L’evasione fiscale rappresenta un comportamento illegittimo in cui cittadini o aziende cercano di eludere il prelievo fiscale da parte dello Stato. Questo fenomeno dannoso compromette la politica fiscale di un governo, portando alla perdita di una parte significativa delle entrate statali
L’evasione fiscale, nell’ambito della scienza delle finanze, rappresenta un comportamento illegittimo in cui cittadini o aziende cercano di eludere il prelievo fiscale da parte dello Stato. Questo fenomeno dannoso compromette la politica fiscale di un governo, portando alla perdita di una parte significativa delle entrate statali. È importante distinguere l’evasione fiscale dallelusione fiscale, che raggiunge lo stesso obiettivo utilizzando strategie legali o non regolamentate.
Per quantificare l’entità dell’evasione fiscale, sia a livello individuale che collettivo, si utilizza l’indice o tasso di evasione, definito come il rapporto tra i fondi evasi e il totale dei fondi dovuti allo Stato per tassazione. Un altro indicatore macroeconomico è il rapporto tra i fondi totali evasi e il PIL.
La frode fiscale rappresenta una variante più grave dell’evasione e coinvolge sofisticati meccanismi che nascondono l’evasione dietro un’apparente regolarità contabile. Un tipico strumento di frode fiscale è l’inserimento di fatture di acquisto false nella contabilità al fine di ridurre l’imponibile fiscale. I redditi derivanti dall’evasione e dalla frode fiscale sono parte dell’economia sommersa.
Le sanzioni per l’evasione fiscale includono:
- multe pecuniarie
- sanzioni penali oltre a una certa soglia di sottrazione di imponibile
La frode fiscale è soggetta a sanzioni ancora più severe, inclusa la penalizzazione, data la sua gravità e il suo potenziale danno all’efficienza dell’attività di accertamento tributario.
In Italia, la frode fiscale, strettamente legata al reato di falso in bilancio, è stata parzialmente depenalizzata attraverso esclusioni, eccezioni e l’introduzione di franchigie tramite una serie di provvedimenti del governo Berlusconi IV, l’ultimo dei quali è il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.
Tipologia
L’evasione fiscale può avvenire in diverse situazioni e tramite vari comportamenti:
- Vendite o prestazioni di servizi senza emissione di documenti fiscali come fatture, ricevute o scontrini (vendite “in nero”).
- Emissione di documenti fiscali per un importo inferiore a quello effettivamente pagato (sottofatturazione).
- Presentazione di dichiarazioni dei redditi false o incomplete per evitare il pagamento delle tasse dovute.
- Lavoro non dichiarato, come il “doppio lavoro in nero” o il ricevere parte dello stipendio in contanti non documentato.
- Manipolazione dei cedolini paga per alterare la natura delle voci e ridurre l’imponibile.
- Collaborazione tra datore di lavoro e dipendente per manipolare le fatture o alterare le voci contabili.
- Utilizzo fraudolento di documenti fiscali non nominativi per contabilizzare costi in modo scorretto.
- Non pagamento di imposte o tributi dovuti per servizi o obblighi fiscali, come il canone Rai, la marca da bollo, il bollo auto o la polizza RCA in Italia.
In ambito professionale, le pratiche di evasione fiscale tra imprese o tra imprese e lavoratori autonomi (rapporti B2B) possono assumere diverse configurazioni:
- Ricezione di fatture per prestazioni o vendite fittizie da parte di “società cartiere”, create solo per emettere documenti falsi. Queste società, spesso intestate a prestanome, non presentano dichiarazioni di reddito né pagano l’IVA e vengono chiuse quando non sono più convenienti o per evitare conseguenze legali. Chi riceve e registra queste false fatture può ridurre il reddito imponibile.
- Fornitori che, pur essendo reali, effettuano false cessioni o prestazioni. Questi fornitori, soprattutto in settori dove i pagamenti avvengono in contanti o attraverso comportamenti illeciti, possono girare parte dei pagamenti al cliente sotto forma di contante, creando così un “fondo nero”.
- Sottostimazione delle rimanenze di magazzino o dei lavori in corso di lavorazione alla fine dell’esercizio, al fine di ridurre il reddito imponibile.
- Sovrastimazione degli importi documentati per consentire al cliente di dedurre maggiori costi o di documentare spese falsamente gonfiate (sovrafatturazione).
- Sovrastimazione delle rimanenze di magazzino o dei lavori in corso di lavorazione alla fine dell’esercizio, al fine di migliorare la posizione finanziaria nei confronti di creditori, acquirenti o clienti.
La questione se queste pratiche costituiscano evasione fiscale, elusione fiscale o entrambe, è dibattuta tra gli studiosi e nelle sentenze, poiché dipende da vari fattori, come la natura giuridica delle operazioni e le leggi fiscali degli stati coinvolti.
Complicità nell’evasione
La complicità nell’evasione fiscale è un fenomeno ampiamente diffuso, nonostante le condanne pubbliche. Spesso accade che sia tacitamente accettato o addirittura sollecitato perché risulta conveniente per tutte le parti coinvolte, che siano imprese, consumatori o lavoratori. In certi contesti, viene addirittura considerata come una sorta di rete di sicurezza sociale, una pratica diffusa soprattutto nelle aree economicamente svantaggiate.
Nel commercio al dettaglio, dove l’IVA è inclusa nel prezzo e il consumatore non ha la possibilità di evitarla, l’evasione tramite la mancata emissione di documenti fiscali è praticamente inesistente, soprattutto nelle grandi catene di distribuzione organizzata. Al contrario, nel settore dell’artigianato e tra i liberi professionisti, dove l’IVA è spesso omessa, l’evasione è più diffusa. Qui, è frequente che sia il consumatore che il fornitore preferiscano transazioni non documentate, poiché ciò comporta risparmi fiscali significativi per entrambi.
In alcuni settori come le prestazioni mediche o le ristrutturazioni edili, l’evasione è limitata poiché alcune spese sono deducibili o detraibili dalle imposte. Tuttavia, in generale, l’evasione fiscale gode di un certo grado di complicità, poiché i consumatori traggono notevoli vantaggi finanziari dall’acquisto di beni o servizi senza documentazione fiscale.
Anche nel contesto del lavoro dipendente nel settore privato, l’evasione fiscale è diffusa, spesso tramite la pratica del “lavoro in nero“. Questa pratica è più comune nelle micro-imprese, dove il denaro contante è ampiamente utilizzato e viene considerata una forma normale di incentivazione per i lavoratori. Tuttavia, nelle grandi aziende, è meno frequente a causa delle procedure contabili interne e della mancanza di disponibilità di denaro liquido.
Per quanto riguarda le dichiarazioni dei redditi, sebbene i lavoratori dipendenti abbiano il loro reddito già documentato dal datore di lavoro, altri contribuenti possono tentare di evadere il fisco, agendo sui redditi non dichiarati o sulle spese deducibili.
