La bufala dei bot russi

La 15esima puntata dei Twitter Files ha smontato l’accusa di ingerenza russa sul social network Twitter

La bufala dei bot russi
La bufala dei bot russi. La 15esima puntata dei Twitter Files, un progetto giornalistico indipendente curato da Matt Taibbi, ha smontato l’accusa di ingerenza russa sul social network Twitter, che era stata enfatizzata durante la presidenza di Donald Trump. L’inchiesta si concentra sulla dashboard web Hamilton 68, utilizzata come fonte di riferimento dai media per monitorare la propaganda russa su Twitter.

Secondo Taibbi, Hamilton 68 ha monitorato circa 600 account che sostenevano fossero legati all’influenza russa, ma in realtà non ha trovato alcuna prova che i russi fossero coinvolti nella storia del deputato repubblicano Devin Nunes e dell’hashtag #ReleaseTheMemo. Invece di ottenere le prove di un’ingerenza russa, Hamilton 68 ha semplicemente raccolto una manciata di tweet di persone reali, per lo più americani, e ha fatto passare queste conversazioni come “intrighi russi“, schedando come bot o troll russi normali cittadini americani, canadesi e britannici.

Inoltre, dai documenti resi pubblici da Taibbi, si è appreso che i dirigenti di Twitter non si fidavano totalmente dei dati raccolti da Hamilton 68. Yoel Roth, l’ex capo della sicurezza di Twitter, aveva decodificato l’elenco di 644 account monitorati e aveva accusato Hamilton 68 di essere dannoso e di etichettare le persone come tirapiedi russi senza prove.

Secondo Taibbi, la falsa accusa della presenza di una rete di bot e troll russi ha polarizzato l’opinione pubblica e diffuso l’idea che le democrazie in Occidente fossero a repentaglio, portando alla necessità di adottare misure repressive, come la censura, per difendere la collettività dalla minaccia straniera. Inoltre, questa narrazione ha promosso il “maccartismo digitale” e ha portato alla persecuzione di personalità vicine alla destra.

Questa falsa accusa ha anche avuto un impatto in Italia, dove i mezzi di informazione hanno abbracciato e promosso la narrazione di un complotto social orchestrato dal Cremlino. I media italiani hanno dedicato ampio spazio ai famigerati bot e troll russi, dipingendoli come un pericolo sociale, e hanno accusato i russi di aver influenzato il risultato del referendum costituzionale italiano del 2016.

In conclusione, l’inchiesta condotta da Taibbi ha dimostrato come la narrazione della propaganda russa su Twitter sia stata gonfiata e strumentalizzata a fini politici e ha portato alla diffusione di una paura irrazionale della minaccia straniera, che ha portato alla necessità di adottare misure repressive per difendere la collettività.

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