L’elusione fiscale è reato?

L’elusione fiscale (o “Abuso del diritto”): quali rischi e conseguenze per il contribuente che cerca di aggirare la legge? Si può essere incriminati penalmente per elusione fiscale?

L’elusione fiscale è reato?

L’elusione fiscale è reato? L’elusione fiscale è un termine spesso confuso con l’evasione fiscale, ma si tratta di 2 concetti distinti, sebbene entrambi mirino a ridurre il pagamento delle imposte. L’evasione fiscale implica un comportamento chiaramente illecito, come l’occultamento di ricavi o la creazione di fatture false. L’elusione fiscale, invece, parte da un comportamento formalmente lecito, ma diventa illecito quando è finalizzato a sottrarsi agli obblighi tributari.

La questione centrale è se l’elusione fiscale costituisca un reato. Non sempre l’elusione e l’evasione fiscale sono reati; lo diventano solo quando si raggiungono determinati importi sottratti all’Erario. Al di sotto di tali soglie, si tratta di illeciti amministrativi, che comportano sanzioni tributarie e, in caso di mancato pagamento, il pignoramento dei beni.

Per comprendere meglio, è necessario chiarire cos’è l’elusione fiscale e quando scatta. L’elusione fiscale si verifica quando un contribuente utilizza strategie formalmente legali per ridurre il proprio carico fiscale in modo contrario allo spirito della legge. Questo comportamento diventa problematico quando lo scopo principale non è conforme a quello previsto dalla normativa fiscale.

Quindi, l’elusione fiscale può essere considerata un reato solo in determinate circostanze. Quando gli importi sottratti superano specifiche soglie stabilite dalla legge, l’elusione fiscale può trasformarsi in un reato penale. Tuttavia, sotto queste soglie, resta un illecito amministrativo con relative conseguenze sanzionatorie.

Cos’è l’elusione fiscale?

L’elusione fiscale, oggi chiamata “abuso del diritto“, si riferisce a un comportamento formalmente lecito, quindi rientrante nei diritti del contribuente, ma finalizzato a uno scopo illecito. In altre parole, viene utilizzato per ottenere benefici fiscali non previsti dalla legge. Ad esempio, simulare una separazione dal coniuge per ottenere un ISEE più basso e accedere a benefici fiscali è considerato abuso del diritto. Allo stesso modo, spostare fittiziamente la sede di una società all’estero per evitare le tasse in Italia o simulare l’assunzione di personale per aumentare i costi deducibili sono esempi di elusione fiscale.

Un caso specifico giudicato dalla Cassazione riguarda la stipula di un mutuo garantito da ipoteca su immobili, seguita poco dopo dal conferimento di questi immobili in una società di capitali posseduta dagli stessi mutuatari, con l’unico scopo di beneficiare del risparmio fiscale calcolato sul valore immobiliare netto delle passività accollate dalla società. Anche se il comportamento è formalmente lecito, non è consentito dalla legge se l’obiettivo è ridurre la pressione fiscale in modo illegittimo.

L’elusione fiscale si colloca quindi tra l’evasione fiscale e il lecito risparmio d’imposta. L’Agenzia delle Entrate può disconoscere i vantaggi tributari derivanti da operazioni configuranti un abuso del diritto, a meno che il contribuente non dimostri che queste operazioni sono giustificate da validi motivi extrafiscali. Tuttavia, il contribuente mantiene la libertà di scegliere tra diversi regimi fiscali opzionali, come il regime forfettario, se ne ha i requisiti.

Differenza tra evasione fiscale ed elusione fiscale

L’evasione fiscale e l’elusione fiscale sono due concetti distinti nel campo del diritto tributario, ma entrambi mirano a evitare il pagamento delle tasse.

L’evasione fiscale rappresenta una violazione aperta della legge, dove il contribuente non rispetta gli obblighi fiscali e cerca fraudolentemente di non pagare quanto dovuto. Questo può avvenire, ad esempio, omettendo di dichiarare un reddito o nascondendo ricavi. In questo caso, il comportamento del contribuente è chiaramente illegale.

L’elusione fiscale, invece, coinvolge un comportamento che, pur essendo formalmente legale, viene utilizzato in modo improprio per ottenere un beneficio fiscale non previsto dalla legge. In altre parole, il contribuente utilizza strumenti legali per raggiungere un obiettivo che la legge non intendeva favorire con quei mezzi. Si tratta quindi di un aggiramento delle norme fiscali attraverso azioni che, sebbene legali in apparenza, sono finalizzate a ridurre illegittimamente la pressione fiscale.

Definizione di elusione fiscale (o abuso del diritto)

L’elusione fiscale, ora conosciuta come abuso del diritto, si riferisce a una serie di operazioni che, pur rispettando formalmente le norme fiscali, mirano principalmente a ottenere vantaggi fiscali indebiti. Questi vantaggi, anche se non immediati, sono ottenuti in contrasto con gli obiettivi delle leggi fiscali o con i principi del sistema tributario.

Le operazioni considerate prive di sostanza economica sono quelle che, pur rispettando la forma legale, non producono effetti significativi oltre ai benefici fiscali. Questo significa che tali operazioni non sono in grado di generare reali cambiamenti economici, ma sono progettate unicamente per ridurre il carico fiscale.