Infine, vi sono varie opinioni riguardo al lavoro in nero: mentre viene condannato nel settore pubblico, è spesso visto con indulgenza o addirittura approvazione nel settore privato, specialmente nelle zone economicamente ricche e produttive. Alcune attività, come le lezioni private, le pulizie o i servizi di assistenza domiciliare, sono comunemente svolte in nero, sia come secondo lavoro che come unica fonte di reddito, e questo è generalmente accettato dalla società.
<5>Tipologia di contribuenti5>
Le modalità di evasione possono variare in base al tipo di contribuente.
Grandi contribuenti
La prima categoria comprende i “grandi contribuenti”, che hanno un volume d’affari, ricavi o compensi superiori a 100.000.000 euro. In questa categoria rientrano anche le “imprese di più rilevante dimensione”, che hanno un volume d’affari o ricavi non inferiori a 150.000.000 euro nell’anno di imposta considerato.
Contribuenti di medie dimensioni
La seconda categoria include i “contribuenti di medie dimensioni”, che hanno un volume d’affari, ricavi o compensi compresi tra 5.164.568,99 euro e 100.000.000 euro.
Contribuenti di minori dimensioni
I “contribuenti di minori dimensioni” sono coloro che hanno un volume d’affari, ricavi o compensi non superiori a 5.164.568,99 euro.
È importante notare che non esiste una regola generale per la ripartizione delle modalità evasive tra grandi e piccoli contribuenti. Tuttavia, i contribuenti di dimensioni maggiori tendono ad utilizzare schemi evasivi più complessi, al di là delle possibilità di un piccolo commerciante.
Analisi dell’evasione IVA
Per un’analisi più concreta dei comportamenti evasivi, ci siamo concentrati sull’IVA, che rappresenta una delle imposte più evase secondo i dati medi riportati dalla NADEF per il triennio 2014-2016. Il divario tra gettito teorico e gettito effettivo (divario fiscale) è stato di 36 miliardi di euro su un divario complessivo di circa 109,7 miliardi di euro.
- Evasione dell’imposta sul valore aggiunto
- Evasione delle imposte sul reddito
Elusione ed evasione fiscale
Non assimilabile all’evasione fiscale è invece il diverso fenomeno dell’elusione fiscale. L’evasione ed elusione fiscale sono due istituti che, nel diritto tributario, incontrano alcune differenze a livello nozionistico. A differenza dell’evasione, l’elusione non si presenta come illegale: essa infatti formalmente rispetta le leggi vigenti, ma le aggira nel loro aspetto sostanziale frustrando il motivo per il quale sono state approvate.
Spesso, però, i due termini vengono confusi, e questo accade perché nella prassi è difficile distinguere quale dei due venga integrato.
Italia
Nel 2014, con la legge delega dell’11 marzo n. 23, intitolata “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita“, è stato assegnato al legislatore italiano il compito di definire i confini tra elusione ed evasione fiscale. Questo compito si è rivelato complesso, specialmente in considerazione della decisione di depenalizzare le condotte elusive.
La questione del confine tra elusione ed evasione ha suscitato l’interesse della dottrina, che ha sviluppato diverse teorie a partire dagli anni ’90. La prima teoria è quella di Ernst Blumenstein, considerato il padre del diritto tributario svizzero. Secondo Blumenstein, l’elusione si verifica quando “fin dal principio venga posto in essere un patto che non integri i presupposti per l’imposizione, ma la sua esatta valutazione venga impedita da un comportamento illegale del contribuente”. La seconda teoria è di Albert Hensel, esperto di diritto finanziario tedesco, il quale affermò che con “l’elusione si impedisce il sorgere della pretesa tributaria, evitando la fattispecie legale”.
Esistono differenze nozionistiche tra elusione ed evasione fiscale. In primo luogo, l’elusione non è mai contra legem, poiché trova il suo fondamento nella legge; al contrario, l’evasione consiste in una condotta che viola la legge. In secondo luogo, l’elusione viene attuata attraverso artifici giuridici aperti e senza alcuna falsità o manipolazione della realtà, ma i cui risultati contrastano con i principi del sistema e con la ratio della norma tributaria. L’evasione, invece, si identifica in una violazione di norme attraverso comportamenti occulti o dissimulati, creando una realtà apparentemente diversa da quella effettiva. Infine, mentre l’elusione rappresenta un “problema di informazione“, in quanto l’inottemperanza agli obblighi rende difficile la valutazione da parte degli organi amministrativi, l’elusione pone un “problema di valutazione“, dove si deve stabilire se la condotta del contribuente sia contraria alla legge.
Per quanto riguarda le sanzioni, quando un’operazione viene qualificata come elusiva, il contribuente deve recuperare le imposte dovute e gli interessi, e gli uffici dell’Agenzia delle Entrate possono irrogare sanzioni amministrative. In passato, la giurisprudenza considerava le condotte elusive come reato di dichiarazione infedele; tuttavia, con l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000, tale rilevanza penale è stata esclusa. L’articolo 10 bis comma 13 dello Statuto dei diritti del contribuente stabilisce che le operazioni abusive non costituiscono fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, mantenendo comunque l’applicazione delle sanzioni amministrative. In caso di condotta evasiva, invece, oltre al recupero delle imposte e alle sanzioni amministrative, ci possono essere anche sanzioni penali se si superano le soglie di punibilità previste dal D.Lgs. n. 74 del 2000.
Nonostante le differenze tra elusione ed evasione fiscale siano evidenti, alcuni esperti sottolineano come il confine tra i due concetti non sia sempre chiaro e risulti piuttosto sfumato. Infatti, anche l’elusione implica un modo per aggirare l’obbligo di contribuzione alle spese pubbliche in base alla capacità contributiva prevista dall’articolo 53 della Costituzione. La differenza principale risiede nella modalità con cui viene ottenuto il vantaggio: nell’elusione si cerca di evitare di creare imponibile; nell’evasione, invece, il risparmio d’imposta viene raggiunto attraverso pratiche fraudolente e occultate all’Erario.
Giurisprudenza italiana
Nonostante l’evasione e l’elusione fiscale siano due istituti distinti, nella pratica si verifica spesso che la linea di demarcazione tra di essi risulti poco chiara. Ci sono stati casi in cui i giudici, in vari gradi di giudizio, si sono trovati a dover valutare operazioni che avrebbero potuto configurare sia condotte elusive che evasive.
Sentenza della Corte di Cassazione del 31 luglio 2017, n. 38016
In questa vicenda, un imprenditore è stato condannato in primo grado e la condanna è stata confermata in appello per il reato di dichiarazione infedele, come previsto dall’articolo 4 del D.Lgs. 74/2000. L’imprenditore, in qualità di legale rappresentante di una società a responsabilità limitata (S.r.l.), aveva effettuato una apparente operazione di cessione di quote societarie per occultare un trasferimento di beni immobili. I giudici di merito hanno interpretato questa condotta come evasione fiscale. Tuttavia, la Corte di legittimità ha osservato che la Corte d’appello aveva confuso il dolo di evasione con il fine elusivo. Secondo i giudici, l’intento esclusivo di ottenere un risparmio fiscale avrebbe potuto qualificare l’operazione come elusiva, ma non era sufficiente a dimostrare il dolo di evasione, soprattutto considerando che si trattava di un’operazione economica reale e concreta.
