I casi in cui spetta l’assegno di disoccupazione (NASPI)

L’assegno di disoccupazione, noto come NASPI, è un sostegno economico fornito dall’INPS in caso di cessazione di un rapporto di lavoro dipendente. Tuttavia, non tutti i contratti di lavoro danno diritto a questo assegno

I casi in cui spetta l’assegno di disoccupazione (NASPI)

I casi in cui spetta l’assegno di disoccupazione (NASPI). L’assegno di disoccupazione, noto come NASPI, è un sostegno economico fornito dall’INPS in caso di cessazione di un rapporto di lavoro dipendente. Tuttavia, non tutti i contratti di lavoro e le situazioni di cessazione del contratto danno diritto a questo assegno.

Per poter ottenere l’assegno di disoccupazione, è necessario che il lavoro sia di tipo dipendente e che si rispettino i requisiti contributivi minimi stabiliti dalla legge. Inoltre, il diritto all’assegno si applica solo se la cessazione del lavoro non è imputabile alla volontà del lavoratore.

Le situazioni in cui è possibile richiedere la NASPI includono i licenziamenti, ma non tutte le dimissioni. Ad esempio, se un lavoratore si dimette volontariamente, di solito non ha diritto all’assegno. Tuttavia, esistono eccezioni come le dimissioni per motivi familiari o per giusta causa, in cui potrebbe essere possibile ottenere la disoccupazione.

Requisiti contributivi per la NASPI

Per ottenere la NASPI, che è l’assegno di disoccupazione, è necessario avere almeno 13 settimane di contributi versati nei 4 anni precedenti l’inizio della disoccupazione.

La NASPI è concessa anche in caso di licenziamento per giusta causa. Questo significa che, anche se il licenziamento è avvenuto a causa di un comportamento grave da parte del lavoratore, come ad esempio un’azione “dolosa” (come ribellarsi al capo o essere sorpreso a rubare), il lavoratore ha comunque diritto alla NASPI. Questa regola è stata confermata dall’INPS attraverso diverse circolari, come le circolari n. 140/2012, 142/2012 e 44/2013, e dal Ministero del Lavoro nella risposta all’interpello n. 29/2013.

La NASPI è prevista anche in caso di licenziamento per motivi economici, come crisi aziendale, fallimento, cessazione della mansione o chiusura di un ramo d’azienda. Se il datore di lavoro offre una mansione diversa per evitare il licenziamento e il lavoratore non accetta, ha comunque diritto alla NASPI.

Inoltre, il diritto alla NASPI è garantito anche in caso di licenziamento per sopravvenuta inabilità lavorativa del dipendente, cioè se il lavoratore viene licenziato perché le sue condizioni fisiche non gli permettono più di svolgere il lavoro. Infine, anche chi viene licenziato per aver superato il periodo di comporto, cioè per aver accumulato molte assenze per malattia, ha diritto alla NASPI.

Assenza ingiustificata: spetta la disoccupazione?

Quando un dipendente si assenta ingiustificatamente, la situazione può essere complessa. A volte, un lavoratore che vuole dimettersi senza perdere la NASPI smette di presentarsi al lavoro. Questa azione è considerata una grave violazione del contratto e porta a un licenziamento per giusta causa. In tal caso, il lavoratore ha diritto all’assegno di disoccupazione.

Tuttavia, il datore di lavoro potrebbe chiedere il rimborso del ticket NASPI, che è una tassa sul licenziamento. Questo è l’orientamento della Cassazione, che ha deciso così per evitare che i lavoratori usino questa strategia per ottenere l’assegno di disoccupazione, nonostante le dimissioni volontarie non lo prevedano.

Contratto a tempo determinato: spetta la NASPI?

Se si ha un contratto a tempo determinato e il datore di lavoro non lo rinnova alla scadenza, si ha diritto alla NASPI. Tuttavia, se il lavoratore si dimette prima della scadenza senza una giusta causa, non ha diritto all’assegno di disoccupazione.

La situazione cambia se, alla scadenza del contratto, il datore di lavoro offre un rinnovo e il lavoratore rifiuta. In questo caso, il diritto alla NASPI dipende da come è avvenuto il rifiuto. Se il rifiuto è stato comunicato per iscritto all’INPS, non si può ottenere la NASPI, poiché non si considera disoccupazione involontaria. Se il rifiuto è stato fatto solo oralmente o il datore di lavoro non ha informato l’INPS, è probabile che l’ente previdenziale conceda l’indennità di disoccupazione, poiché non è possibile dimostrare che il lavoratore ha volontariamente scelto di non proseguire il rapporto di lavoro.