Indicativi di una mancanza di sostanza economica sono la non coerenza tra le singole operazioni e la loro giustificazione legale complessiva, oltre alla non conformità dell’uso degli strumenti giuridici con le normali logiche di mercato. In altre parole, se le operazioni non seguono le consuete pratiche di mercato e non hanno una giustificazione economica reale, esse possono essere considerate un abuso del diritto.

Presupposti per l’elusione fiscale

Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’elusione fiscale si verifica quando si verificano tre condizioni:

  • Si ottiene un vantaggio fiscale considerato “indebito”.
  • L’operazione o le operazioni poste in essere mancano di “sostanza economica”.
  • Il conseguimento del vantaggio fiscale è essenziale.

Il legislatore fornisce spiegazioni aggiuntive all’interno della stessa disposizione per chiarire meglio cosa si intende per “operazioni prive di sostanza economica” e “vantaggi fiscali indebiti”.

Come evitare l’elusione fiscale?

Per evitare l’elusione fiscale, quando sorge l’incertezza su un comportamento che potrebbe configurarla, è possibile rivolgersi all’Agenzia delle Entrate presentando un’istanza di interpello. In questa richiesta, si chiede all’Agenzia se l’operazione pianificata può comportare un’elusione fiscale.

L’istanza deve includere il riferimento alle normative sull’abuso del diritto e fornire informazioni necessarie per comprendere la situazione e l’identità del richiedente.

Entro 120 giorni dalla data di presentazione dell’istanza, l’Agenzia deve fornire una risposta scritta e motivata, notificata o comunicata al richiedente.

Cosa succede se viene contestata l’elusione fiscale?

Se l’Agenzia delle Entrate sospetta che il comportamento di un contribuente costituisca un’elusione fiscale, prima di emettere un avviso di accertamento, deve inviare al contribuente una richiesta di chiarimenti. Questa richiesta è motivata e include le ragioni per cui si ritiene che ci sia un abuso del diritto. Se l’Agenzia non rispetta questo obbligo, l’avviso di accertamento sarà considerato nullo.

Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica per rispondere alla richiesta, fornendo chiarimenti e dimostrando le ragioni non fiscali che giustificano la sua operazione. Anche se il contribuente non risponde, può comunque presentare ricorso al giudice e utilizzare documenti ed eccezioni non precedentemente comunicate all’Agenzia delle Entrate.

Cosa si rischia in caso di elusione fiscale?

Se l’amministrazione fiscale giudica che le difese presentate dal contribuente non siano valide, riqualifica l’operazione come “abuso del diritto” e applica le sanzioni amministrative previste dalla legge per quel tipo di comportamento. Inoltre, vengono calcolate le imposte sui redditi dovute in base alle norme evase, e al contribuente viene richiesta la differenza tra queste e quelle eventualmente pagate per l’operazione considerata elusiva.

L’elusione fiscale è un reato?

Dopo la riforma dell’elusione fiscale con la Legge n. 212/2000, che l’ha rinominata “abuso del diritto“, essa non costituisce più un reato. Secondo il comma 13 dell’articolo 10-bis della stessa legge, “le operazioni abusive non sono punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie“.

Pertanto, l’elusione fiscale non è considerata un reato e i relativi comportamenti non sono soggetti a punizioni secondo le leggi penali tributarie.

Questa distinzione tra violazioni aperte della legge e comportamenti che ne aggirano lo scopo è stata fatta anche sul piano delle sanzioni dal legislatore.

Di conseguenza, c’è stata una depenalizzazione dell’elusione fiscale, ora chiamata abuso del diritto.

Tuttavia, ciò non impedisce allo Stato di recuperare le imposte non pagate attraverso strumenti ordinari come l’accertamento, l’applicazione di sanzioni e interessi, e in caso di mancato pagamento, l’iscrizione a ruolo e il trasferimento del credito all’Agenzia Entrate Riscossione. Quest’ultima può quindi intraprendere azioni esecutive (pignoramenti) e/o cautelari (ipoteche, fermi amministrativi).

Quando l’abuso del diritto è legittimo

Con l’articolo 37-bis del d.P.R. 600/1973 si è introdotto un approccio caso per caso per valutare la meritevolezza economica e gestionale delle operazioni compiute, principalmente basato sulle valide ragioni economiche di tali operazioni. In altre parole, si valuta se le operazioni hanno delle valide ragioni economiche che le sostengono. Si prende come punto di riferimento l’operazione considerata più “normale” (spesso quella che comportava la maggior tassazione) e solo se ci sono valide ragioni economiche si ammette un’operazione diversa da quella considerata standard.

Dalla norma emerge chiaramente che il risparmio fiscale legittimo è un requisito per escludere l’abuso del diritto. In altre parole, non c’è abuso quando il contribuente sceglie semplicemente una delle opzioni offerte dall’ordinamento per ottenere un certo risultato, in particolare quella più vantaggiosa dal punto di vista fiscale.

Da tempo, l’Agenzia delle Entrate tende a considerare come abuso del diritto quelle situazioni che si discostano dall’operazione considerata più “normale” da parte dell’Agenzia stessa, definita talvolta come più ragionevole o meno complessa rispetto a un eccesso di operazioni.

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