Sentenza del 30 ottobre 2018, n. 27550
In questo caso, la Suprema Corte ha esaminato un contratto con cui una società aveva affidato la gestione della propria testata giornalistica a una cooperativa. L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che il contratto non rispettasse gli scopi previsti dalle parti e fosse finalizzato a creare costi da ammortizzare immediatamente, violando così l’articolo 108, comma 4 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986). La Corte ha stabilito che si trattava di evasione d’imposta e non di elusione, sottolineando che quando si agisce contra legem ci si trova nell’ambito dell’evasione. La sentenza afferma chiaramente che la violazione diretta di una norma tributaria con conseguente mancato versamento delle imposte costituisce un’operazione evasiva.
Sentenza della Corte di Cassazione del 12 marzo 2020, n. 9881
Questa vicenda riguarda un accordo tra un notaio e due società per un corrispettivo superiore al valore normale per servizi notarili. In questa sentenza si chiarisce che nel contesto dei reati tributari il dolo di elusione deve essere distinto dal dolo specifico di evasione. Mentre il dolo di elusione implica l’uso consapevole di strumenti negoziali per ottenere vantaggi fiscali indebiti, il dolo di evasione è caratterizzato dalla volontà esclusiva di sottrarsi al pagamento delle imposte.
Infine, è importante notare che in Italia non esiste un obbligo legale per chi opera in contabilità semplificata di utilizzare un conto corrente dedicato agli affari e collegarlo ai terminali di pagamento. Questa mancanza può contribuire a rendere ancora più sfumata la distinzione tra elusione ed evasione fiscale nel contesto pratico delle operazioni commerciali quotidiane.
Stati Uniti: tax avoidance e tax evasion
Negli Stati Uniti, i concetti di elusione ed evasione fiscale sono rappresentati rispettivamente dai termini “tax avoidance” e “tax evasion“. Questi due aspetti sono distinti e hanno significati molto diversi. Il “tax avoidance” è considerato legale, mentre il “tax evasion” è un crimine.
Il “tax evasion” si configura come un atto illegale in cui il contribuente cerca di dimostrare alle autorità fiscali di dover pagare un’imposta inferiore rispetto a quella che realmente deve. Perché si possa configurare questo reato, è necessario che ci sia dolo specifico, come stabilito dall’articolo 26 del codice degli Stati Uniti (US Code §7201). Questo articolo prevede che chiunque tenti volontariamente di evadere o sconfiggere un’imposta sia soggetto a sanzioni penali, che possono includere multe e pene detentive.
Al contrario, il “tax avoidance” è considerato legittimo. I contribuenti hanno il diritto di organizzare le proprie attività in modo da ridurre al minimo la loro obbligazione fiscale. Tuttavia, anche se è legale, il “tax avoidance” può configurarsi come illecito dal punto di vista civile e amministrativo se viene utilizzato in modo improprio.
La principale differenza tra elusione ed evasione fiscale risiede nell’intento fraudolento. Questa differenza è cruciale per determinare se una condotta rientri nell’ambito della evasione fiscale o dell’elusione fiscale. Mentre l’evasione implica un intento chiaro di violare la legge, l’elusione si basa su strategie legali per minimizzare le tasse.
Metodi di misurazione dell’evasione
L’evasione fiscale è un fenomeno complesso che può essere misurato attraverso diversi metodi, suddivisi in due categorie principali: metodi diretti e metodi indiretti.
Metodi Diretti
I metodi diretti si basano su dati specifici e verifiche effettuate su campioni di contribuenti. Tra questi metodi troviamo:
- Controllo Fiscale: Questo metodo prevede verifiche e accertamenti contabili su un campione casuale di contribuenti. Le verifiche si basano sulle dichiarazioni fiscali, sui dati di evasione e sugli accertamenti degli anni precedenti.
- Interviste Campionarie: Consistono in interviste a un campione casuale di contribuenti per raccogliere informazioni sul loro comportamento, sul giudizio riguardo al sistema fiscale e sulla loro moralità tributaria.
- Metodo di Franz: Questo approccio confronta il reddito dei lavoratori autonomi con quello medio dei lavoratori dipendenti in imprese simili e nello stesso settore economico. Si assume che gli introiti del lavoratore autonomo non possano scendere al di sotto della media dei redditi percepiti dai dipendenti.
- Testimoni Privilegiati: Si tratta di interviste a persone che, per la loro posizione professionale ed esperienza, possiedono informazioni utili riguardo al fenomeno dell’evasione fiscale.
- Dati Amministrativi: I dati provenienti dai controlli fiscali e contributivi sulle imprese, effettuati da enti come l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e gli ispettori del lavoro, possono essere utilizzati per analizzare l’evasione.
- Modello di Feinstein: Questo modello considera due equazioni vettoriali. La prima riguarda la probabilità di commettere un’infrazione da parte del potenziale evasore, mentre la seconda si riferisce alle autorità di controllo e determina la probabilità di scoprire l’infrazione. Il numero totale delle infrazioni è calcolato sottraendo le false infrazioni da quelle scoperte e aggiungendo quelle non scoperte.
Metodi Indiretti
Metodi Indiretti
I metodi indiretti si dividono in modelli economico-statistici e modelli macroeconomici.
Modelli Economico-Statistici
Tra i modelli economico-statistici troviamo:
- Modelli Monetari: Questi includono tre approcci principali:
- Approccio del Rapporto Fisso tra Banconote e Depositi di Guttman: Confronta il rapporto tra moneta liquida e domanda di depositi con un rapporto “normale”, esente da economia sommersa. La stima dell’economia sommersa si ottiene moltiplicando la differenza tra i due rapporti per la velocità di circolazione della moneta.
- Approccio Econometrico di Tanzi: Considera fattori che influenzano la domanda di contante, come carte di credito, viaggi pro capite, urbanizzazione, banche commerciali e costo opportunità di detenere moneta.
- Approccio delle Transazioni di Feige: Basato sulla teoria quantitativa della moneta $$ MV = pT $$, permette di calcolare il reddito totale sottraendo al reddito regolare una stima dell’economia sommersa.
- Modello dell’Indicatore Globale di Kaufmann e Kaliberda: Utilizza il consumo di elettricità come indicatore fisico delle attività economiche, calcolando il livello dell’attività sommersa in base al valore dell’elettricità erogata.
- Modelli Compositi: Spiegano l’economia sommersa come conseguenza dell’azione di molte variabili.
Modelli Macro-Economici
I modelli macro-economici comprendono:
- Approccio dell’Impulso Lavoro: Stima l’offerta del fattore lavoro per attività economica e dimensione d’impresa attraverso indagini, cercando discrepanze tra posizioni lavorative offerte dalle famiglie e richieste dalle imprese.
