L’Italia svenduta ai fondi stranieri?

Negli ultimi anni, diverse operazioni finanziarie hanno visto fondi stranieri acquisire importanti asset italiani, spesso con un forte coinvolgimento dello Stato. Gli ultimi esempi riguardano Autostrade per l’Italia e Tim

L'Italia svenduta ai fondi stranieri?

L’Italia svenduta ai fondi stranieri? Negli ultimi anni, diverse operazioni finanziarie hanno visto fondi stranieri acquisire importanti asset italiani, spesso con un forte coinvolgimento dello Stato. Questo è emerso in vari settori, dalla rete autostradale alla telefonia, con casi emblematici che evidenziano la delicatezza di queste transazioni.

Uno degli esempi più significativi riguarda Autostrade per l’Italia (Aspi). La tragedia del crollo del ponte Morandi a Genova, avvenuta quasi sei anni fa, portò alla luce gravi problemi di sicurezza nelle infrastrutture, in particolare sotto la gestione della società Atlantia, controllata dalla famiglia Benetton. In risposta, il governo dell’epoca, guidato da Giuseppe Conte, promise di riprendere il controllo delle autostrade e di punire i responsabili. Tuttavia, questa “punizione” si concretizzò in un risarcimento di 8,2 miliardi di euro alla famiglia Benetton per l’acquisizione di Aspi.

A seguito di ciò, la gestione di Aspi fu affidata a una nuova struttura, con una maggioranza pubblica detenuta da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) con il 51% delle quote, mentre i fondi Blackstone e Macquarie ottennero il restante 49%. Tuttavia, emergono dettagli rilevanti riguardo agli accordi sottoscritti: gli utili della società venivano distribuiti quasi interamente agli azionisti, garantendo così un ritorno immediato sull’investimento. Nel primo biennio, Aspi ha registrato utili netti per 2 miliardi di euro, ma anche un incremento del debito.

L’anno scorso, quando il governo Meloni, con il ministro dei Trasporti Matteo Salvini in prima linea, valutava l’espulsione dei fondi da Aspi, i fondi accettarono di ridurre la percentuale di utili distribuiti sotto forma di dividendi dal 100% al 75%, un compromesso che non è stato semplice ottenere. Nonostante queste concessioni, i fondi non mostrano alcuna intenzione di lasciare la gestione della rete autostradale.

Parallelamente, un’altra operazione di rilievo ha coinvolto il fondo americano Kkr nella gestione della rete telefonica italiana. Kkr ha acquisito la maggioranza della rete di Tim, inclusa la partecipazione in Fibercop, con un investimento totale di circa 4 miliardi di euro. Questa operazione consente a Kkr di controllare una parte significativa della rete di telecomunicazioni italiana, con prospettive di notevoli ritorni economici nei prossimi anni, sostenute anche dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Il piano prevede la sostituzione della rete in rame con quella in fibra ottica, con significativi risparmi sui costi operativi e un incremento dei ricavi, che garantiranno a Kkr dividendi annui consistenti.

D’altro canto, il fondo australiano Macquarie, che ha acquisito il 40% di Open Fiber da Enel per 2,2 miliardi di euro, si trova ora a gestire una situazione finanziaria difficile, con un debito di 5,5 miliardi di euro e significative perdite operative.

Questi esempi dimostrano come lo Stato italiano, pur coinvolto nelle operazioni, si trovi spesso a dover cedere il controllo di asset strategici a fondi stranieri per risolvere problemi che non è in grado di gestire autonomamente. La presenza dei fondi nei settori strategici, infatti, non si limita alla necessità di capitali, ma coinvolge anche competenze e gestione. Tuttavia, questo processo solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine di queste scelte e sulla reale capacità dello Stato di proteggere e valorizzare i propri interessi strategici.

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