La minaccia alla rete nascosta di cavi sottomarini che fa funzionare Internet

La rete globale di Internet, su cui oggi si basa gran parte della nostra comunicazione, si fonda su una rete nascosta di cavi sottomarini che attraversano gli oceani. L’idea che queste linee sottomarine trasportino informazioni riservate (appartenenti a nazioni potenti come Stati Uniti, Cina e Russia) apre scenari inquietanti di sabotaggio

La minaccia alla rete nascosta di cavi sottomarini che fa funzionare Internet

La minaccia alla rete nascosta di cavi sottomarini che fa funzionare Internet. La rete globale di Internet, su cui oggi si basa gran parte della nostra comunicazione e delle nostre attività quotidiane, si fonda in gran parte su una rete nascosta di cavi sottomarini che attraversano gli oceani. Nonostante si possa pensare che la connessione avvenga principalmente tramite tecnologia wireless, quasi tutto il traffico internet – dalla navigazione web allo streaming di film, fino alla messaggistica – viaggia attraverso questi cavi in fibra ottica, posati sul fondo del mare. È grazie a questa rete che le informazioni possono essere trasmesse da un continente all’altro e che isole remote possono rimanere collegate con il resto del mondo.

Si stima che esistano circa 1,5 milioni di chilometri di cavi sottomarini, con la maggior parte concentrati nell’Oceano Atlantico settentrionale, collegando gli Stati Uniti e l’Europa. Nel 2023, si contavano circa 500 di questi cavi, posizionati principalmente nelle vicinanze dei centri economici più importanti e delle aree più densamente popolate. Tuttavia, basare una componente così essenziale della connessione globale su questi cavi comporta rischi significativi, che possono avere conseguenze gravi.

Un esempio di questi rischi è rappresentato dall’isola di Tonga, che nel 2022 si è ritrovata completamente isolata dal resto del mondo a causa della rottura del cavo sottomarino che la collegava alla terraferma. Questo incidente, causato dall’eruzione di un vulcano sottomarino che generò onde di tsunami e ricoprì l’isola di cenere, lasciò Tonga senza connessione per diversi giorni, provocando notevoli danni, soprattutto dal punto di vista economico.

L’affidamento su cavi oceanici per la connessione a Internet comporta molteplici vulnerabilità. Ogni giorno, questi cavi sono minacciati da squali, pesca intensiva, e ancore delle navi, che possono facilmente danneggiarli. Inoltre, i cavi stessi non sono particolarmente protetti, essendo solo leggermente più spessi di un tubo flessibile e rivestiti unicamente per resistere all’acqua, il che li rende facilmente tranciabili. Ma c’è anche un’altra preoccupazione, forse ancora più rilevante nell’epoca moderna, caratterizzata da conflitti e tensioni geopolitiche: il rischio di sabotaggio.

L’idea che queste linee sottomarine trasportino informazioni riservate appartenenti a nazioni potenti come Stati Uniti, Cina e Russia apre scenari inquietanti di sabotaggio. Già nel 2017, funzionari della NATO avevano riportato un incremento della sorveglianza dei cavi Internet nell’Atlantico settentrionale da parte di sottomarini russi. L’anno seguente, l’amministrazione Trump sanzionò una società russa accusata di fornire a Mosca “capacità sottomarine” per monitorare la rete sottomarina.

La Russia, in particolare, ha dimostrato di considerare l’attacco ai cavi Internet come una strategia militare. Durante l’invasione della Crimea nel 2014, il presidente Vladimir Putin ordinò il taglio del cavo principale che collegava l’isola, lasciandola senza connessione e permettendo al Cremlino di prendere il controllo dell’infrastruttura internet locale, facilitando la diffusione di disinformazione.

Anche gli Stati Uniti e i loro alleati hanno espresso preoccupazione per il rischio che gli avversari possano intercettare questi cavi sottomarini, raccogliendo informazioni personali, dati sensibili e comunicazioni. Questa situazione evidenzia la necessità di considerare alternative alla connessione Internet basata sui cavi sottomarini, come ad esempio l’utilizzo di tecnologie satellitari.

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