- Approccio della Discrepanza Reddito–Spesa: Si basa sull’idea che il reddito percepito nell’economia sommersa sarà speso nell’economia regolare. Calcolando la spesa effettiva degli individui, si può cogliere l’ampiezza del sommerso. La differenza tra spesa nazionale e reddito dichiarato rappresenta un indicatore delle dimensioni dell’economia sommersa.
- Approccio della Discrepanza tra Dati Statistici e Dati Fiscali: Analizza la discrepanza tra le basi imponibili emergenti dalla contabilità nazionale e quelle derivanti dalle dichiarazioni fiscali dei contribuenti.
Questi metodi forniscono strumenti utili per comprendere e quantificare l’evasione fiscale, contribuendo a sviluppare strategie più efficaci per combattere questo fenomeno.
Effetti dell’evasione
L’evasione fiscale ha effetti significativi non solo sul piano etico e morale, ma anche sull’economia di uno Stato. Essa rappresenta un problema centrale nell’analisi economica e nella politica economica, causando danni macroeconomici che si accumulano nel medio-lungo periodo. In questo contesto, l’evasione fiscale è considerata una vera e propria piaga sociale, soprattutto nei paesi con un alto tasso di evasione.
Il mancato recupero di fondi da parte dello Stato, che potrebbero essere utilizzati per la spesa pubblica o per finanziare la crescita economica, contribuisce a creare un potenziale deficit pubblico e quindi a incrementare il debito pubblico. Inoltre, la mancanza di risorse porta a un’assenza di interventi statali che potrebbero stimolare la crescita economica. Quando lo Stato non riesce a recuperare completamente i fondi evasi, è costretto a ridurre la spesa pubblica, il che può comportare tagli ai finanziamenti per la pubblica amministrazione e una conseguente diminuzione della qualità dei servizi pubblici. In alternativa, potrebbe aumentare la tassazione e il prelievo fiscale sui contribuenti, come ad esempio l’aumento delle accise. Questo porta a un incremento della pressione fiscale o del cuneo fiscale.
Nel lungo periodo, oltre a possibili disservizi pubblici, una maggiore imposizione fiscale può ridurre i redditi dei consumatori, portando a un calo dei consumi e quindi a una flessione della crescita economica. Tuttavia, ci sono opinioni divergenti riguardo all’impatto dell’evasione fiscale sull’intero sistema economico. Alcuni sostengono che, sebbene il danno economico sia significativo per lo Stato e l’amministrazione pubblica, l’evasione possa comunque favorire una maggiore circolazione di denaro, influenzando positivamente i consumi e la crescita economica.
In realtà, lo Stato ha la capacità di alimentare il sistema economico attraverso la spesa derivante dalle entrate fiscali, investendo in miglioramenti dei servizi e opere pubbliche per i cittadini e promuovendo l’innovazione tramite il finanziamento della ricerca scientifica e tecnologica. Inoltre, l’evasione fiscale porta a un inasprimento della tassazione per cercare di recuperare i fondi evasi. Questo aumento della pressione fiscale può sfavorire le attività imprenditoriali e limitare i consumi dei cittadini. Si crea così un circolo vizioso che può spingere ulteriormente i contribuenti all’evasione o alla fuga di capitali all’estero, dove le condizioni economiche e fiscali sono più favorevoli.
Il recupero dell’evasione fiscale potrebbe affrontare due problemi distinti: quello del debito pubblico e quello della crescita economica. Maggiore è la capacità di recuperare i fondi evasi, più rapida ed efficace sarà la soluzione a questi problemi. Secondo Ignazio Visco, l’evasione fiscale in Italia sarebbe una delle cause principali della crisi economica e del debito che ha colpito il paese durante la grande recessione.
Risvolti economici ed etici dell’evasione fiscale
Ricapitolando, gli effetti dell’evasione fiscale non sono solo economici, ma sono considerati anche eticamente riprovevoli in quanto:
- Si ha una riduzione delle entrate dello Stato e delle risorse per la collettività. Di conseguenza:
- Si peggiora la qualità dei servizi pubblici e della pubblica amministrazione a causa della diminuzione delle uscite. Lo Stato deve limitare le risorse destinate alla spesa pubblica, come Sanità, Istruzione, trasporti, strade e benessere. Questo fatto tende a gravare maggiormente sui meno abbienti.
- Si aumenta il livello di tassazione e di pressione fiscale sui contribuenti per cercare di recuperare i fondi perduti.
- Diminuiscono i fondi disponibili per finanziare la crescita economica.
- Si vanifica parzialmente la redistribuzione del reddito pianificata dal legislatore.
- Si aumenta il deficit pubblico e il conseguente debito pubblico.
In aggiunta a questi effetti diretti, si possono considerare alcuni fattori etici secondari:
- Si creano situazioni di concorrenza sleale tra operatori economici che pagano le tasse e chi le evade, con un effetto domino su tutti i soggetti economici coinvolti.
- Non tutti i cittadini possono evadere le tasse con la stessa facilità; tipicamente, questo risulta più semplice per i lavoratori autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti.
- Gli evasori parziali o totali, dimostrando redditi inferiori alla realtà, possono usufruire di servizi o facilitazioni (come bonus fiscali, assegni familiari, sconti su tasse scolastiche ed edilizia sovvenzionata), sottraendo tali risorse a chi invece ne avrebbe diritto e necessità. L’evasione tende quindi a creare disparità sociale tra le varie classi sociali.
Questi aspetti evidenziano come l’evasione fiscale non solo influisca negativamente sull’economia di uno Stato, ma sollevi anche questioni morali riguardo all’equità e alla giustizia sociale. La mancanza di un sistema fiscale equo penalizza i cittadini onesti e genera una serie di problemi che si riflettono sulla qualità della vita e sui servizi disponibili per la collettività.
Dati sull’evasione fiscale
I dieci paesi con maggior evasione fiscale al mondo per l’anno 2011. Nel 2011 è stimata nel 5% dell’economia globale.
Nel mondo
In totale l’evasione fiscale mondiale ammonta a una cifra tra i 21.000 e i 32.000 miliardi di dollari, pari al PIL di Stati Uniti, Giappone e Germania messi insieme.
A maggio 2013 circa 65 Paesi hanno sottoscritto il protocollo proposto da OCSE Parametri per lo Scambio Automatico di Informazioni sui Conti Finanziari, per imporre nuovi obblighi di informazione sui conti bancari, sui fondi comuni e su altre partecipazioni in mano a clientela internazionale. Nel settembre 2013, il G20 adotta lo standard OCSE come strumento per l’adempimento fiscale internazionale.
A maggio 2014, circa 100 Paesi hanno dichiarato in forma ufficiale l’intenzione di implementare lo scambio automatico di informazioni a cadenza annuale, di cui almeno 40 si sono impegnati ad avviare questo progetto entro il 2017. Fra i pochi Paesi non firmatari, abbiamo: Panama, Caraibi, Stati Uniti d’America.
