Cos’è un campo profughi?

Un campo per profughi è un luogo che accoglie persone che scappano da conflitti politici o guerre civili

Cos'è un campo profughi
Cos’è un campo profughi? Un campo per profughi è un luogo che accoglie persone in fuga, chiamate profughi. Questo termine si riferisce non solo a coloro che scappano da conflitti politici o guerre civili, ma anche a coloro che fuggono a causa di discriminazioni etniche o a seguito di disastri naturali o emergenze che mettono a rischio la loro vita. Questi motivi non dipendono sempre direttamente da azioni umane.

Cos’è un campo profughi?

Un campo profughi, noto anche come campo per rifugiati, è un’area specificamente designata per ospitare persone che hanno dovuto abbandonare le proprie case a causa di situazioni di emergenza o pericoli. Il termine “profugo” in questo contesto ha un’ampia portata e include diverse categorie di persone. Queste possono essere profughi politici, individui che sono stati costretti a fuggire a causa di eventi come guerre civili o conflitti politici. Inoltre, comprende anche persone che sono vittime di discriminazioni etniche, che portano a persecuzioni o violenze contro interi gruppi.

Oltre a ciò, nei campi profughi possono trovare rifugio anche i profughi ambientali. Questi sono individui che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni a causa di disastri naturali o emergenze, le cui cause non sono strettamente legate ad azioni umane. Ciò significa che non si tratta di situazioni generate da conflitti o persecuzioni dirette, ma piuttosto da eventi come terremoti, inondazioni o altri tipi di catastrofi naturali che mettono a rischio la vita di interi gruppi di persone.

All’interno di un campo profughi, si cerca di fornire assistenza e protezione a queste persone che si trovano in una situazione di vulnerabilità. Questi luoghi sono organizzati in modo tale da offrire un rifugio sicuro, cibo, cure mediche e servizi di base, come l’approvvigionamento di acqua potabile e servizi igienici. Spesso, le organizzazioni umanitarie internazionali e i governi collaborano per gestire e fornire supporto ai campi profughi.

I campi profughi sono spesso situati in paesi o regioni che confinano con le aree colpite dalla crisi o dall’emergenza. Questo perché è più facile garantire l’accesso e l’assistenza ai rifugiati in modo tempestivo. Tuttavia, è fondamentale comprendere che i campi profughi sono concepiti come soluzioni temporanee e non come una risposta definitiva alla situazione dei rifugiati. L’obiettivo a lungo termine è quello di trovare soluzioni sostenibili per i rifugiati, che possano consentire loro di tornare alle proprie case o stabilirsi in nuovi luoghi in modo sicuro e dignitoso.

L’organizzazione dei campi per rifugiati

L’organizzazione dei campi per rifugiati coinvolge diverse entità a seconda del gruppo di persone che li abita. Solitamente, questi campi sono gestiti da organizzazioni non governative o agenzie delle Nazioni Unite. L’obiettivo di un campo per rifugiati è sempre di natura temporanea, mirando a mantenere unite le comunità colpite in attesa di una soluzione definitiva al problema o del ripristino di condizioni adeguate per il ritorno al luogo di origine. Di conseguenza, i campi per rifugiati sono caratterizzati da una durata relativamente breve nel tempo. Tuttavia, a volte a causa di circostanze eccezionali, alcuni campi possono perdurare per decenni, come ad esempio i campi per rifugiati palestinesi dal 1948 o i campi Saharawi dal 1975.

Nella fase iniziale, un campo per rifugiati fornisce alloggi temporanei sotto forma di tende e baracche per i profughi o gli sfollati. Questi devono essere dotati di infrastrutture adeguate per l’igiene personale e collettiva, strutture mediche, mezzi di comunicazione e un sistema logistico che garantisca il sostentamento alimentare. Questi campi spesso hanno una densità di popolazione elevata e rappresentano un’oasi di relativa tranquillità che tende a crescere nel tempo.

L’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) è l’agenzia più importante e storica delle Nazioni Unite coinvolta nella gestione dei campi per rifugiati. Utilizza anche agenzie regionali che prendono nomi diversi a seconda del contesto. Nel caso dei campi per rifugiati palestinesi, l’UNHAC si avvale dell’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente). Nel complesso, le agenzie dell’ONU forniscono sostegno a circa 21 milioni di persone.

Le Organizzazioni non Governative (ONG) sono nate dalla necessità di individui che sentivano la necessità di offrire un’alternativa o un complemento alle organizzazioni nazionali o sovranazionali su determinati temi. Anche nel campo dei rifugiati e nella gestione dei loro campi, molte ONG operano, spesso integrando questa attività con la loro missione principale. Tra le organizzazioni che svolgono un ruolo significativo nella gestione o nel supporto dei campi, spicca Medici Senza Frontiere.

Attualmente, l’ACNUR evidenzia cinque emergenze speciali, tre di natura politica derivanti da guerre o conflitti in corso, come Afghanistan e la regione dei Grandi Laghi a nord del Congo (ex Zaire), dove le conseguenze di diversi conflitti si sono susseguite nel tempo, e il Darfur, dove due milioni di persone sono state coinvolte tra rifugiati e sfollati. Le altre due emergenze sono di carattere ambientale: lo tsunami e il terremoto del Pakistan.