Dimissioni per motivi personali, familiari o di salute: spetta la disoccupazione?

In generale, se un lavoratore si dimette per motivi personali, familiari o di salute, non ha diritto alla NASPI. Se la dimissione è causata da una disabilità sopravvenuta, esistono già altre forme di sostegno previste dalla legge per le persone con handicap. Ad esempio, l’assegno mensile di assistenza è destinato a chi ha una capacità lavorativa ridotta tra il 74% e il 100%.

Dimissioni per giusta causa: spetta la disoccupazione?

Le dimissioni per giusta causa si riferiscono a situazioni in cui il comportamento del datore di lavoro è così grave da rendere impossibile continuare il lavoro, anche solo per un giorno. In questo caso, il lavoratore può dimettersi immediatamente e senza preavviso. Se il dipendente dà preavviso, si considera che non ci sia una giusta causa e questo può compromettere il diritto alla NASPI.

Alcuni esempi di giusta causa includono il mancato pagamento di più di due mensilità di stipendio, ritardi gravi e ripetuti nei pagamenti, omissione dei versamenti contributivi, mobbing e altre forme di abuso sul lavoro, mancato rispetto delle normative sui riposi, sugli orari di lavoro, sui permessi e sulle ferie, molestie sessuali, demansionamento (ovvero essere assegnati a mansioni inferiori rispetto a quelle per cui si è stati assunti) e una prolungata inattività.

Rifiuto del trasferimento: ho diritto all’assegno di disoccupazione?

Il datore di lavoro può trasferire un dipendente a un’altra sede solo per ragioni organizzative e produttive ben giustificate. In caso di trasferimento, il dipendente non può rifiutarsi di accettare la nuova sede senza rischiare un licenziamento per giusta causa. Anche se il dipendente viene licenziato per questo motivo, ha comunque diritto all’assegno di disoccupazione.

La legge prevede che il dipendente abbia diritto alla NASPI anche se si dimette volontariamente dopo aver rifiutato un trasferimento, se la nuova sede è distante più di 50 chilometri dalla sua residenza o se per raggiungerla servono almeno 80 minuti con i mezzi pubblici.

In caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro tramite una procedura di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, il lavoratore ha diritto alla NASPI.

Stagista o tirocinante: spetta la NASPI?

Se si è stagisti o tirocinanti, non si ha diritto alla NASPI perché durante il tirocinio il datore di lavoro non versa contributi.

Lavoro stagionale: spetta la disoccupazione?

Chi ha lavorato in modo stagionale non ha diritto alla disoccupazione se il periodo di lavoro è stato molto breve. Per ottenere la NASPI, è necessario avere almeno 13 settimane di contributi versati nei 4 anni precedenti l’inizio della disoccupazione.

Licenziamento dopo la prova: posso chiedere la NASPI?

Se si viene licenziati al termine di un periodo di prova, si può richiedere la NASPI solo se si soddisfano i requisiti di contributi. Tuttavia, se si dimette durante o alla fine del periodo di prova, non si ha diritto alla NASPI.

Assegno di ricerca e borsa di studio: si ha diritto alla NASPI?

Chi riceve una borsa di studio o un assegno di ricerca può richiedere la NASPI, ma l’importo sarà ridotto in base a quanto percepito, poiché queste attività sono considerate assimilabili al lavoro.

Partita IVA e co.co.co.: c’è diritto alla disoccupazione?

L’assegno di disoccupazione è riservato solo ai lavoratori dipendenti e non spetta a chi ha una Partita IVA, agli autonomi e professionisti, ai lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), ai contratti di collaborazione occasionale, e in generale a tutti i contratti di lavoro parasubordinati.

Anche se il lavoro a chiamata termina e il mancato rinnovo può dipendere dalla volontà del dipendente, il lavoratore ha diritto alla NASPI, a condizione che soddisfi i requisiti contributivi. Con i contratti a chiamata, il numero di ore lavorate può variare notevolmente, ma questo non esclude il diritto alla disoccupazione se il lavoratore ha lavorato regolarmente e ha perso il lavoro per motivi non imputabili a lui.

Chi percepisce la NASPI può avere un lavoro a chiamata?

Chi riceve la NASPI può lavorare a chiamata, ma deve rispettare determinati limiti di reddito. È possibile cumulare l’assegno di disoccupazione con redditi derivanti da lavoro subordinato, parasubordinato o autonomo, a condizione che tali redditi non superino i seguenti limiti: 500 euro per il lavoro dipendente o parasubordinato e 500 euro per il lavoro autonomo.

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