Gli USA già adottavano dal 2010 un protocollo in parte simile al CRS: il Congresso ha approvato il Tax Compliance Act Foreign Account, o FATCA, per cui il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha cominciato a perseguire le banche svizzere che consentono l’evasione fiscale. La FATCA obbliga alcune imprese finanziarie a far conoscere all’Internal Revenue Service eventuali conti esteri detenuti da cittadini statunitensi.
Le differenze principali fra CRS e FATCA sono il fatto che il FATCA presume accordi bilaterali fra Paese e Paese e il più ristretto perimetro di azione, cioè che il FATCA non impone obblighi di informativa e controllo sui conti e depositi di cittadini stranieri negli Stati Uniti.
In Europa
Svizzera
Il Consiglio federale svizzero, nella persona della consigliera nazionale Margret Kiener Nellen (PS/BE), ha presentato una mozione domandando di colmare le lacune di controllo e legislative note alle autorità fiscali; il rischio è che la Confederazione rimanga una piazza per il denaro sporco. La riforma, lanciata dall’allora consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, avrebbe permesso ai Cantoni di obbligare le banche a fornire informazioni concernenti un cliente in caso di sottrazione d’imposta. Una stima dell’evasione fiscale in Svizzera è di 103,4 miliardi di franchi svizzeri, l’equivalente di un’imposta sul reddito di 20,7 miliardi (con aliquota del 20%). Per quel che concerne i valori patrimoniali detenuti da svizzeri presso banche locali, la legislazione non prevede un sistema di notifica, ma la riscossione di un’imposta preventiva. Il Parlamento ha ridotto il termine di decadimento per la sottrazione d’imposta da 15 a 10 anni (quello per la frode fiscale è a 15 anni). La prescrizione assoluta è fissata a 10 anni.
Germania, Francia, Danimarca, Belgio, Italia
Una rete di banche, operatori di borsa e avvocati di alto livello ha ottenuto miliardi dalle tesorerie europee attraverso sospette frodi e speculazioni con l’imposta sui dividendi. I cinque paesi più colpiti hanno perso insieme almeno 62,9 miliardi di dollari. La Germania è il paese più colpito, con circa 31 miliardi di euro ritirati dal tesoro tedesco. Le perdite stimate per altri paesi includono almeno 17 miliardi di euro per la Francia, 1,7 miliardi di euro in Danimarca, 4,5 miliardi di euro in Italia e 201 milioni di euro per il Belgio.
Grecia
Nell’ultimo trimestre del 2005, il 49% delle società ispezionate dall’Agenzia delle Entrate risulta aver commesso reati fiscali mentre a gennaio 2006 si è passati al 41,6%. Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Chicago ha concluso che l’evasione fiscale nel 2009 da parte dei soli liberi professionisti in Grecia (contabili, dentisti, avvocati, medici, tutor personali e consulenti finanziari indipendenti) ammontava a 28 miliardi di euro, pari al 31% del deficit di bilancio di quell’anno.
Scandinavia
Un articolo degli economisti Annette Alstadsæter, Niels Johannesen e Gabriel Zucman, che ha utilizzato i dati di HSBC Switzerland (“Swiss leaks”) e Mossack Fonseca (“Panama Papers”), ha rilevato che “in media circa il 3% delle tasse personali viene evaso in Scandinavia, ma questa cifra sale a circa il 30% nello 0,01% in più della distribuzione della ricchezza… Tenendo conto dell’evasione fiscale, l’aumento della disuguaglianza visto nei dati fiscali dagli anni ’70 si è verificato in modo marcato, evidenziando la necessità di andare oltre i dati fiscali per captare reddito e ricchezza al vertice, anche nei paesi in cui la compliance fiscale (ossia l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari da parte del contribuente) è generalmente elevata. Si evince anche che dopo aver ridotto l’evasione fiscale, utilizzando i condoni fiscali, gli evasori fiscali legalmente non eludono di più le tasse. Questo risultato suggerisce che la lotta all’evasione fiscale può essere un modo efficace per riscuotere maggiori entrate fiscali dagli ultra-ricchi.”
Regno Unito
L’HMRC, l’agenzia di riscossione delle imposte del Regno Unito, ha stimato che nell’anno fiscale 2016-17 la pura evasione fiscale (escluse cose come l’economia sommersa o l’attività criminale) è costata al governo 5,3 miliardi di sterline. Ciò rispetto a un più ampio divario fiscale (la differenza tra l’importo dell’imposta che dovrebbe essere riscosso dall’HMRC e quanto effettivamente riscosso) di 33 miliardi di sterline nello stesso anno, un importo che rappresentava il 5,7% delle passività. Allo stesso tempo, l’elusione fiscale è stata stimata a 1,7 miliardi di sterline (questo non include gli accordi fiscali internazionali che non possono essere contestati ai sensi della legge del Regno Unito, comprese alcune forme di erosione della base imponibile e trasferimento degli utili).
Nel 2013, il governo di coalizione ha annunciato un giro di vite contro la criminalità economica. Ha creato un nuovo illecito penale per favoreggiamento dell’evasione fiscale e ha rimosso l’obbligo per le autorità investigative fiscali di dimostrare “l’intenzione di evadere le tasse” per perseguire i trasgressori.
Nel 2015, il cancelliere George Osborne ha promesso di raccogliere 5 miliardi di sterline “facendo la guerra” agli evasori fiscali annunciando nuovi poteri per l’HMRC per prendere di mira le persone con conti bancari offshore. Il numero di persone perseguite per evasione fiscale è raddoppiato nel 2014/15 rispetto all’anno precedente, arrivando a 1.258.
Asia
India
La carenza del governo indiano nelle spese pubbliche è in gran parte attribuita all’evasione fiscale diffusa nel paese. Attualmente, l’imposta sul reddito in India rappresenta solo il 5% del PIL, un dato significativamente inferiore rispetto ad altri paesi in via di sviluppo. Questo è dovuto al fatto che solo il 2-3% della popolazione è soggetta a questa imposta. L’India ha maggiori difficoltà a far crescere la propria base imponibile rispetto a nazioni come la Cina, che tassa il 20% della sua popolazione, a causa della bassa percentuale di lavoratori formalmente impiegati.
Nonostante l’imposta sul reddito sia stata istituita nel 1922 durante il dominio britannico, la storia fiscale dell’India ha contribuito all’attuale elevato tasso di evasione fiscale. A partire dal 1º aprile 2017, l’Income-tax Act del 1961 ha introdotto le Regole generali antielusione (GAAR) con l’intento di combattere le pratiche illecite sia da parte dei contribuenti che dei professionisti fiscali che aiutano a eludere l’imposta, specialmente quando l’impatto fiscale di un accordo o di una transazione supera i 3 crore di rupie in un anno finanziario.
