L’industria dei combustibili fossili influenza l’informazione italiana?

L’Osservatorio di Pavia ha condotto uno studio per Greenpeace che ha evidenziato la “pericolosa influenza dell’industria dei combustibili fossili sul mondo dell’informazione”

L’industria dei combustibili fossili influenza l’informazione italiana?
L’industria dei combustibili fossili influenza l’informazione italiana? L’attenzione dedicata dai media alla questione ambientale e climatica diminuisce di pari passo alla crescita delle inserzioni pubblicitarie delle industrie fossili, secondo uno studio realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace.

I risultati del monitoraggio periodico dell’organizzazione sulla copertura mediatica dei cambiamenti climatici mostrano non solo che nell’ultima parte dell’anno il numero di articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani in cui si parla esplicitamente di crisi climatica è diminuito rispetto al quadrimestre precedente, attestandosi ad una media di 2,5 articoli al giorno, ma anche che il trattamento riservato all’industria dei combustibili fossili ed alle aziende dell’industria automobilistica, aerea e crocieristica è ben differente.

L’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione, ha condotto uno studio per Greenpeace che ha evidenziato la “pericolosa influenza dell’industria dei combustibili fossili sul mondo dell’informazione“. Il numero di articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani in cui si parla esplicitamente di crisi climatica è diminuito rispetto al quadrimestre precedente, attestandosi ad una media di 2,5 articoli al giorno nell’ultima parte dell’anno. Allo stesso tempo, il trattamento riservato all’industria dei combustibili fossili ed alle aziende dell’industria automobilistica, aerea e crocieristica è ben differente, con una media di oltre 6 pubblicità a settimana, ossia quasi una al giorno e circa il doppio rispetto al quadrimestre precedente, lo spazio offerto dai giornali alle loro inserzioni è infatti aumentato sensibilmente.

L’analisi dei soggetti che hanno più voce nel racconto della crisi climatica ha confermato ulteriormente l’influenza del mondo economico sulla stampa, con le aziende che hanno occupato il secondo posto (15%) dopo politici ed istituzioni internazionali (21%).

Nel dettaglio, i risultati del monitoraggio periodico dell’organizzazione sulla copertura mediatica dei cambiamenti climatici hanno analizzato il modo in cui da settembre a dicembre 2022 la crisi climatica è stata raccontata dai telegiornali serali di Rai, Mediaset e La7, da un campione di programmi televisivi di approfondimento e dai 5 quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire e La Stampa). L’unico a superare la sufficienza è stato Avvenire, che ha conquistato il primo posto in classifica, seguito da Il Sole 24 Ore e La Stampa. Tra i bocciati figurano il Corriere della Sera e La Repubblica.

La televisione ha visto un lieve incremento della copertura offerta dai telegiornali di prima serata, ma questi ultimi hanno parlato di crisi climatica in meno del 3% delle notizie trasmesse. Inoltre, il TG La7 è stato l’ultimo nella classifica dei programmi televisivi di approfondimento, con le sue trasmissioni L’Aria che tira ed Otto e mezzo in fondo alla classifica.

In generale, lo studio evidenzia la pericolosa influenza dell’industria dei combustibili fossili sul mondo dell’informazione e la necessità di una maggiore attenzione e impegno da parte dei media per affrontare la crisi climatica.

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