fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile in Italia, grazie a un protocollo d’intesa tra le fondazioni di origine bancaria, l’ACRI e il governo, con la collaborazione del Forum Nazionale del Terzo Settore.
Questo settembre, il fondo ha dato vita a un progetto chiamato “Villaggio Educante“, che coinvolge 17 comuni del Friuli Venezia Giulia, 1200 bambini, 100 insegnanti ed educatori e oltre 50 operatori del settore. Si tratta di un’opportunità per i bambini e le loro famiglie che si trovano in una situazione di povertà educativa e socio-economica.
Il progetto ha l’obiettivo di integrare l’offerta educativa e formativa per i bambini dai 3 ai 6 anni, grazie alla creazione di nuove strutture per l’infanzia, all’ampliamento di quelle già esistenti e all’avvio di laboratori extrascolastici. Inoltre, sono previsti programmi di sostegno per le famiglie, come l’aiuto per l’acquisto di libri scolastici e materiale didattico, e il coinvolgimento di associazioni e volontari per fornire supporto e assistenza alle famiglie bisognose.
Questo progetto è un esempio di come sia possibile agire a livello locale per contrastare la povertà educativa, coinvolgendo diversi attori sociali, come le istituzioni, le fondazioni e il terzo settore. Tuttavia, è importante che questi interventi siano sostenuti da politiche nazionali efficaci e da una maggiore attenzione alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie, non solo in termini di aiuti economici, ma anche di sostegno psicologico, sociale ed educativo.
La povertà educativa rappresenta un ostacolo alla piena realizzazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ma è anche un problema che riguarda la società nel suo complesso. Investire nella formazione e nell’istruzione dei giovani significa infatti creare una base solida per il futuro del Paese, promuovendo l’innovazione, la creatività e la partecipazione attiva dei cittadini.
Per questo motivo, è fondamentale che si continui a lavorare per garantire a tutti i bambini e i giovani le stesse opportunità di crescita e di sviluppo, indipendentemente dalla loro provenienza socio-economica. Soltanto così si potrà costruire una società più equa, inclusiva e solidale, in cui ogni individuo possa realizzare il proprio potenziale e contribuire al bene comune.
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