Le GAAR mirano a coprire i casi in cui lo scopo principale di un’operazione è ottenere un vantaggio fiscale. Recentemente, a causa del progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) delle nazioni membri dell’OCSE e del G20, si è creato un forte dibattito tra i paesi coinvolti, ognuno dei quali cerca di proteggere la propria base imponibile. In base all’Action Plan Report 6 del Progetto BEPS, i membri devono adottare il test PPT (Principal Purpose Test) come standard minimo. Questo standard stabilisce che se “uno degli scopi principali della transazione è ottenere un vantaggio fiscale”, il beneficio del trattato non sarà concesso.
Nel contesto indiano, la maggior parte dei trattati stipulati include tale standard minimo; pertanto, se uno degli scopi principali della transazione è ottenere vantaggi fiscali, il beneficio del trattato sarà negato. Questo ha creato diverse difficoltà per le multinazionali che hanno indirizzato i loro investimenti attraverso paesi insulari verso l’India, come Mauritius, che ha un trattato favorevole di elusione fiscale con l’India. Tuttavia, con l’introduzione del test PPT, tutti i vantaggi potrebbero essere messi in discussione a causa della mancanza di requisiti relativi alla sostanza e al test PPT.
Recentemente, questo aspetto è stato considerato dall’Autorità per le sentenze anticipate di Nuova Delhi nella sentenza riguardante Tiger Global International II Holdings.
Emirati Arabi Uniti
All’inizio di ottobre 2021, un’enorme fuga di notizie ha rivelato 11,9 milioni di documenti finanziari e oltre 2,9 terabyte di dati, noti come Pandora Papers, pubblicati dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ). Questi documenti hanno esposto i conti offshore segreti di circa 35 leader mondiali che utilizzano i paradisi fiscali per eludere le tasse. Tra i leader smascherati c’è anche il sovrano di Dubai e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum.
Lo sceicco Mohammed è stato identificato come azionista di tre società registrate nei paradisi fiscali delle Bahamas e delle Isole Vergini britanniche. Queste società sono state create attraverso una società degli Emirati, Axiom Limited, che è parzialmente di proprietà del conglomerato di investimenti Dubai Holding, controllato dallo stesso sceicco. Secondo i documenti trapelati, il sovrano di Dubai possedeva un gran numero di immobili esclusivi e lussuosi in tutta Europa tramite queste entità offshore.
I Pandora Papers menzionano anche Dominique Strauss-Kahn, ex amministratore delegato del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e ministro delle finanze francese. Strauss-Kahn ha ricevuto l’autorizzazione nel 2018 per creare una società di consulenza negli Emirati Arabi Uniti dopo la scadenza delle esenzioni fiscali della sua società marocchina, che utilizzava per ricevere milioni di dollari in spese di consulenza esentasse.
Le tre società offshore collegate allo sceicco Mohammed sono state registrate nel 2008 e includono Tandem Investco Limited e Tandem DirectorCo Limited nelle Isole Vergini britanniche, e Allied International Investments Limited alle Bahamas. Axiom Limited, la società madre, si occupa di commercio al dettaglio e produzione nel settore mobile e ha utilizzato queste entità per “espandere il proprio core business”. Due delle società nelle Isole Vergini britanniche sono state chiuse nel 2020-2021, mentre quella alle Bahamas è stata dismessa ma non liquidata.
Faisal Al-Bannai, un imprenditore emiratino nel settore della tecnologia informatica, è stato l’amministratore unico delle due società nelle Isole Vergini britanniche dal 2011 ed è anche azionista di Axiom Limited. Sebbene l’uso di società offshore non sia illegale, evidenzia una pratica comune tra le persone facoltose per evitare il pagamento delle tasse.
La fuga dei Pandora Papers ha messo in luce non solo i legami finanziari dello sceicco Mohammed ma ha anche sollevato interrogativi sulle pratiche fiscali in corso negli Emirati Arabi Uniti. La situazione ha attirato l’attenzione internazionale sulle modalità con cui i leader mondiali gestiscono la loro ricchezza attraverso sistemi offshore che possono facilitare l’evasione fiscale.
In Italia
In Italia ci sono due principali fonti di dati statistici sull’evasione fiscale. La prima sono studi basati su questionari e interviste a campioni di cittadini, come quelli condotti dall’EURES. Questi studi ci dicono, per esempio, che per alcune categorie il tasso di evasione arriva intorno all’80%. Tuttavia, tali dati sono soggetti alle limitazioni di questo tipo di studi, come la rappresentatività statistica dei campioni e la possibilità che gli intervistati non diano risposte affidabili.
La seconda fonte di dati sono stime condotte dall’Istat e dall’Ufficio Studi dell’Agenzia delle entrate, integrando dati amministrativi sulle dichiarazioni IRAP con dati statistici sulla contabilità nazionale. Tali studi ci dicono che l’evasione raggiunge circa il 18% del PIL e permettono anche un’analisi su base regionale e di categorie. Queste stime sono basate su misure indirette dell’evasione, soggette ad ampie fluttuazioni statistiche e con una bassa risoluzione temporale e geografica. Complessivamente l’evasione fiscale in Italia nel 2012 è stimata, secondo alcuni studi, in circa 120 miliardi di euro l’anno (media di 2000 euro a persona) il cui recupero totale garantirebbe ad esempio un recupero o azzeramento dell’intero debito pubblico, che nel 2012 ammonta a circa 1900 miliardi di euro, in soli 16 anni.
In particolare nel 1981 l’evasione fiscale in Italia ammontava a circa 28.000 miliardi di lire, equivalente al 7-8% del PIL. Trent’anni dopo questa quota è salita appunto fra il 16,3% e il 17,5% del PIL, per un totale che oscilla, secondo altri studi, tra i 255 e i 275 miliardi di imponibile sottratto all’erario con forti ripercussioni sul deficit pubblico e sul conseguente debito pubblico. Secondo alcuni studi tali valori collocano l’Italia al 1º posto in Europa per evasione e al terzo posto tra i paesi dell’area OCSE.
Da un punto di vista geografico, nel Nord Italia, dove si realizza la quota più rilevante di affari e del reddito, si evade di più in valore monetario assoluto, mentre il Sud ha il primato per numero di evasori.
Anni 2010-2015
Nel periodo dal 2010 al 2015, il divario fiscale in Italia, ovvero la differenza tra le imposte e i contributi teorici e quelli effettivamente versati, è stato stimato in 109,5 miliardi di euro per l’anno di riferimento 2015. Di questa somma, 11,6 miliardi riguardano esclusivamente le entrate contributive. L’imposta più evasa è risultata essere l’IVA, con un ammontare di 35,5 miliardi di euro. L’evasione dell’IVA ha inoltre comportato un’evasione di altri tributi come IRAP, IRES e IRPEF da lavoro autonomo e d’impresa, che produce un’ulteriore evasione di circa 48,8 miliardi di euro all’anno.
La propensione a evadere è stata calcolata al 23,5%. Tuttavia, escludendo i lavoratori dipendenti, il dato cambia notevolmente: per ogni 100 euro di tasse e contributi teorici, ne vengono evasi 35. Questo valore aumenta ulteriormente per quanto riguarda l’IRPEF da lavoro autonomo e d’impresa: ogni 100 euro dovuti mancano all’appello 67,6 euro.
