Il petrolio russo arriva in Europa passando dall’India?

La Russia sta sostituendo i suoi acquirenti occidentali con i mercati asiatici, specialmente l’India e la Cina, che lo vendono agli occidentali a prezzi maggiorati

Il petrolio russo arriva in Europa passando dall’India?
Il petrolio russo arriva in Europa passando dall’India? Recentemente è entrato in vigore un embargo europeo sui prodotti petroliferi russi importati via mare con un price cap che oscilla tra 45 e 100 euro al barile per le esportazioni verso paesi terzi. L’obiettivo delle sanzioni europee sul greggio russo è quello di limitare il Cremlino dalle entrate finanziarie per prevenire le operazioni belliche e mantenere il mercato europeo ben fornito. Tuttavia, questo embargo sta causando un indebolimento artificiale dell’offerta e una possibile carenza di diesel in Europa con conseguente aumento dei prezzi.

La Russia sta sostituendo rapidamente i suoi acquirenti occidentali con i mercati asiatici, specialmente l’India e la Cina, che lo vendono agli occidentali a prezzi maggiorati. Questo meccanismo permette di rispettare le sanzioni senza rimanere completamente a corto di carburanti, ma pone l’Europa al rischio di un aumento dei prezzi a causa della possibile riduzione dell’offerta. Al momento non è possibile stabilire se le sanzioni occidentali sul petrolio russo avranno successo, ma stanno conferendo un ruolo strategico alle potenze emergenti, come l’India, nel panorama internazionale.

Come funziona questo meccanismo?

In India, il petrolio russo viene acquistato a prezzi molto convenienti rispetto al petrolio Brent. Nel mese di gennaio, il greggio russo è stato esportato a 49,48 dollari al barile, contro i 80 dollari al barile del petrolio brent. Una volta raffinato, l’India lo spedisce ai mercati occidentali, con un aumento delle esportazioni di benzina e diesel verso New York e dei flussi di diesel a basso tenore di zolfo verso l’Europa rispettivamente a 89.000 e 172.000 barili al giorno a gennaio.

Questo meccanismo permette alla Russia di mantenere le sue entrate, mentre i consumatori occidentali sono costretti a rivolgersi ai mercati asiatici come l’India come principali acquirenti di idrocarburi russi.

In una situazione dove il meccanismo di triangolazione non è in grado di mantenere il livello di petrolio sul mercato, c’è il rischio di un potenziale indebolimento dell’offerta. Infatti, se non tutto il petrolio russo prima destinato all’Occidente non riesce a trovare nuove destinazioni, ci sarà un aumento dei prezzi del petrolio a causa di una domanda costante da parte dei consumatori europei e americani, con conseguente ulteriore aumento dell’inflazione.

Secondo uno studio di Bankitalia, l’aumento dei prezzi energetici ha spiegato direttamente o indirettamente il 60% dell’inflazione nella zona euro durante i primi 9 mesi del 2022. Questo dimostra che per abbassare l’inflazione, è necessario agire sui costi energetici più che sui tassi d’interesse, che finora non hanno avuto un impatto significativo sulla riduzione del costo della vita.

L’embargo del petrolio russo da parte del G7 potrebbe causare un aumento dei prezzi del greggio e ulteriormente aggravare l’inflazione. Inoltre, questa iniziativa potrebbe anche acuire la divisione tra Occidente e il resto del mondo che non ha aderito alle sanzioni.

I paesi del gruppo BRICS, intanto, stanno rafforzando i loro legami e avviando scambi bilaterali con le rispettive valute locali per i prodotti petroliferi, accelerando il processo di de-dollarizzazione e de-globalizzazione. Questo cambiamento sta anche facendo crescere l’importanza economica e geopolitica di paesi come l’India.

La Casa Bianca sta agendo in modo protezionistico, puntando su una globalizzazione regionale e su iniziative per proteggere il mercato americano. Tuttavia, non è ancora possibile dire se l’embargo raggiungerà i risultati desiderati. Altre sanzioni comminate a Mosca dall’inizio del conflitto non hanno avuto successo nel far cessare la guerra.

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