In Italia, a causa dei recenti movimenti migratori e della crisi umanitaria, sono stati creati vari centri con diverse etichette: Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), Centri di prima accoglienza (CPA), Centri di permanenza temporanea (CPT), Centri di identificazione ed espulsione (CIE) e Centri per il rimpatrio (CpR).

Storia dei campi profughi

Dopo 5 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, le conseguenze della guerra e i cambiamenti politici in Europa hanno generato un gran numero di rifugiati senza una chiara prospettiva sul loro futuro. Queste persone si sono trovate costrette a vivere in campi appositamente creati per loro. L’ACNUR e la Convenzione di Ginevra, fondate in quel periodo, hanno aiutato l’ONU a gestire questa emergenza in Europa. I problemi erano complessi: c’era la ridefinizione dei confini della Germania senza una visione chiara del futuro dello stato, con terre storicamente abitate dai tedeschi che ora appartenevano ad altri paesi, costringendo molte persone tedesche a lasciare le loro terre. Inoltre, c’erano molti sopravvissuti all’Olocausto che non avevano ancora deciso dove andare, creando così un numero significativo di profughi a seguito dei cambiamenti politici in Europa.

Le fonti normative che regolano i campi per rifugiati sono nate dopo la seconda guerra mondiale. Prima dell’ACNUR, si parlava principalmente di diritti individuali a livello internazionale. Nel 1948, con la Dichiarazione universale dei diritti umani, e successivamente con la Convenzione sullo statuto dei rifugiati del 1951 e il Protocollo di New York del 1967, è stata definita chiaramente la figura del rifugiato. Queste regole si sono estese anche agli sfollati, persone costrette a lasciare le loro case ma non oltre i confini di uno stato. L’ACNUR, nato nel 1950, si è occupato inizialmente dei rifugiati europei post guerra, ma nel tempo ha ampliato il suo ruolo a sfollati, apolidi, rimpatriati e richiedenti asilo. Tuttavia, le procedure per riconoscere lo status di rifugiato sono lasciate alla discrezione di ogni stato. L’ACNUR cerca di definire chiaramente queste categorie e armonizzare le norme tra i paesi per evitare soluzioni improvvisate quando si presentano emergenze umanitarie complesse.

Campi palestinesi e saharawi

Ci sono 2 emergenze che nel tempo sono diventate persistenti: quelle dei rifugiati palestinesi e dei rifugiati saharawi.

Campi per rifugiati palestinesi

I campi per i rifugiati palestinesi, situati nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, Giordania, Libano e Siria, sono nati nel 1948. Questi rifugiati sono stati residenti nei territori ora parte di Israele. A differenza dei saharawi, hanno una tenue speranza di poter tornare ai loro luoghi d’origine. I campi hanno assunto una struttura permanente nel tempo, con abitazioni che sono diventate stabili nel tempo.

L’agenzia UNRWA, istituita dall’ACNUR per affrontare questa situazione, conta su un personale di 27.000 persone, molte delle quali sono rifugiati stessi che lavorano come insegnanti, medici e operatori sociali. Nonostante l’aiuto costante dall’esterno, questi campi hanno una struttura sociale consolidata a causa della lunga permanenza. In Libano, i campi hanno causato tensioni e furono il motivo principale dell’invasione israeliana nel 1982. Luoghi come Sabra e Chatila, teatro di un massacro storico, sono ancora insediamenti per rifugiati palestinesi. Si stima che ci siano circa 4.300.000 rifugiati palestinesi.

Campi per rifugiati saharawi

I campi per i rifugiati saharawi sono 4 e si trovano a sud-est di Tindouf, in Algeria, ospitando circa 175.000 persone. Sono situati su un altopiano desertico, con temperature che variano da -5 °C nelle notti invernali a 60 °C durante i giorni estivi. Questi campi sono gestiti autonomamente ma dipendono quasi completamente dall’esterno per le necessità quotidiane a causa della forte concentrazione di persone. Sono sorti dopo il 1975, quando una grande parte della popolazione del Sahara Occidentale si è rifugiata qui a seguito del conflitto con il Marocco.

Circa il 60% dei rifugiati saharawi si trova nei campi di Tindouf rispetto a quelli che vivono nella porzione contesa del Sahara Occidentale. La gestione interna dei campi è affidata alla Repubblica Democratica Araba dei Sahraui, che ha replicato l’amministrazione del loro paese d’origine. Ogni campo è organizzato come una provincia divisa in circoscrizioni e quartieri. L’Algeria ha concesso loro uno status simile a quello di uno stato sovrano. A causa delle condizioni del terreno, le abitazioni sono principalmente tende, mentre i luoghi comuni sono in muratura. La maggior parte dei profughi proviene dall’Algeria, seguita da paesi europei e dall’ACNUR. A differenza dei campi palestinesi, i saharawi hanno una speranza legata a un referendum di autodeterminazione che potrebbe consentire loro di tornare nel Sahara Occidentale.

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