I dati sul divario fiscale per gli anni 2010-2015 sono stati riportati nella “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” del Comitato ministeriale presieduto da Enrico Giovannini. Questa relazione mostra una stabilità del divario fiscale, con una media nell’ultimo triennio osservato che si attesta a 109 miliardi di euro, in linea con il dato del 2015 e solo leggermente inferiore al picco di 110,7 miliardi del 2014.
Gli studiosi classificano due tipi di divario fiscale: uno deriva da omesse dichiarazioni mentre l’altro è causato da omessi versamenti. Nel primo caso si tratta della volontà o intenzione di evadere; nel secondo caso si possono avere difficoltà economiche o errori nel pagamento. In entrambi i casi si parla comunque di evasione.
Nel periodo dal 2010 al 2015, il gettito mancante riferito a IRPEF da lavoro autonomo e d’impresa, IRES, IRAP, IVA, locazioni e canone Rai è stato pari in media a 87,3 miliardi di euro all’anno. Di questa somma, 12,8 miliardi sono imputabili a omessi versamenti ed errori, mentre le omesse dichiarazioni determinano una lacuna di gettito di 74,6 miliardi di euro. I 13 miliardi di euro relativi agli omessi versamenti sono un valore vicino a quello del recupero dell’evasione fiscale, escluse le imposte straordinarie come il rientro dei capitali o la regolarizzazione delle cartelle. Le omesse dichiarazioni ammontano stabilmente a 74,6 miliardi di euro negli anni analizzati.
Divario fiscale 2015-2016
Nel periodo 2015-2016, l’Italia si è confermata al primo posto tra i paesi dell’Unione Europea per quanto riguarda il divario fiscale, con un ammontare di 190,9 miliardi di euro. Questo dato è emerso da uno studio condotto dal gruppo del Partito del Socialismo Europeo, guidato da Richard Murphy, professore di economia politica internazionale alla City University di Londra. L’indagine si basa su dati riferiti al 2015 e cerca di quantificare la perdita generata dal mancato pagamento delle imposte nei paesi membri della UE.
Il divario fiscale può essere interpretato in due modi:
- Politica di dislivello fiscale: si riferisce alla scelta governativa di esentare alcuni settori o categorie di contribuenti, il che penalizza le entrate complessive.
- Divario di adempimento fiscale: rappresenta lo scarto tra il gettito che dovrebbe essere raccolto in un sistema fiscale efficiente e il gettito effettivamente contabilizzato da uno Stato. L’indagine si concentra esclusivamente su questo secondo aspetto, che rappresenta l’evasione fiscale vera e propria.
Per calcolare il divario fiscale, lo studio utilizza tre indicatori principali:
- L’evasione media dell’IVA nei paesi dell’UE, secondo Eurostat.
- L’economia sommersa, secondo il Fondo Monetario Internazionale.
- Uno studio accademico a cura dell’economista Konrad Raczkowski sull’evasione nei paesi dell’UE.
Comparazione con altri paesi europei
Nei vari paesi europei, lo scarto medio delle tasse evase varia significativamente. Si passa dal minimo del 7,98% in Lussemburgo al massimo del 29,5% in Romania. L’Italia si colloca tra i paesi più inclini all’evasione sia in termini percentuali, con un divario fiscale del 23,28%, sia in valori assoluti. Con circa 190 miliardi di euro di evasione fiscale, l’Italia supera di 65 miliardi la Germania, che ha un divario fiscale di 125 miliardi, e di circa 73 miliardi la Francia, con 117,9 miliardi.
Nel solo anno 2016, l’Italia ha registrato un totale di 35,9 miliardi di euro di IVA non incassata, mantenendo così la sua posizione al primo posto nell’Unione Europea per evasione fiscale. Questi dati evidenziano la gravità della situazione e la necessità di interventi efficaci per contrastare l’evasione e migliorare la compliance fiscale nel paese.
MODIFICA
Possibili contromisure
Il problema dell’evasione fiscale è un argomento importante all’interno del dibattito politico per via dei suoi molteplici effetti negativi sull’economia di un paese. Le posizioni riguardo alle contromisure sono varie, ma possono essere sintetizzate essenzialmente in due approcci o posizioni contrapposte.
Pagare tutti per pagare meno
Questo approccio sostiene che, una volta sconfitta o perlomeno ridotta l’evasione fiscale, le tasse potranno essere abbassate per tutti. Ciò comporterebbe un beneficio generalizzato per la società, in termini di consumi e investimenti, a favore della crescita economica e occupazionale. I sostenitori di questa posizione ritengono che sia necessario un maggiore impegno da parte dello Stato nel colpire gli evasori fiscali, aumentando la vigilanza e il controllo e inasprendo le sanzioni pecuniarie per gli evasori scoperti, come misura deterrente e repressiva.
Tuttavia, questa posizione è considerata da alcuni come semplicistica. L’economista canadese Pierre Lemieux ha affermato: «Questo è un ritornello semplicistico […] il governo prenderà tutto quello che potrà, e spenderà quello che il traffico permetterà. […] Se i canadesi che oggi lavorano sul mercato nero cominciassero a pagare le loro “giuste” tasse, semplicemente gli introiti e le spese del governo aumenterebbero della differenza.»
Pagare meno per pagare tutti
Un secondo modo per contrastare l’evasione fiscale sarebbe quello di abbassare le aliquote a priori. Questa strategia potrebbe portare a un ampliamento della base imponibile, poiché i contribuenti, trovandosi a dover pagare tasse ridotte, sarebbero meno invogliati a correre rischi relativi ad accertamenti fiscali o sanzioni pecuniarie. Al contrario, sarebbero stimolati a versare i propri tributi all’Erario.
I sostenitori del primo metodo, “pagare tutti per pagare meno”, sottolineano che esso includerebbe anche il secondo approccio una volta recuperati i fondi dovuti allo Stato. Tuttavia, è importante notare che ciascun metodo proposto non garantisce un recupero dall’evasione di tipo deterministico, cioè certo e quantificabile. Per questo motivo, il recupero da evasione è spesso considerato una voce critica e non pienamente affidabile all’interno dei piani rigorosi di risanamento dei conti pubblici da parte dello Stato.
Tracciabilità dei pagamenti
Un altro possibile metodo per ridurre l’evasione fiscale è quello di garantire una più robusta tracciabilità dei pagamenti, ottenibile attraverso un maggiore ricorso alla moneta elettronica. Questo può essere realizzato, ad esempio, con l’uso più diffuso di carte di credito e assegni non trasferibili, in sostituzione del tradizionale contante. Una delle proposte è quella di abbassare la soglia massima per i pagamenti in contante.
