Secondo i dati Istat, nel 2021 la pressione fiscale in Italia è arrivata al 43,5% del Pil. Nel 2022 dovrebbe scendere al 43,1%
Gli italiani sono sul podio delle tasse da pagare. Solo danesi e francesi sono più sfortunati. Stando ai dati dell’Istat e del ministero dell’Economia, diffusi dalla Cgia di Mestre, nel 2021 la pressione fiscale in Italia è arrivata al 43,5% del Pil. Nel 2022 dovrebbe scendere al 43,1%. Solo Danimarca (48%) e Francia 47,9% hanno una pressione fiscale più alta.
Significa che fino al 6 giugno lavoriamo per finanziare la spesa pubblica e poi dal 7 giugno lo facciamo per noi e la nostra famiglia. Si chiama “tax freedom day” (o “giorno di liberazione fiscale”). E’ la data che tutti i contribuenti italiani attendono: quella in cui si smette di lavorare solo per adempiere a tutti gli obblighi fiscali.
Quindi, nel 2022, dopo 157 giorni lavorativi (inclusi i weekend), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, Irap, Ires, contributi previdenziali, ecc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per sé e per la propria famiglia.
Anche negli anni ’50 e ’60 la pressione tributaria è andata aumentando, ma contemporaneamente l’economia cresceva, tanto da arrivare al +10% l’anno. Inoltre, c’era meno burocrazia. Oggi, invece, è un inferno. Quindi, o si trova un modo per crescere o bisogna abbassare le tasse, altrimenti l’Italia continuerà ad impoverirsi. Si tratta di scegliere se il Fisco debba penalizzare i redditi medio-alti (il 4% dei contribuenti sopra i 70mila euro di reddito Irpef paga il 28% dell’imposta totale) per erogare bonus ai meno abbienti, oppure se tagliare le tasse in funzione dello sviluppo.
Ci sono, però, due situazioni con le quali confrontarsi. La prima, comunicata dalla Fabi (il principale sindacato bancario), riguarda la crescita di circa 1 miliardo negli ultimi 12 mesi delle rate non pagate relative ai mutui e ai prestiti concessi dalle banche. Il totale è passato da 11,6 miliardi (a febbraio 2021) a 12,4 miliardi (a febbraio 2022). Cioè, +7% annuo. La seconda, invece, sottolineata dal Codacons: il pranzo di Pasqua è costato 100 milioni in più a causa dei rincari degli ingredienti. I principali aumenti sono quelli di olio di semi (+25,9% annuo), burro (+17,6%) e pasta (+13%).
Nel 2022 lo Stato incasserà quasi 40 miliardi di maggiori entrate fiscali
Secondo la Cgia di Mestre, occorre restituire questi soldi reintroducendo il “fiscal drag” (o “drenaggio fiscale”).
Con questa espressione viene indicata un’anomalia che si verifica nel prelievo di imposte sul reddito in un periodo in cui c’è una forte inflazione.
Il reddito tende a salire per recuperare la perdita di valore della moneta. Per diverse ragioni, però, l’aumento non riesce a coprire questa perdita di valore (si ha solo un aumento apparente del reddito, ma quello reale rimane uguale o può addirittura diminuire).
Le imposte si pagano in proporzione all’importo nominale dei redditi (che sono suddivisi in fasce): su ogni fascia il fisco preleva una percentuale di imposte (crescente al passaggio da una fascia più bassa a una più alta).
Il “fiscal drag” colpisce in questo passaggio: si deve pagare di più su un reddito che dal punto di vista numerico è passato a una fascia più alta, anche se come valore reale è rimasto uguale. Per rimediare a questo ingiusto prelievo, il fisco dovrebbe periodicamente rivedere le percentuali applicate su ogni fascia, oppure ampliare le singole fasce.
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