Negli ultimi anni, l’importo da non superare per i pagamenti in contante in Italia è stato oggetto di continue modifiche. Il governo Monti, nel dicembre 2011, fissò il limite massimo a 1.000 euro. In precedenza, la previsione di una soglia massima era stata abrogata dal quarto governo Berlusconi e poi reintrodotta nell’estate 2011, con l’aggravarsi della crisi economica, stabilendola a 2.500 euro. Successivamente, il governo Renzi innalzò il tetto a 3.000 euro dal 1º gennaio 2016. Infine, il governo Meloni ha revisionato l’importo a 5.000 euro dal 1º gennaio 2023.
Tuttavia, la lotta all’evasione attraverso la limitazione dell’uso dei contanti non risulta efficace quando le parti si accordano per una transazione priva di documento fiscale (vendita in nero) oppure con un documento fiscale per un importo parziale. In questi casi, se il cliente ha disponibilità di contante, qualsiasi limite all’uso del denaro contante diventa inefficace. La stessa osservazione si applica ai pagamenti (totali o parziali) effettuati dai datori di lavoro ai lavoratori, una situazione comune nelle micro e piccole imprese, dove l’alterazione avviene sul cedolino paga.
Pubblicazione on-line delle dichiarazioni dei redditi
Il viceministro dell’Economia nel secondo Governo Prodi, Visco, ha autorizzato per la prima volta, con un provvedimento del 5 marzo 2008, la pubblicazione su Internet delle dichiarazioni dei redditi riferite all’anno 2005. Tuttavia, questa decisione è stata sospesa lo stesso giorno, dopo poche ore. Le polemiche che sono seguite riguardano da un lato la necessità di tutelare la riservatezza dei cittadini e dall’altro l’esigenza di garantire trasparenza e combattere l’evasione fiscale.
L’idea di pubblicare le dichiarazioni dei redditi on-line è tornata in discussione nel 2011, quando il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha proposto nuovamente questa misura a causa del deterioramento della situazione dei conti pubblici in Italia.
È interessante notare che in alcuni paesi europei le dichiarazioni dei redditi sono già pubblicate online da anni. Ad esempio, in Finlandia, i cittadini possono consultare le proprie dichiarazioni inviando un messaggio con il telefonino a un numero specifico, al costo di 1,90 euro (nel 2008).
Redditometro
Per individuare i potenziali evasori fiscali, è stata proposta l’adozione di strumenti giuridici che permettano di accertare il reddito reale, misurando la compatibilità tra quanto dichiarato al fisco e il livello dei consumi sostenuti dal soggetto. Questo strumento è noto come redditometro. Il sistema sarebbe facilitato dall’implementazione di robusti sistemi per la tracciabilità dei pagamenti.
Richard Thaler, economista comportamentale, ha suggerito in un articolo sul New York Times che i governi dei paesi con alta evasione fiscale nell’Europa meridionale dovrebbero considerare l’adozione di misure simili.
Scudo fiscale
In Italia, durante il governo Berlusconi IV, è stata introdotta una forma controversa di condono fiscale chiamata scudo fiscale, destinata a favorire il rientro di capitali non dichiarati dall’estero. Tuttavia, questa misura, consentendo sgravi fiscali, si muove in direzione opposta al recupero di fondi da evasione, inquadrandosi quindi più nel contesto delle misure anti-elusione fiscale.
Ispettori comunali di “congruità”
Una proposta per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale è stata avanzata da Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale delle Politiche 2008. Il leader del PDL ha affermato che per colpire quei «troppi italiani che fanno i furbi», sarà indispensabile l’aiuto delle amministrazioni comunali. Ogni Ufficio Tributi di Municipio dovrà dotarsi di ispettori specifici, incaricati di verificare la congruità dei redditi dichiarati dai contribuenti rispetto al loro effettivo tenore di vita. In pratica, una persona che dichiara un reddito basso o inesistente ma possiede beni di lusso come ville o auto costose sarà più facilmente “stanabile” dalle amministrazioni locali, che hanno una maggiore capacità di verifica e controllo sul territorio.
Questa iniziativa ha iniziato a concretizzarsi nel 2008, quando un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate ha disposto che i Comuni potessero accedere ai dati fiscali ed economici dei cittadini residenti nel loro territorio. Tra questi dati, provenienti dall’Anagrafe Tributaria, ci sono le utenze elettriche, i contratti di locazione e le denunce di successione per immobili.
Sono le intenzioni degli ispettori delle tasse, “grazie ai dati messi a disposizione dall’Anagrafe tributaria […] i Comuni potranno verificare se i dati del Fisco corrispondono a quelli in proprio possesso e dall’incrocio di questi dati potranno accertare se ci sono contribuenti che evadono i tributi locali”.
Un ulteriore passo in questa direzione è stato compiuto il 12 febbraio 2009. Da quella data, le amministrazioni comunali possono segnalare al Ministero dell’Economia e delle Finanze i contribuenti “sospetti”, cioè coloro che dichiarano di non avere reddito ma possiedono beni come panfili o altri beni che teoricamente non potrebbero permettersi. Il sistema si basa sull’incrocio dei dati fiscali e personali, utilizzando anche strumenti rapidi come Internet.
Scontrino fiscale e lotteria
Un possibile modo per ridurre l’evasione fiscale è la creazione di una “lotteria fiscale“. Questo modello è stato adottato in Estremo Oriente, dove il governo di Taiwan ha abbinato agli scontrini fiscali una lotteria pubblica. Su ogni scontrino fiscale emesso dai negozianti e commercianti è stampato un numero generato automaticamente da un sistema. In questo modo, lo scontrino fiscale regolarmente emesso diventa anche un biglietto della lotteria.
Il sistema della lotteria basata sullo scontrino è stato adottato anche in Cina, nel primo decennio degli anni 2000, attraverso una sperimentazione in diverse aree del paese, comprese grandi città come Pechino, Shanghai e Tientsin. Questa adozione differenziale ha permesso di condurre studi econometrici significativi basati su una vasta quantità di dati sperimentali. Ad esempio, uno studio condotto in Giappone da Junmin Wan, economista dell’Università di Fukuoka, ha mostrato un incremento significativo del 17,1% nella tassazione al consumo rispetto alle zone dove la lotta all’evasione veniva effettuata con metodi tradizionali. L’effetto sul gettito fiscale totale è stato quantificato in un incremento del 10,4%.
In Italia, la lotteria degli scontrini sarà introdotta a partire da febbraio 2021 grazie al Decreto Fiscale del 2019, convertito nella legge n.136. Questa misura anti-evasione coinvolgerà direttamente i consumatori, i quali dovranno fornire al commerciante il proprio codice lotteria al momento dell’emissione dello scontrino. Questo codice sarà ottenuto accedendo al portale dedicato alla lotteria e consentirà la partecipazione all’estrazione dei premi mensili e annuali.
Sistema Serpico
In Italia, dal 2013 è attivo il sistema informatico Serpico, che analizza i conti correnti bancari alla ricerca di eventuali anomalie rispetto alle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti. Questo sistema rappresenta uno strumento utile per identificare possibili irregolarità e contribuire così alla lotta contro l’evasione fiscale.
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